Amadori pensa alla Borsa. L’idea di sbarcare a Piazza Affari è funzionale ai progetti di espansione all’estero del gruppo romagnolo specializzato nella produzione di carne di pollo, oltre che ai vari passaggi generazionali in corso nella grande famiglia (la terza generazione). ha scritto MF-Milano Finanza lo scorso 28 giugno, precisando che Il 69% del gruppo è del fondatore, che ha quattro figli ai quali lasciare la propria eredità: due maschi, Flavio e Denis, che sono già in azienda (il primo come amministratore delegato,accanto all’altro ad Carlo Prevedini; il secondo come responsabile della supply chain, la catena di distribuzione) e due femmine, che hanno scelto altre strade. Una quota del 23% è di Arnaldo, fratello di Francesco, che a sua volta ha cinque figli di cui soltanto i due maschi lavorano in azienda. Infine c’è un 8% di Germano Lucchi, partner storico della famiglia e consulente per gli investimenti diversificati.
Il gruppo ha chiuso il 2013 con un fatturato di 1,32 miliardi di euro (+4,7% sul 2012) con un risultato d’esercizio di 15,7 milioni e una quota di mercato che si riconferma intorno al 30% sul totale delle carni avicole in Italia. L’anno scorso gli investimenti hanno superato i 40 milioni di euro e il piano di sviluppo ne prevede almeno altri 200 nei prossimi cinque anni in tutta la filiera integrata Amadori, dagli stabilimenti alimentari ai mangimifici, fino agli allevamenti. In particolare l’obiettivo è ampliare l’export, che oggi è limitato a una piccola quota del fatturato, ed entrare in nuovi business collaterali come quello dei salumi e dei piatti pronti.
Amadori è presente nel mercato italiano con 7.200 dipendenti al lavoro in 6 incubatoi, 4 mangimifici, 6 stabilimenti di trasformazione e lavorazione, 21 tra filiali e agenzie, in tutta Italia, 3 piattaforme primarie, che smistano fino a 250 mila casse al giorno, circa 350 agenti e 700 automezzi per il trasporto secondario che servono, quasi giornalmente, circa 17 mila clienti con 500 prodotti e 1.700 referenze. A questo impero si aggiungono gli allevamenti di proprietà a gestione diretta (oltre 1.100.000 di metri quadrati) che producono il 40% del fabbisogno totale di animali vivi dell’intero gruppo, e i 3.700 ettari di terreno su cui insistono gli allevamenti.