Non bastano 20 miliardi di euro per la NetCo di Tim, sia Cdp-Macquarie che il fondo americano KKR devono offrire di più se vogliono la rete infrastrutturale nella quale confluiranno anche i cavi sottomarini di Sparkle. Lo si sapeva già, ma ha voluto essere ancora più chiaro l’ad di Vivendi (primo azionista di TIM con il 24%), Arnaud de Puyfontaine, mercoledì 8 marzo, durante la conference call per la presentazione dei conti 2022 del colosso francese, ribadendo che che le proposte arrivate sul tavolo di TIM sono “molto inferiori al reale valore di questa bella azienda che è Telecom Italia”.
Un copione già visto 15 mesi fa, quando il socio francese aveva respinto l’offerta del fondo americano da 0,50 euro per azione per un totale di 11 miliardi, dato che ritiene che la sola rete infrastrutturale valga 31 miliardi di euro, debito compreso. Una cifra che Vivendi considera valida ancora oggi, ma che difficilmente verrà pareggiata da CDP o dal colosso del private equity che, peraltro, è già proprietario del 37,5% della rete secondaria FiberCop.
Pochi giorni fa, CDP e il fondo private equity infrastrutturale australiano hanno ricevuto il via libera dal governo e hanno presentato un’offerta non vincolante per la NetCo nell’arco dei 20 miliardi, migliorativa in termini di contanti di 1,5-2 miliardi rispetto ai 18 miliardi più due di bonus offerti dal fondo americano a inizio febbraio, che però sarebbe pronto ad aggiungere 7 miliardi per investimenti per sviluppare l’infrastrutturazione a banda ultralarga (si veda qui altro articolo di BeBeez).
I vertici di TIM hanno tempo fino al 31 marzo per discutere dei termini dei entrambi le offerte, anche se dopo le frasi del numero uno di Vivendi è difficile che il cda possa esprimere un parere positivo per l’una o l’altra offerta visto il potere di veto detenuto da Vivendi in assemblea. Inoltre, dopo aver registrato una perdita netta nel 2022 di 1 miliardi euro anche per l’effetto del deconsolidamento di Tim dal bilancio che ha comportato una perdita di 1,35 miliardi (si veda qui il comunicato stampa), l’ad de Puyfontaine ha voluto precisare durante la conf.call che Vivendi è “ora in grado di svolgere il ruolo di azionista attivo”, e ha “la totale libertà di difendere la giusta valutazione della partecipazione che abbiamo in questa società che, dal nostro punto di vista in termini di valore, ha un potenziale molto importante”. L’obiettivo, ha aggiunto, è quello di “determinare uno scenario con i prerequisiti in linea con la posizione strategica del nuovo stakeholder italiano (il governo) per costruire un mercato molto attrattivo delle telecomunicazioni nel paese e con quella di una compagnia che deve aprire un nuovo capitolo”.
L’opzione preferita dai francesi resta un’opa con conseguente delisting, ma il governo italiano, che invece spinge per una rete unica nazionale un’opzione, starebbe lavorando ad una soluzione che andrebbe a coinvolgere CDP e KKR, avvicinandosi ai francesi in termini di valutazione. Già nelle scorse settimane, a fronte di incontri con diversi incontri con tutte le parti in campo, sarebbe emersa l’idea di spacchettare la NetCo: al fondo Usa si darebbe la disponibilità per un’offerta sulle aree nere, cioè quelle a più alta concorrenzialità, mentre la Cassa potrebbe integrare le aree bianche e le aree grigie per le quali sarebbe meno complicato ottenere il via libera dell’Antitrust Ue per l’operazione di fusione.