Ha chiuso poco sotto il prezzo dell’opa prospettata da KKR ieri il titolo TIM a Piazza Affari a 49,72 centesimi di euro, con un balzo del 15,63%, sulla scia dell’ipotesi che il colosso Usa del private equity possa vincere la partita, ma anche senza rilanciare oltre il prezzo proposto nel weekend di 50,5 centesimi per azione ordinaria e di risparmio (si veda altro articolo di BeBeez), che corrisponde a un equity value di 10,8 miliardi di euro e a un enterprise value monstre di circa 33 miliardi di euro, tenuto conto del debito finanziario netto di 22,1 miliardi a fine settembre.
Già così, infatti, si tratterebbe del più grande deal di private equity della storia in Europa. Lo ha calcolato PitchBook, ricordando che a oggi in cima alla classifica dei mega-buyout c’è quello da 17,2 miliardi condotto da Advent International e Cinven sull’Elevator Technology business di Thyssenkrupp, oggi ribattezzato TK Elevator (si veda altro articolo di BeBeez). E per mettere le cose in prospettiva, ricordiamo che il mega-deal con il quale il London Stock Exchange ha comprato Refinitiv, cioé l’ex business Financial & Risk di Thomson Reuters (si veda altro articolo di BeBeez), operazione che poi per questioni di Antitrust ha portato alla vendita di Borsa Italiana a Euronext (si veda altro articolo di BeBeez), aveva valutato Refinitiv “solo” 27 miliardi di dollari (si veda qui il comunicato stampa di allora).
Un ritocco al rialzo del prezzo d’offerta a 0,7-0,9 euro per azione da parte di KKR, porterebbe l’equity value di TIM tra i 15 e i 19 miliardi di euro e quindi l’enterprise value tra i 37 e i 41 miliardi. L’ipotesi di un rialzo resta comunque per ora remota, anche perché ieri in serata un portavoce di KKR ha fatto sapere che il gruppo di private equity è “totalmente e solamente focalizzato sull’offerta che è stata presentata al board di TIM“.
Detto questo, resta vero che il prezzo proposto non può essere accettato dall’azionista francese Vivendi, che ha acquistato la sua quota del 23,75% del capitale di TIM a un prezzo di 1,071 euro per azione, (si veda qui la relazione semestrale 2021 di Vivendi, pag. 52) a meno che non voglia incorrere in una pesante minusvalenza. Nella relazione semestrale 2021 (pag. 51), dopo l’impairment test, Vivendi ora contabilizza la sua quota a 3,02 miliardi, con un prezzo unitario di costo di circa 83 centesimi e precisa che alla data del 30 giugno la quotazione di Borsa era pari a 0,419 euro per azione, con un valore di mercato di 1,52 miliardi. Il gruppo francese continua però a valutare la quota a patrimonio netto, spiegando che dispone del potere di partecipare alle decisioni relative alle politiche finanziarie e operative di Telecom Italia e che ritiene dunque di esercitare un’influenza considerevole sul gruppo italiano.
A questo punto è interessante leggere quanto scrivono gli analisti di Oddo, che assegnano un 60% di probabilità a uno scenario in cui Vivendi rifiuti comunque di aderire all’opa di KKR e decida invece di rimanere azionista, scommettendo peraltro sulle capacità di KKR di rilanciare il gruppo e riportarlo a una valutazione vicina a quella di carico. Un’ipotesi possibile, ma che comunque presuppone che venga trovata anche una quadra sulla figura dell’amministratore delegato, che al momento è difficile immaginare: da un lato, infatti, KKR ha sottolineato che la sua offerta presuppone il via libera del management del gruppo tlc e quindi anche del ceo Luigi Gubitosi, ma dall’altro Vivendi sta lavorando proprio per portare a un cambio di timone alla guida del gruppo, dopo i risultati deludenti degli ultimi trimestri.
Ricordiamo, infatti, che i conti trimestrali hanno evidenziato ricavi in calo del 2,1% a 3,826 miliardi di euro nel trimestre da 3,918 miliardi nel terzo trimestre 2020 e un ebitda giù del 5,9% a 1,669 miliardi da 1,773 miliardi, dati che hanno portato i ricavi complessivi dei 9 mesi a 11,4 miliardi (da 11,449 miliardi dei nove mesi 2020) e l’ebitda a 4,886 miliardi (da 5,112 miliardi), seppure a fronte di un calo del debito finanziario netto rettificato a 22,164 miliardi da 25,469 miliardi (si veda qui il comunicato stampa).
Sale intanto l’attesa per la riunione del Consiglio di amministrazione di TIM convocata per domani, nel corso della quale ci si aspetta che il board valuti se dare o meno il via libera alla due diligence sui conti da parte di KKR, dopo che il braccio specializzato in investimenti in infrastrutture del colosso Usa del private equity ha depositato lo scorso weekend la sua manifestazione di interesse a rilevare il 100% del gruppo tlc quotato a Piazza Affari e quindi a lanciare un’opa finalizzata al delisting, precisando però appunto che si tratta di un’offerta amichevole e che quindi presuppone il via libera del management, oltre che del governo italiano.
A proposito di governo, ieri il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, a margine della conferenza stampa sul super-green pass, sull’affaire TIM-KKR ha commentato: “Siamo ancora ai primissimi passi in cui molte cose devono essere valutate, quello che il governo ha fatto e che ha detto è che ha tre priorità nell’analizzare questa offerta e il futuro di TIM: la protezione dell’occupazione, la seconda è la protezione della tecnologia, di grandissimo valore, che è all’interno del gruppo TIM sotto le varie società, la terza è la protezione della rete (…) All’interno il governo valuterà questa offerta e varie prospettive future per la società”. Ricordiamo che domenica scorsa, il Ministero del’Economia e delle Finanze nella sua nota di commento alla notizia dice che “si è ritenuto che a seguire i diversi aspetti della vicenda sia un Gruppo di lavoro composto dagli esponenti di Governo titolari delle competenze istituzionali principalmente coinvolte, oltre che dalle Amministrazioni e da esperti”.