Rischia di costare caro, anche decine di milioni di euro, al fondo australiano Macquarie e alla Cdp il cambio della guardia al timone di quest’ultima, da Fabrizio Palermo a Dario Scannapieco avvenuto nel maggio scorso (si veda altro articolo di BeBeez). E’ questo infatti il principale motivo, riferisce Il Sole24Ore, per cui è slittato rispetto al previsto 30 giugno il closing della cessione del 50% di Open Fiber, società dedicata alla fibra ottica e attualmente partecipata pariteticamente da Cdp ed Enel. L’operazione prevede che Enel ceda il 10% a Cdp Equity (controllata da Cdp) e il 40% a Macquarie Infrastructure, in modo tale che, una volta finalizzata, Cdp Equity salirà in maggioranza al 60% (si veda altro articolo di BeBeez).
Per arrivare al closing definitivo, infatti, non serve solo che Cdp, Macquarie ed Enel firmino i contratti, ma anche che poi la cessione sia notificata, per avere il via libera di rito, alle autorità come l’Antitrust europeo (che potrebbero avere qualcosa da eccepire, visto che Cdp detiene anche quasi il 10% di TIM) e sia ottenuta l’autorizzazione ai sensi della procedura golden power. La firma dei documenti è necessaria anche per l’accordo sull’interim management che dovrebbe definire chi e in che modo gestirà Open Fiber fino a quando non ci saranno tutti i via libera alla cessione.
Secondo le indiscrezioni, almeno la firma sui contratti per la cessione di Open Fiber dovrebbe arrivare entro metà luglio, mentre perché tutte le autorizzazioni arrivino è ragionevole pensare che si dovrà aspettare sino all’autunno.
Tuttavia il ritardo sulla tabella di marcia implica un ritocco verso l’alto del prezzo: l’intesa siglata nel dicembre 2020 tra Enel e il fondo australiano prevedeva infatti che qualora il closing dell’operazione fosse andato oltre il 30 giugno, il corrispettivo concordato per il 50% (2,65 miliardi di euro) sarebbe aumentato a un tasso di interesse del 9% annuo. Importo che sarebbe sceso a 2,12 miliardi qualora il fondo avesse rilevato solo il 40% di Open Fiber, come poi è effettivamente avvenuto (si veda altro articolo di BeBeez). Ciò significa che per ogni mese di ritardo, Cdp e Macquarie dovrebbero riconoscere a Enel circa 16 milioni di euro in più (cioé un dodicesimo del 9% di 2,12 miliardi).
La vicenda di Open Fiber si intreccia anche con quella di FiberCop, la nuova società in cui sono confluite la rete secondaria di TIM (cosiddetto ultimo miglio, dalla cabina in strada alle abitazioni) e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture di TIM (80%) con Fastweb (20%). A inizio aprile TIM, il fondo KKR Infrastructure e Fastweb hanno siglato il closing dell’operazione con cui KKR Infrastructure e Fastweb sono entrati nel capitale di FiberCop (si veda altro articolo di BeBeez). L’ingresso di KKR e Fastweb nel capitale di FiberCop è il primo passo verso la realizzazione di un più ampio progetto di costituzione di una società unica della rete nazionale, necessaria per lo sviluppo del digitale in Italia, che necessariamente coinvolgerà OpenFiber (si veda altro articolo di BeBeez).
I consigli di amministrazione di TIM e di Cassa Depositi e Prestiti nell’agosto 2020 hanno infatti approvato una lettera d’intenti tra TIM e Cdp Equity finalizzata a integrare FiberCop con OpenFiber per dare vita ad AccessCo, società aperta anche ad altri investitori e destinata a gestire la rete unica nazionale. AccessCo sarà costituita mediante la fusione tra FiberCop e Open Fiber (si veda altro articolo di BeBeez). Quest’ultima, con sede a Milano, ha chiuso il 2019 con: ricavi per 178 milioni, un ebitda di 34,5 milioni, una perdita di 117 milioni e un debito netto di poco superiore a 1 miliardo (si veda qui l’analisi di Leanus).