A Piazza Affari Alkemy, enabler specializzato nell’evoluzione digitale del modello di business di aziende di medie e grandi dimensioni, ha chiuso venerdì 7 giugno a 12 euro per azione, allineandosi perfettamente al prezzo d’opa lanciata una settimana fa dalla martech Retex, di cui a metà maggio il fondo FSI II ha annunciato che acquisirà l’80%, sottoscrivendo un aumento di capitale da 100 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez).
Il fondo FSII, gestito da FSI sgr, guidata da Maurizio Tamagnini, attraverso Retex punta a creare un gruppo da 500 milioni di ricavi a livello consolidato, anche tramite acquisizioni e appunto Alkemy è il primo target della serie.
L’offerta su Alkemy, che è finalizzata al delisting della società dall’Euronext Star Milan, riguarda tutti i 5,685 milioni di azioni che rappresentano il 100% del capitale di Retex, per un totale quindi di 68,23 milioni di euro, inclusele azioni dell’imprenditore Duccio Vitali (titolare dell’11% del capitale e del 17,87% dei diritti di voto), che si è impegnato a consegnarle e, in caso di successo dell’opa, di reinvestire parte dei proventi in un aumento di capitale della stessa Retex (si veda qui il comunicato stampa di lunedì scorso). Vitali diventerebbe poi l’amministratore delegato del gruppo che verrebbe a crearsi con Retex.
Retex è assistita da Intermonte e Mediobanca-Banca di Credito Finanziario in qualità di advisor finanziari e da PedersoliGattai in veste di consulente legale. Intermonte agirà come intermediario incaricato del coordinamento della raccolta delle adesioni.
Secondo il sito della società, altri azionisti rilevanti sono Riccardo Lorenzini con il 6,25% del capitale (10,24% dei diritti di voto), StarTIP (Tamburi Investment Partners) con il 7,48% del capitale (6,22% dei diritti di voto), CIP Merchant Capital con il 6,69% del capitale (5,57% dei diritti di voto), Alberto Bitetto per tramite di Twinfin con il 5,02% del capitale (4,18% dei diritti di voto) e Francesco Brioschi per tramite di Sofia Holding con il 5,01% del capitale sociale (4,17% dei diritti di voto).
L’adesione all’opa non è però ancora scontato, perché il valore è di poco superiore al prezzo di collocamento risalente alla fine del 2017 a 11,75 euro. E infatti gli analisti di Intesa Sanpaolo ritengono che il prezzo non sia particolarmente interessante (si veda qui il report). L’offerta valuta infatti la società oltre 68,22 milioni, il che implica un enterprise value sull’ebitda 2024-2025 di 6,9 e 5,6 volte rispettivamente (sulla base delle stime degli analisti, che sono superiori alle previsioni di consensus), rispetto a una media di 10 volte per i peers attivi nella consulenza IT, hanno spiegato gli esperti. In aggiunta, il modello di valutazione basato sul discount cash flow del gruppo bancario continua a puntare a un fair value di 14,5 euro per azione, circa il 21% superiore al prezzo d’opa. “Pertanto non riteniamo il prezzo di offerta particolarmente interessante”, hanno sottolineato. Tuttavia, durante il periodo d’offerta, l’istituto di credito ha allineato temporaneamente il prezzo target di 14,5 euro al prezzo d’offerta di 12 euro, abbassando il rating da “buy” a “hold”.
La critica degli analisti è arrivata, inoltre, dopo che Gianni Tamburi, fondatore di Tamburi Investment Partners e azionista di Alkemy come detto attraverso StarTIP, ha dichiarato nei giorni scorsi a MF Milano Finanza che il prezzo d’offerta “non è congruo” e che non intende pertanto vendere le sue azioni a questo prezzo, anche perché il premio del 20,87% rispetto al valore ufficiale di 9,68 euro del 31 maggio scorso, ultimo giorno di borsa aperta prima della data del lancio dell’opa, non è allineato alle reali potenzialità di una società digitale come Alkemy, senza considerare le prospettive di crescita derivanti dal PNRR-Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
D’altra parte, alcuni analisti si erano raffreddati sulle prospettive della società, dopo i i conti del primo trimestre non particolarmente brillanti (si veda qui il comunicato stampa), che avevano evidenziato un fatturato di 28,4 milioni di euro (+1,3% dal primo trimestre 2023), un ebitda rettificato di 2,3 milioni (-7,8% da 2,5 milioni) e un debito finanziario netto di 28,7 milioni (da 31,8 milioni). Così Intermonte, pur confermando l’outperform sul titolo, nei giorni scorsi ha abbassato il target price a 11,4 euro (si veda qui il report).
In occasione della presentazione dei conti, Vitali aveva detto che “nel primo trimestre 2024, come da attese, abbiamo registrato un rallentamento della crescita dovuto alla nuova organizzazione, non entrata ancora a regime, ad alcune dinamiche legate alla controllata spagnola Alkemy Iberia e alle filiali messicane. Grazie alla nuova organizzazione e a uno scenario di mercato atteso più favorevole, siamo ragionevolmente confidenti che il nostro impegno nei primi due trimestri ci permetterà di puntare a una seconda metà dell’anno caratterizzata di nuovo da una crescita organica e da un graduale miglioramento della marginalità”.
Una critica indiretta all’offerta è arrivata da Repubblica martedì scorso, quando ha ricordato che tra il 27 e il 28 maggio scorsi Vitali e il nuovo direttore generale Paolo Cederle, nominato alla fine di febbraio (si veda qui il comunicato stampa di allora), hanno acquistato rispettivamente tremila e settemila azioni di Alkemy.
La società è nata nel 2012 a Milano grazie all’iniziativa del presidente Alessandro Mattiacci, proveniente dalla digital company Jakala oggi controllata da Ardian (si veda altro articolo di BeBeez), affiancato poi da Vitali, ex Bain & Capital.