Terremoto a sorpresa ai vertici di Banca Ifis, la banca quota a Piazza Affari guidata da Giovanni Bossi diventata negli ultim anni uno dei maggiori player italiani nel segmento dei Npl, oltre a essere molto attiva sul fronte del factoring e dei finazniamenti alle pmi, soprattutto dopo l’acquisto per 2 miliardi di euro di GE Capital Interbanca (si veda altro articolo di BeBeez). Sabato pomeriggio 9 marzo uno stringato comunicato stampa ha sorpreso le redazioni.
La nota spiega infatti che l’amministratore delegato Giovanni Bossi “ha ricevuto una comunicazione personale a lui indirizzata a mani dal presidente de La Scogliera, Sebastien Egon von Fürstenberg, con la quale quest’ultimo, confermandogli l’apprezzamento per il lavoro svolto in tanti anni di guida della banca quale amministratore delegato, gli ha voluto, per correttezza, anticipare la decisione del socio di maggioranza di non presentarlo nella lista in corso di definizione che sarà depositata in vista dell’Assemblea chiamata a rinnovare il Cda della banca”. Bossi resterà in carica ancora circa un mese, sino all’assemblea di approvazione del bilancio e di nomina dei nuovi organi sociali.
La nota precisa anche che non sono in essere accordi relativi al riconoscimento di trattamenti di cosiddetta severance (buonuscita, ndr) all’amministratore delegato. Secondo quanto risulta a BeBeez, il contratto di Bossi sorprendentemente non prevedeva alcuna clausola di non concorrenza. Con tutte le conseguenze del caso in termini di progetti che a questo punto Bossi potrebbe intraprendere tra soltanto circa un mese.
Interpellato da BeBeez, Bossi non ha voluto interpretare le ragioni della decisione dell’azionista e ha solo che detto che “è stata una gioia e un onore guidare questa banca per 24 anni. E’ stato un bellissimo percorso, mi considero un manager fortunato e ho avuto una squadra di professionisti bravissimi, competenti e che lavorano con gioia e dedizione. Eravamo in 20 e oggi siamo quasi 1.800. Loro sono il futuro della banca. Posso solo dire che Banca Ifis oggi è solida, molto redditiva in proporzione alle sue dimensioni e ben patrimonializzata. E’ una banca che è sempre cresciuta e ha sempre investito”.
Che la banca stia macinando risultati è evidente dai dati dell’ultimo bilancio, presentati a metà febbraio (si veda qui il comunicato stampa e qui la presentazione agli analisti): margine di intermediazione consolidato di 576,5 milioni di euro (+9,7% dal 2017) e utile netto a 146,8 milioni, in calo dai precedenti 180,8 milioni, ma con un dividendo per azione 2019 di 1,05 euro, il più alto di sempre. Bossi aveva commentato allora:”Nel 2018 Banca Ifis ha continuato a crescere in tutti i segmenti di business grazie all’eccellente lavoro di tutto il team, raggiungendo un utile netto di 147 milioni, nonostante gli accantonamenti su alcune posizioni significative che hanno coinvolto tutto il sistema, senza le quali il risultato sarebbe stato materialmente superiore. Sul fronte Imprese stiamo consolidando la quota di mercato grazie alla nostra capacità di offrire soluzioni adeguate e tempestive. Nell’ultimo trimestre 2018 abbiamo riscontrato una forte domanda di credito da parte delle piccole e medie imprese, registrando una crescita sul precedente periodo del 13% nei volumi del factoring e del 20% nelle nuove erogazioni di leasing. Nel segmento NPL abbiamo riavviato gli acquisti con grande dinamismo nella seconda metà dell’anno, dopo un primo semestre di rallentamento dovuto a prezzi che abbiamo reputato troppo elevati. Abbiamo così raggiunto i nostri obiettivi in volumi e prezzo, acquistando 3,6 miliardi di Non Performing Loans. Il valore nominale del portafoglio di proprietà NPL al 31 dicembre 2018 ammonta a 15,8 miliardi di euro; nel 2018, grazie al continuo efficientamento delle strutture di recupero, abbiamo incassato dalla sola attività di collection 181,3 milioni di euro (+41% rispetto ai 128 milioni del 2017)”.
Certo, il titolo in Borsa ha sofferto parecchio nell’ultimo anno e mezzo, passando dai massimi vicini a quota 49,3 euro di inizio ottobre 201 7 per una capitalizzazione di circa 2,6 miliardi, ai minimi a 14 euro di fine ottobre 2018, per poi risalire in questi giorni attorno ai 18 euro, per un una capitalizzazione della banca di 1,5 miliardi di euro. Nel 1995, quando la banca sbarcò all’allora mercato ristretto, capitalizzava però solo circa 3 miliardi di lire, quindi l’equivalente di circa 1,5 milioni di euro. E tutta questa strada è stata fatta con Bossi alla guida. E poi nell’ultimo anno e mezzo in Borsa tutte le banche hanno perso, chi più e chi meno.
