Sono arrivate ormai alla definizione degli ultimi dettagli le trattative per il passaggio di mano del controllo di Sia, il leader europeo nel settore delle infrastrutture e servizi tecnologici per banche e società finanziarie, in particolare nelle aree dei pagamenti, dei servizi di rete e dei mercati dei capitali. Lo rivela oggi MF-Milano Finanza, precisando che a giorni si arriverà alla firma del contratto con il quale il Fondo Strategico Italiano e F2i acquisteranno dalle banche azioniste il controllo del gruppo guidato da Massimo Arrighetti, con Fsi che acquisterà la quota di minoranza più importante. Quanto alle banche, nell’azionariato sono destinate a restare solo Intesa Sanpaolo e Unicredit (oggi rispettivamente al 30% e 25%).
L’entrata in scena del fondo guidato da Maurizio Tamagnini era stata ipotizzata già a fine luglio da MF-Milano Finanza alla luce delle perplessità di Banca d’Italia a proposito dell’offerta presentata all’advisor Hsbc dall’Istituto Centrale delle Banche Popolari e dal colosso olandese Equens, con il 40% ciascuno, affiancati da Unicredit e Intesa Sanpaolo con il 5% a testa. Una cordata che sulla carta avrebbe visto gli italiani in maggioranza, ma che in realtà avrebbe nascosto il pericolo di integrazione delle attività internazionali di Sia con quelle di Equens in Olanda, diluendo gli azionisti italiani di Sia in maniera significativa nella nuova compagine.
Sia ha chiuso il 2012 con 348 milioni di euro di ricavi consolidati e con un ebitda di 94 milioni. La società l’anno scorso ha gestito un totale di 9,2 miliardi di transazioni, di cui 5,8 miliardi per operazioni con carte di credito, di debito e prepagate, e 3,4 miliardi per pagamenti e incassi, mentre ha gestito 23,7 miliardi di operazioni di trading e post-trading. Insomma, Sia è un gioiello della tecnologia italiana che è riuscito a imporsi in Europa ed è per questo che i due fondi hanno unito le forze per evitare che la cessione di Sia ricalcasse quella di Borsa Italiana al London Stock Exchange. Un’operazione inizialmente venduta come una mossa molto intelligente che avrebbe portato le banche italiane azioniste di Borsa ad avere un ruolo importante nello scacchiere delle borse mondiali e che invece si è rivelata un boomerang, con gli italiani che ora non sono più i proprietari della loro Borsa e che hanno un ruolo assolutamente marginale nella governance del Lse (si veda il Contrarian di MF-Milano Finanza dello scorso 26 luglio).