Dopo varie indiscrezioni, ieri il ceo di Unicredit, Jean Pierre Mustier, nell’ambito della presentazione del nuovo piano strategico 2016-2019 e della ricapitalizzazione da 13 miliardi di euro, ha tolto il velo sull’attesa operazione di cartolarizzazione di Npl, che permetterà al gruppo bancario di abbattere in maniera significativa l’ammontare di sofferenze in portafoglio.
Innanzitutto si è chiarito che i circa 20 miliardi di cui si parlava (si veda altro articolo di BeBeez) sono in realtà 17,7 miliardi e sono sofferenze lorde e che questo portafoglio fa parte dei cosiddetti crediti non-core, identificati dalla banca nel 2013 come crediti a clienti considerati non interessanti per la banca in termini di rapporto rischio-rendimento.
Il portafoglio di Npl verrà diviso verticalmente in due e ceduto a due separati veicoli di cartolarizzazione, costituiti, rispettivamente, da Fortress Investment Group e da Pimco e in ciascuno dei quali Unicredit manterrà una partecipazione di minoranza. Ciascuno dei due veicoli sarà gestito dai rispettivi partner di investimento che deterranno le relative maggioranze. Advisor finanziari dell’operazione, battezzata FINO, per Unicredit sono Morgan Stanley e Unicredit Cib, mentre Mediobanca ha affiancato Fortress (scarica qui il comunicato stampa).
Mustier, ha commentato: “Stiamo attuando misure incisive per affrontare i problemi ereditati dal passato per rafforzare in modo significativo il profilo di credito e gettare le basi per la futura costante redditività”.
Il totale dei crediti lordi non-core a fine settembre 2016 cubava 56,4 miliardi, dei quali ben 49,7 miliardi erano crediti deteriorati e di questi il 22% originati prima del 2005 e il 64% originati tra il 2005 e il 2010. E’per questo che, considerando solo i crediti non-core, il rapporto tra totale dei crediti deteriorati e totale dei crediti alla clientela a fine settembre era addirittura dell’88,1%, una percentuale che considerando invece l’intero gruppo (crediti deteriorati complessivi non-core e core per 74,8 miliardi) si riduce al 15,1% e che, considerando soltanto il portafoglio core, scende addirittura al 5,7% (con un tasso di copertura del 52,9%), a dimostrare che l’attuale approccio all’erogazione del credito è evidentemente più efficiente per la banca di quanto non fosse una volta, tanto da avvicinarla alla media europea del 5,4% calcolata dall’Eba (si veda la presentazione sull’asset quality del credit risk manager di Unicredit, Massimiliano Fossati).
Non a caso, i tassi di default nei primi 12 mesi dall’erogazione dei nuovi crediti core sono scesi nei confronti dei clienti corporate dall’1,1% del 2013 allo 0,6% nel 2015, quello nei confronti delle microimprese dall’1,6% all’1,1% e dallo 0,4% allo 0,2% per i mutui. Di questo passo, l’obiettivo è raggiungere un rapporto del solo 5% tra crediti deteriorati core e totale dei crediti deteriorati a fine 2019, con un tasso di copertura superiore al 51% e crediti deteriorati netti per 8,1 miliardi dai 29,5 miliardi a fine settembre 2016, che, tenuto conto delle svalutazioni previste per quest’ultima parte dell’anno previste dal piano industriale, sarebbero stati già 22,3 miliardi.
Tornando al portafoglio di deteriorati non-core, del totale di 49,7 miliardi 12 miliardi sono inadempienze probabili (già coperte per il 42,8%), mentre ben 37,1 miliardi sono sofferenze (coperte per il 77,1% e quindi prezzate a bilancio a circa il 23%). Di questi 37,1 miliardi, fanno parte i 17,7 miliardi di Npl che Unicredit si è impegnato a cedere ai veicoli di cartolarizzazione appena costituiti con Fortress e Pimco.
La cessione dei 17,7 miliardi di sofferenze lorde contribuirà ad abbattere il totale dei deteriorati lordi non-core a 19,2 miliardi a fine piano dai 56,4 miliardi di fine settembre. Il resto del contributo arriverà dalla capacità di riportare tra la clientela core alcuni mutui e crediti corporate, da rimborsi di crediti, da recupero crediti, da svalutazioni e da cessioni di portafogli di sofferenze (dopo già 8,8 miliardi di deteriorati ceduti dal 2013 a oggi, solo contando le cessioni italiane, mentre si arriva a quasi 12 miliardi tenuto conto di tutte le cessioni del gruppo) e joint venture con operatori specializzati (si veda gli accordi con Pillastrone Italy, con Idea Capital e con Pimco per il portafoglio di real estate battezzato Sandokan).