Il fondo americano Blackstone sarebbe pronta a entrare in Autostrade per l’Italia (ASPI) insieme a F2i sgr e Cdp. Lo riferisce l’agenzia di stampa Radiocor, secondo cui il fondo Usa sarebbe uno dei principali candidati a entrare nel capitale della società, al cui dossier lavora da mesi sotto traccia. Gli americani puntano a entrare nel business delle concessioni in Italia e l’investimento in Autostrade dovrebbe essere di alcune centinaia di milioni. Sempre secondo rumor, l’opzione sarebbe tra le più gradite da parte di Cassa depositi e prestiti.
ASPI è controllata all’88% da Atlantia, gruppo quotato a Piazza Affari, a sua volta partecipato dalla Edizione Holding della famiglia Benetton, ed è finita nella bufera dopo il crollo del ponte Morandi a Genova sul tratto autostradale di cui ha la concessione, perché allenti la presa su ASPI. Dopo una lunga trattativa con il Governo, ieri Atlantia ha avanzato due proposte transattive per favorire il passaggio del controllo di ASPI a Cdp, riguardanti, rispettivamente, un nuovo assetto societario di ASPI e nuovi contenuti per la definizione transattiva della controversia (si veda qui il comunicato stampa della Presidenza del Consiglio).
Nel dettaglio, sul fronte del nuovo assetto societario, Atlantia ha proposto due soluzioni:
1 – l’immediato passaggio del controllo di ASPI a un soggetto a partecipazione statale (Cdp), attraverso la sottoscrizione di un aumento di capitale riservato da parte di Cdp; l’acquisto di quote partecipative da parte di investitori istituzionali; la cessione diretta di azioni ASPI a investitori istituzionali di gradimento di Cdp, con l’impegno da parte di Atlantia a non destinare in alcun modo tali risorse alla distribuzione di dividendi; la scissione proporzionale di Atlantia, con l’uscita di ASPI dal perimetro di Atlantia e la contestuale quotazione di ASPI in Borsa.
2 – in alternativa, Atlantia ha offerto la disponibilità a cedere direttamente l’intera partecipazione in ASPI, pari all’88%, a Cdp e a investitori istituzionali di suo gradimento.
Nella realtà la soluzione preferita pare essere la prima. Secondo quanto ricostruito ieri pomeriggio da Radiocor, infatti, si sta lavorando a un aumento di capitale di ASPI da almeno 3 miliardi dedicato a Cdp, che la porterà al 33%, e a una cessione di quote pari al 22% della stessa ASPI da parte di Atlantia a uno o più investitori graditi e individuati da Cdp. Il tutto nel contesto di una scissione di ASPI contestuale a un’ipo, che porterà Edizione Holding a diluirsi all’11%. Inoltre la garanzia del debito di ASPI (5 miliardi) oggi in capo ad Atlantia passerà a carico dei nuovi investitori.
Il nuovo assetto azionario di Aspi vedra’ un blocco composto da Cdp (33%) con investitori istituzionali (22%) che formeranno cosi’ una maggioranza del 55% mentre Edizione sara’ all’11% e gli altri soci di Atlantia con quote ancora piu’ ridotte; sia la cordata guidata da Allianz (oggi al 7%) sia i cinesi di Silk Road (oggi al 5%) risulteranno diluiti ma potranno nel caso risalire acquistando sul mercato. Edizione potra’ decidere se conservare la quota o cederla via via sul mercato.
Un elemento chiave di tutto il riassetto sarà ovviamente il valore assegnato ad ASPI sulla base del quale verranno condotti l’aumento di capitale e poi la cessione delle quote. Oggi sul mercato si stimano circa 11 miliardi di euro, utilizzando un metodo RAB based, quindi meno dei 14,8 miliardi di euro sulla base dei quali era stata condotta l’ultima operazione sul capitale di ASPI nel 2017, quando il consorzio formato da Allianz Capital Partners, EDF Invest e DIF, da un lato, e Silk Road Fund, dall’altro, avevano comprato l’11,94% del capitale di Autostrade per l’Italia (si veda qui il comunicato stampa di agosto 2017 e qui quello di aprile 2017).
