Si sta muovendo qualcosa nel mondo dei fondi pensione che può far ben sperare i team di gestione dei fondi di private equity e di tutti gli asset alternativi in generale. Da un lato, infatti, Covip ha sancito che i fondi pensione potranno dare ai propri gestori esterni indicazioni di investimento in strumenti cosiddetti alternativi, anche se non specificamente previsti nei mandati di gestione. Dall’altro lato, dopo il via libera del Consiglio di Stato dello scorso 4 febbraio, al nuovo testo di decreto n. 703/96 del Tesoro, c’è finalmente da sperare che siano ormai davvero brevi i tempi di adozione del provvedimento a lungo atteso dal settore che a sua volta apre di fatto gli investimenti dei fondi pensione alle gestioni alternative a quelle a benchmark, prevalentemente adottate oggi dagli enti previdenziali.
Quanto all’apertura di Covip, il nuovo orientamento è esposto in una lettera di risposta al quesito sottoposto all’Authority da Assoprevidenza lo scorso marzo (scarica qui la lettera). La richiesta di parere da parte di Assoprevidenza verteva in particolare, “sull’eventualità che la forma di previdenza complementare ritenga opportuno procedere, in ragione delle contingenti prospettive di mercato, alla sottoscrizione, per il tramite del gestore, di quote di OICR alternativi che investano in asset class con caratteristiche tecniche sostanzialmente vicine a quelle del mercato di riferimento del mandato di gestione”.
Covip ha risposto in maniera puntuale, precisando che ritiene “che i fondi pensione possano impartire indicazioni al gestore in ordine agli investimenti da effettuare a condizione che le stesse siano coerenti con le linee di indirizzo della gestione e con il mandato già conferito. (…) Altra situazione è quella in cui l’investimento in OICR alternativi non sia attualmente prevista nelle linee di indirizzo della gestione e nelle convenzioni con i gestori. In questo caso si ritiene che il fondo, una volta riviste le proprie linee di indirizzo della gestione, e quindi aggiornato il proprio documento sulla politica di investimento, possa operare la revisione anche del mandato di gestione affidato al medesimo gestore. Ciò a condizione che il sottostante investibile da parte degli OICR alternativi individuati sia sostanzialmente compatibile con gli asset classindicati nel mandato di gestione. Qualora tale compatibilità non sia presente, il fondo dovrà procedere alla selezione ex novo di un gestore per detti strumenti”.
Sergio Corbello, presidente dell’Associazione, intervistato da MF-Milano Finanza lo scorso sabato 7 giugno ha sottolineato che l’apertura della Covip è importante soprattutto dal punto di vista operativo: “Per i fondi pensione significa poter cominciare a fare investimenti finanziari in grado di assicurare ai portafogli buoni rendimenti stabili nel tempo, anche attraverso flussi cedolari costanti; investimenti che nello stesso tempo rappresentano, come ho avuto più volte occasione di sottolineare, risorse utili alla crescita del Paese Italia”.
Sul fronte del nuovo Decreto 703 (scarica qui il testo pubblicato per consultazione nel giugno 2012 sul sito del Tesoro), invece, l’obiettivo è quello di spingere i fondi pensione a dotarsi di strutture interne adeguate di risk management e particolari capacità, in termini di struttura organizzativa e professionalità, saranno richieste in caso di gestione diretta, nell’ipotesi di investimenti in strumenti non negoziati nei mercati regolamentati e di uso di contratti derivati. Il nuovo indirizzo dovrebbe risultare quindi favorevole agli investimenti in private equity e in generale agli investimenti alternativi. Finora infatti i fondi pensione hanno investito poco o nulla in private equity, sebbene la normativa, confermata dal nuovo schema di decreto, non ponesse veri ostacoli all’investimento in questa asset class (limite del 20% del patrimonio del fondo pensione e del 25% del valore del fondo chiuso). Il problema, però, è che la maggior parte dei fondi pensione non era dotata di strutture di risk management in grado di gestire la complessità di tali strumenti.
Il tutto sotto il controllo della Covip che nel frattempo ha emanato le nuove regole sul documento sulla politica degli investimenti. In sostanza rispetto al decreto 703/96, che limitava l’universo investibile a un numero chiuso di attività, le nuove norme appaiono ben più ampie «riferendosi a categorie giuridiche note e potenzialmente suscettibili di coprire l’intero universo investibile: strumenti finanziari, oicr, depositi bancari, derivati. Restano non ammesse, invece, le vendite allo scoperto e le operazioni in derivati equivalenti a vendite allo scoperto», avverte Pellegrini. Restano soltanto alcuni limiti quantitativi, come si diceva. «In particolare si prevede un limite minimo agli investimenti in strumenti quotati pari al 70%, equiparando comunque gli oicr (fondi e sicav, ndr) armonizzati aperti agli strumenti quotati. Si prevede, poi, un limite di concentrazione del 5% in titoli emessi da un unico emittente, portato al 10% per gli investimenti nel gruppo, che però non opera per i titoli di Stato», prosegue Pellegrini. Mentre gli investimenti non in euro sono possibili fino al 30% del totale, un livello inferiore all’attuale pari a due terzi del portafoglio. «I derivati, come oggi, sono ammessi se utilizzati per finalità di copertura o gestione più efficiente. Si prescrive, però, che i contratti siano stipulati con una controparte centrale», spiega ancora Pellegrini.
Merita attenzione anche la disciplina degli investimenti in fondi. «In linea generale il ricorso agli oicr è ammesso a patto che il fondo motivi le ragioni che lo hanno indotto a tale forma di investimento, ad esempio per le dimensioni ridotte del portafoglio», dice Pellegrini. Ci sono anche limitazioni. Ad esempio l’investimento in fondi chiusi e alternativi va contenuto entro il 20% del patrimonio del fondo pensione e il 25% del patrimonio del fondo chiuso o alternativo oggetto di investimento. Restano ferme le deroghe previste per i preesistenti. «Qualche ulteriore ritardo nell’approvazione, non più di qualche settimana, potrebbe arrivare per la necessità di tenere conto del recepimento della direttiva Aifmd in materia di fondi alternativi, appena introdotta con il decreto 44 del 4 marzo 2014. Nel frattempo, il 27 marzo è stata approvata la proposta di revisione della Direttiva sugli enti pensionistici aziendali e professionali (Iorp II). Rispetto alle nuove proposte la normativa italiana risulta già molto avanzata, sotto più punti di vista. Alcuni aspetti, tuttavia, se saranno confermati nel testo finale, ci richiederanno l’adozione di qualche accorgimento, ad esempio sulla governance per la quale si prevede l’obbligo di pubblicità delle politiche di remunerazione degli organi direttivi. Qualche ritocco», conclude Pellegrini, «riguarderà anche la parte relativa alla gestione finanziaria, per la quale è stata annunciata la prossima adozione di una comunicazione relativa all’incoraggiamento di investimenti di lungo periodo».