L’uscita inaspettata di Blackstone dalla partita su Dell lo scorso venerdì 19 aprile ha innescato una discesa del prezzo delle azioni del produttore di computer a Wall Street, che sono scese al di sotto del prezzo dell’offerta di Silver Lake e Micheal Dell di 13,65 dollari per azione. Blackstone, infatti, ha dichiarato di aver abbandonato la gara di fronte al rapido erodersi del profilo finanziario di Dell e alla debolezza del settore dei PC, che è maggiore di quella che Dell prevede nelle sue proiezioni ala base del piano industriale. Tuttavia, le stesse ragioni difficilmente spingeranno Silver Lake e Micheal Dell a tornare sui oloro passi, perché questa scelta costerebbe loro una fortuna. Lo rivela Bloomberg, precisando che l’offerta vincolante da 24,4 miliardi di dollari è accompagnata da una cosiddetta breakup fee di ben 750 milioni di dollari. Ciò significa che, se il consorzio dovesse cambiare idea e non fare più l’operazione, dovrebbe pagare a Dell per il disturbo quella cifra-monstre. La cifra si riduce a “soli” 250 milioni di dollari, se la decisione di recedere dall’offerta fosse legata a una modifica delle norme fiscali o ostacoli di tipo legale.
Quanto il ceo di Dell e Silver Lake iniziarono a discutere dell’operazione l’anno scorso, il terzo gruppo al mondo produttore di PC prevedeva per l’anno fiscale che si sarebbe chiuso a gennaio 2014 un reddito operativo di 5,6 miliardi di dollari. Quella previsione è ora stata ridotta a soli 3 miliardi, dopo ben tre revisioni al ribasso e un calo record del 14% delle spedizioni di PC nel primo trimestre del 2013.
Carlyle e un gruppo di coinvestitori (Stone Point Capital, i fondi di Edmond de Rothschild Group e Pictet & Cie, per conto di suoi clienti) hanno annunciato ieri il via libera all’acquisizione di Duff & Phelps Corporation, la storica società di consulenza Usa quotata a Wall Street.
L’operazione, annunciata alla fine dello scorso dicembre e approvata lunedì 22 aprile dall’assemblea degli azionisti di Duff&Phelps, prevede il pagamento in contanti delle azioni del gruppo di advisory per un totale di 665,5 milioni di dollari. Nel dettaglio, i titolari delle azioni ordinarie di Classe A incasseranno 15,55 dollari per azione e le azioni verranno delistate dal New York Stock Exchange.
La Grecia ha incassato una sola offerta per la sua quota del 33% di OPAP, il gruppo monopolista nel settore dei giochi e delle scommesse quotato alla Borsa di Atene, la cui privatizzazione è parte del piano di cessioni impostato dal governo per abbattere lo stock di debito pubblico, sulla base del quale quest’anno il governo prevede di incassare 2,6 miliardi di euro. E visto che si tratta della prima della serie di privatizzazioni, Atene non vuole partire male e ha chiesto che l’unico offerente aumenti la propria offerta entro domani. Lo riferisce Reuters, che precisa che l’unica offerta reale è arrivata dal fondo greco-ceco Emma Delta, sponsorizzato dall’investitore ceco Jiri Smejc e dall’armatore greco George Melisanidis, in cordata con Helvason, una società che fa capo all’imprenditore greco Dimitris Copelouzos. L’offerta valuta la quota del 33% solo 622 milioni di euroe è meno del suo valore di mercato ed è calcolato valorizzando le azioni OPAP con uno sconto del 16% rispetto alla chiusura di Borsa di lunedì a 7,08 euro per azione. Il governo vorrebbe almeno 650 milioni di euro.
Sul tavolo del governo di Atene era arrivata anche l’offerta dell’hedge fund Third Point, lo stesso che l’anno scorso ha straguadagnato scommettendo sui bond governativi greci, ma l’offerta era stata poi dichiarata non valida perché prevedeva il diritto di rivendere la quota appena acquistata a investitori terzi in qualunque momento nel futuro. In prima battuta le manifestazioni di interesse per OPAP erano state otto, comprese quelle dei fondi di private equity BC Partners e TPG Capital.