L’italiana Sia, il leader europeo nel settore delle infrastrutture e servizi tecnologici per banche e società finanziarie, è in trattative per una possibile fusione con VocaLink, il big britannico delle infrastrutture di pagamento. Lo ha rivelato ieri Sky News.
La notizia arriva pochi giorni dopo l’annuncio di una prossima fusione tra la francese Worldline e l’olandese Equens, entrambi grandi player dello stesso settore, mentre l’anno scorso la scandinava Nets è stata acquisita dai fondi Advent International e Bain Capital, i quali a loro volta hanno da poco quotato a Londra il colosso WorldPay, a dimostrare che il settore delle infrastrutture di pagamento è in gran fermento.
Secondo quanto riferisce oggi MF Milano Finanza, le trattative tra Sia e VocaLink sono effettivamente in corso, anche se sono soltanto agli inizi, e l’idea sarebbe quella di un’operazione carta contro carta che porterebbe gli attuali azionisti di entrambi i gruppi a essere azionisti del gruppo più grande che nascerebbe dall’integrazione delle due entità valutato intorno ai 3 miliardi di euro.
Guidata dall’amministratore delegato Massimo Arrighetti, Sia è controllata dal Fondo Strategico e partecipata dai fondi di F2i sgr e Orizzonte sgr (si veda altro articolo di BeBeez), ha processato 12,2 miliardi di pagamenti e ha chiuso il 2014 con un fatturato di 426,3 milioni di euro (dai 380,3 milioni del 2013), un ebitda di 122,2 milioni (da 106,5 milioni) e un utile netto di 60,8 milioni (da 48,8 milioni).
Esattamente un anno fa Arrighetti a margine di un convegno aveva spiegato a MF-Milano Finanza (si veda altro articolo di BeBeez) che pensava ad acquisizioni, ma che era interessato a “comprare portafogli di clienti di altre società oppure acquisire le attività di gestione dei pagamenti da banche che le considerano attività non strategiche perché non sono sufficientemente redditizie”. E questo perché, aveva aggiunto Arrighetti, “nel nostro settore i margini sono collegati in maniera importante alle economie di scala. Se non ci sono i volumi, non si guadagna. E per quanto ci riguarda ormai copriamo una quota di mercato assolutamente importante”.
Nel 2014 VocaLink ha processato oltre 10 miliardi di pagamenti, quindi poco meno di Sia, ma si è dimostrata molto meno redditizia. Il gruppo ha infatti chiuso l’esercizio con un fatturato consolidato di 177,1 milioni di sterline, un reddito operativo di 16,5 milioni e un utile netto di 11,9 milioni.
Da parte sua VocaLink è presieduto da Sir John Gieve, ex vice governatore della Bank of England, ed è partecipato da 17 banche britanniche, con il controllo che è in mano a Barclays, HSBC, Lloyds Banking Group, Nationwide, Royal Bank of Scotland e Santander UK. Ma dalla scorsa primavera la nuova Authority di vigilanza Britannica sui sistemi di pagamento, alla cui guida è stata nominate Hannah Nixon, ha messo nel mirino la proprietà delle infrastrutture di pagamento, facendo capire molto chiaramente in sostanza che sarebbe molto gradito un passo indietro da parte delle banche. Così parecchi fondi di private equity internazionali hanno manifestato interesse per il dossier, con CVC Capital Partners e Permira in prima fila (si veda il Financial Times).
Sempre la scorsa primavera VocaLink ha dato mandato a Lazard per studiare le alternative possibili per supportare la crescita del business, che possono andare dalla vendita di una quota del capitale ai fondi di private equity, all’emissione di titoli di debito o alla quotazione in Borsa. Un’operazione con Sia vedrebbe quindi ragionevolmente gli azionisti italiani al controllo del nuovo gruppo, che nel frattempo raggiungerebbe anche le dimensioni sufficienti per poter sbarcare in Borsa, in linea con l’obiettivo dichiarato a medio termine dai fondi quando a fine 2013 hanno annunciato l’investimento, acquisendo le quote del capitale di Sia dalle banche italiane allora azioniste di controllo. Allora l’intero capitale di Sia era stato valutato 765 milioni di euro, cioé circa 8 volte l’ebitda normalizzato atteso per il 2013.