Che dire, quindi? Evidentemente le ragioni non stanno nelle performance della banca, ma vanno oltre e stanno probabilmente in movimenti che si trovano al piano di sopra e cioé ai livelli della holding La Scogliera, che detiene il 50,1% del capitale della banca, mentre Bossi detiene circa il 3,45%.
La Scogliera fa capo, da un lato, ai figli del defunto stilista Egon von Furstenberg (Alexander e Tatiana), a sua volta figlio di Clara Agnelli (sorella di Giovanni e Umberto, mancata nel luglio 2016), e dall’altro allo zio Sebastien Egon Von Furstenberg (fratello dello stilista). Come ricostruito da MF Milano Finanza nel luglio 2016, poco prima della morte di Clara e in un momento in cui i nipoti avevano deciso di difendere a spada tratta la loro futura prossima eredità, Sebastien Egon Von Furstenberg si è assicurato il controllo della società grazie al suo ruolo di procuratore della gestione del patrimonio di Clara dal 1994.
La Scogliera, infatti, ha condotto due aumenti di capitale negli ultimi anni, uno nel 2003 e uno nel dicembre 2013. Sebastien aveva deciso di non far partecipare Clara a entrambi gli aumenti di capitale, che invece aveva sottoscritto lui, con il risultato che la partecipazione di Clara nella holding di Banca Ifis si era ridotta dal 50,52% del 2000 al 48,84% nel 2003 e al 30,58% nel 2013. Per contro, la quota di Sebastien ne La Scogliera è salita dal 48,23% al 50,08% nel 2003 sino al 67,13% a fine 2013. Nel 2015 Sebastien era poi stato nominato amministratore di sostegno di Clara Agnelli dal tribunale di Padova, ottenendo quindi un mandato ancora più ampio di gestione del patrimonio di Clara. Ma solo dieci giorni dopo la nomina, i due nipoti avevano depositato reclamo allo stesso tribunale, sottolineando il fatto che lo zio si trovava in pieno conflitto di interesse. Il tribunale di Padova nel febbraio 2016 aveva poi accolto il punto di vista dei nipoti e con un’ordinanza aveva revocato a Sebastien l’incarico che gli aveva conferito. Ma Sebastien è comunque tuttora al controllo della holding. E ora Sebastien starebbe pensando a un ruolo in Banca Ifis per suo figlio Ernesto, 37 anni.
Non a caso in una dichiarazione rilasciata al Corriere della Sera lo scorso 20 febbraio a proposito di Banca Ifis, Sebastien aveva detto: “Ho fondato la banca nel 1983 all’epoca in cui ero presidente del gruppo Americanino, una casa di moda che ebbe successo negli anni Ottanta. Vendetti la mia quota e diedi vita a Banca Ifis che nei decenni è cresciuta fino a circa 1.700 dipendenti, è quotata in Piazza Affari e ha chiuso il 2018 con un utile netto di oltre 146 milioni. La banca è l’atout che ho voluto per mio figlio Ernesto, che è il ceo di La Scogliera. Qualsiasi voce sull’ipotesi di una cessione di Banca Ifis a terzi è assolutamente priva di fondamento”.
E c’è poi un altro tema sul tavolo, da risolvere a breve e probabilmente non slegato all’episodio dell’uscita di Bossi. Nel comunicato sui risultati di bilancio diffuso lo scorso 11 febbraio, infatti, si legge anche che “la Scogliera spa ha comunicato, con riferimento a possibili operazioni idonee a raggiungere risultati regolamentari sostanzialmente equivalenti al progetto di fusione inversa tra la banca e la Scogliera che è stata abbandonata, che intende proseguire anche dopo la data della prossima assemblea per l’approvazione del bilancio di Banca Ifis le proprie analisi circa le possibili operazioni che possano raggiungere i sopracitati risultati regolamentari, salvaguardando le esigenze di capitalizzazione della banca e tenendo anche in considerazione gli interessi dei gruppi familiari aventi partecipazioni in La Scogliera, fermo l’impegno de La Scogliera a supportare la banca nel proprio percorso di sviluppo sostenibile”.
Il progetto di fusione inversa della Scogliera in Banca Ifis era stato approvato in via preliminare dai consigli d’amministrazione delle due società nel febbraio 2018, ma era stato poi sospeso. L’obiettivo era assegnare ai soci della controllante le azioni Banca Ifis direttamente detenute da La Scogliera, per accorciare la catena di controllo e contemporaneamente migliorare i ratio regolamentari.