Telecom avrebbe scelto KKR come partner per condurre in tandem l’acquisizione di Open Fiber, oggi controllata pariteticamente da Enel e Cdp. Secondo Bloomberg, infatti, il colosso Usa del private equity avrebbe presentato a Tim un’offerta per acquisire il 48% della rete definita “secondaria”, in parte in fibra ma per lo più in rame, quella che collega le case con le cabine su strada, valutata 7-7,5 miliardi di euro. Il cda di Tim per visionare l’offerta di KKR è convocato per il 10 marzo 2020. Questa operazione potrebbe essere un tassello della più ampia operazione di fusione delle realtà italiane di fibra ottica di cui si parla da mesi.
Lo scorso novembre erano infatti arrivate le offerte non vincolanti di fondi infrastrutturali per Open Fiber, per Flash Fiber (joint venture tra Telecom, che la controlla all’80% e Fastweb, che detiene il restante 20%) e per gli asset FTTH (Fiber to the Home, ossia fibra fino a casa) di Tim (si veda altro articolo di BeBeez).
Il piano, si diceva, potrebbe portare alla fusione delle tre realtà in un unico gruppo italiano delle reti in fibra ottica, così come confermato già nel giugno 2019 da Tim a seguito di serie di indiscrezioni di stampa. Allora Tim aveva informato “di aver sottoscritto con Cassa Depositi e Prestiti (CDP) e Enel un accordo di confidenzialità volto ad avviare un confronto finalizzato a valutare possibili forme di integrazione delle reti in fibra ottica di Tim e Open Fiber, anche attraverso operazioni societarie”. Lo scorso 8 novembre, in occasione della presentazione dei risultati dei nove mesi del gruppo, Tim aveva poi precisato che “nel corso del trimestre è continuato il processo per la potenziale operazione su Open Fiber da parte di Tim in partnership con uno o più fondi infrastrutturali, la cui selezione è in corso”. Mentre pochi giorni dopo l’amministratore delegato di Telecom Italia, Luigi Gubitosi, aveva detto che intendeva selezionare entro fine anno uno o più fondi che affianchino Tim nell’operazione d’integrazione con Open Fiber.
La struttura finale dell’operazione è ancora oggetto di discussione e approfondimenti, ma si dice che i fondi (KKR, se l’accordo andrà in porto) potrebbero rilevare circa la metà di Open Fiber mentre il restante 50%, o poco sotto, potrebbe andare a Tim anche attraverso il conferimento degli asset FTTH a una newco partecipata da Tim e i fondi. Quanto agli attuali azionisti di Open Fiber, l’amministratore delegato di Enel, Francesco Starace, ha dichiarato nelle scorse settimane in un’intervista a Börsen Zeitung che non intende cedere la sua partecipazione (si veda qui Reuters), mentre Cdp, al contrario, sarebbe disposta a vendere la sua, riferisce sempre Bloomberg. Un’inversione di rotta, quindi, rispetto a quanto si ipotizzava lo scorso novembre.
Tra i fondi che a novembre avevano presentato le offerte non vincolanti si facevano i nomi di F2i, Ardian, Athena, Brookefield, Macquaire, Kkr, GS Global Infrastructure (Goldman Sachs) e Allianz European Infrastructure, ma in realtà si farebbe prima a elencare tutti i principali fondi infrastrutturali del mondo. Il deal, infatti, è ghiotto e soprattutto piuttosto grande, visto che inizialmente si parlava di un valore degli asset di Open Fiber di almeno 3 miliardi di euro, ma addirittura già a giugno uno studio di Mediobanca, commissionato da Enel, forniva per Open Fiber una valutazione di 8 miliardi, di cui 2 miliardi di sinergie. Quanto a Tim, secondo Reuters avrebbe valutato l’asset 5-6 miliardi.
KKR è anche citato come uno dei fondi interessati a comprare il 25% di Inwit (Infrastrutture Wireless Italiane) spa , la società proprietaria delle torri di telefonia mobile di Tim quotata a Piazza Affari, che incorporerà e si fonderà con Vodafone Towers srl, la società proprietaria delle torri di telefonia mobile di Vodafone, una volta ottenuto il via libera dell’Antitrust europea. I teaser sono partiti a fine gennaio, quando i primi nomi di fondi interessati che circolavano era quelli di Ardian Infrastructure e F2i (si veda altro articolo di BeBeez).