Il bilancio 2019 di ASPI si è chiuso ricavi per 4,1 miliardi, un ebitda di 710 milioni (che riflette un accantonamento a fondo oneri da 1,5 miliardi di euro, correlato all’impegno previsto nelle negoziazioni in corso con il governo e con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti volto alla chiusura delle contestazioni avanzate per la vicenda del Ponte Morandi) e un debito finanziario netto di 8,4 miliardi.
Blackstone è solo l’ultimo nome nella lunga fila di interessati ad ASPI. Nei mesi scorsi si era parlato per esempio di un fondo di F2i di nuova costituzione, al quale Atlantia potrebbe conferire il controllo di ASPI (si veda altro articolo di BeBeez) e al quale F2i trasferirebbe i suoi asset autostradali e aeroportuali, fermo restando il via libera degli investitori del Terzo Fondo che oggi ha in portafoglio quelle partecipazioni (si veda altro articolo di BeBeez). Un’ipotesi, questa, che però non sarebbe l’unica allo studio da parte di F2i, perché l’alternativa è che il nuovo fondo possa essere limitato alla gestione dell’unico asset ASPI, con Atlantia che semplicemente cederebbe l’asset, invece di diventare quotista del fondo. In ogni caso, tra gli investitori pronti a sottoscrivere il nuovo fondo, si è parlato di Poste Vita, che starebbe studiando un investimento da almeno 300-400 milioni di euro. Tra gli altri possibili investitori nel nuovo veicolo, rientrerebbero alcune fondazioni bancarie e alcune casse di previdenza, come Cassa Forense (avvocati), Enpam (medici), Inarcassa (architetti) e Cassa Geometri. Oltre ovviamente a investitori esteri e Cdp. Ricordiamo che nel terzo fondo di F2i grandi sottoscrittori sono stati Gic, il fondo sovrano di Singapore, e Psp, il fondo pensione dei dipendenti pubblici e delle forze dell’ordine canadesi (si veda altro articolo di BeBeez).
Il progetto di F2i è parallelo ad altre iniziative. Per esempio a inizio aprile 2020 si era parlato di un presunto accordo in dirittura di arrivo con Allianz perché il braccio di private equity infrastrutturale del colosso assicurativo tedesco acquisisse il 51% del capitale di Autostrade per l’Italia. L’accordo era stato poi smentito, ma l’ipotesi era realistica, visto che Allianz già oggi è azionista di ASPI tramite la Appia Investments srl che dall’agosto 2017 possiede il 6,94% della società (Allianz Capital Partners è azionista di Appia al 74%, mentre EDF Invest possiede il 20% e DIF, attraverso i suoi fondi DIF Infrastructure IV e DIF Infrastructure V, il 6%, si veda qui il comunicato stampa di agosto 2017 e qui quello di aprile 2017). Mentre i cinesi di Silk Road Fund a loro volta hanno il 5% di ASPI dal 2017.
F2i aveva già guardato il dossier ASPI nel 2017, quando alla fine erano appunto entrati Allianz e Silk Road. In quell’occasione il dossier era stato guardato anche dall’australiana Macquarie Infrastructure, che infatti non a caso ora a sua volta sarebbe pronto a investire in ASPI. Infine anche il colosso Usa KKR sarebbe interessato alla partita. Un’altra ipotesi è quella del possibile coinvolgimento nella partita dell’ex amministratore delegato di ASPI nonché ex ceo di F2i sgr, Vito Gamberale (si veda altro articolo di BeBeez). Quest’ultimo, infatti, è tornato a occuparsi di investimenti in infrastrutture, questa volta a capo di una nuova società di investimento che ha in rampa di lancio due fondi chiusi in partnership con Pramerica sgr.
Negli ultimi giorni è stata infatti lasciata trapelare l’ipotesi che l’operazione di vendita da parte di Atlantia della quota di minoranza significativa di Telepass potrebbe essere rallentata o bloccata dall’esercizio del golden power, sulla base del fatto che Telepass gestisce dati sensibili (si veda altro articolo di BeBeez).