E’ affondato il progetto di quotazione di Ferretti Group, il noto gruppo produttore di yacht di lusso. La società, dopo aver spostato per due volte la chiusura del book ordini (si veda altro articolo di BeBeez) rispetto alla data iniziale prevista per il 10 ottobre (si veda altro articolo di BeBeez), ha reso noto ieri di aver rinunciato alla quotazione sul MTA di Borsa Italiana (si veda qui il comunicato stampa).
L’azienda in una nota scrive che “nonostante l’apprezzamento manifestato dagli investitori, in particolare italiani ed asiatici che hanno sostenuto e creduto nell’azienda, […] e pur considerando la qualità ed il numero delle adesioni ricevute, il deterioramento delle condizioni dei mercati finanziari non consente di valorizzare correttamente la società”. Precisa comunque che “continuerà a perseguire i propri obiettivi di sviluppo e di crescita considerate le ottime condizioni patrimoniali, di liquidità e di successo commerciale che sono tali da consentire all’azienda l’esecuzione del proprio piano industriale già totalmente finanziato dagli azionisti e dal sistema creditizio verso il quale l’azienda vanta una posizione di debito nullo”.
Ferretti “continuerà a ottimizzare l’allocazione delle risorse dal mercato finanziario e individuare il momento giusto per la quotazione quando la situazione sui mercati finanziari si sarà stabilizzata”, ha commentato a sua volta il presidente di Weichai Group e del Gruppo Ferretti Tan Xuguang in una nota separata. Weichai controlla oggi il gruppo all’86%, tramite Ferretti Interntional Holding spa, con Pietro Ferrari che ha l’11,1% e il partner tecnico AdTech che ha il 2,79%
L’amministratore delegato di Ferretti Alberto Galassi ieri ha commentato: “Prima Ferretti chiuderà il bilancio e farà vedere quanto vale poi procederà con un private placement“, dato che ha in corso colloqui “con alcuni investitori da mesi” (si veda qui l’ANSA).
Galassi ha precisato che “il book è stato chiuso e allocato tutto, ma a prezzi bassi, perché i mercati non sono amici di nessuno, né in Italia né negli altri Paesi”. Così lo sbarco in Borsa “riprenderà dopo che avremo fatto vedere quanto valiamo e insieme a un nuovo socio”, che potrebbe arrivare fino al 30% del capitale, come previsto per il progetto iniziale di ipo, per poi diluire la quota di tutti e tre i soci in caso di un nuovo tentativo di quotazione”. All’ipo avevano comunque già aderito investitori importanti come Generali, Mediolanum, Fideuram e Kairos. “In particolare, Mediolanum e Generali rientrano tra i primi sei investitori che hanno aderito all’ipo”, ha aggiunto l’amministratore delegato di Ferretti, sottolineando: “Non dovevamo fare per forza un’ipo, avremmo voluto farne una bella”.
L’ipo di Ferretti comprendeva sia un aumento di capitale, con emissione di 40 milioni di nuove azioni (per 80-100 milioni di euro, sulla base dell’ultima forchetta di prezzo), sia vendita di 47 milioni di azioni da parte di alcuni degli attuali azionisti. Ferretti a fine settembre aveva fissato la forchetta di prezzo sarà compresa fra 2,50 e 3,70 euro per azione, pari a un equity value pre-aumento di capitale compreso tra 627 e 928 milioni di euro, corrispondente a una capitalizzazione post aumento di capitale compresa tra 727 milioni e 1,076 miliardi (si veda altro articolo di BeBeez). Tuttavia, martedì scorso il prezzo di collocamento era stato portato a 2-2,50 euro per azione. La scorsa primavera per Ferretti circolavano valutazioni pre-money attorno a 750 milioni di euro sulla base di un multiplo di 14 volte l’ebitda 2018 che era stato di poco meno di 53 milioni a fronte di 609 milioni di ricavi (si veda altro articolo di BeBeez).
Come già indicato da BeBeez, potrebbero aver giocato a sfavore di Ferretti le brutte notizie sul fronte delle ipo negli Usa, dopo il ritiro dal mercato di WeWork, ma probabilmente non è piaciuto molto anche il fatto che il prospetto informativo in tema di dividendi dica chiaro che “l’emittente non ha distribuito dividendi negli esercizi 2016, 2017 e 2018 e non è prevista la distribuzione di dividendi nel medio periodo, salvo diversa delibera dell’assemblea degli azionisti”. Tradotto, significa che un investitore doveva comprare solo perché ritiene che il valore del gruppo crescerà nel tempo e non perché si aspetta di essere remunerato dalla società per il suo investimento. Non solo.
Spulciando il prospetto tra i rischi si legge che “gli accantonamenti complessivi per i contenziosi civili, fiscali e giuslavoristici al 30 giugno 2019 sono pari a circa euro 14,3 milioni, a fronte di un petitum complessivo pari a circa euro 63 milioni“. E peraltro, qui 63 milioni potrebbero essere stimati per difetto perché potrebbe esserci ulteriori sorprese. Una delle cause a cui fa cenno il prospetto riguarda la GP Yacht srl, un tempo agente di Ferretti, riguardo alla quale “alla data del prospetto risulta pendente il giudizio in grado di appello per un ammontare di circa Euro 11 milioni” e la cui storia si intreccia con quella del fallimento della Luxury Yacht Corporation srl, società agente di Ferretti per la distribuzione delle imbarcazioni in Italia, che è stata dichiarata fallita nel 2015 per perdite sulle imbarcazioni usate, permutate in conto prezzo, a fronte della vendita delle imbarcazioni nuove di Ferretti. Vicenda quest’ultima che non si è ancora tradotta in una richiesta di risarcimento dei danni a Ferretti e che per questo motivo non era considerata nel prospetto (si veda altro articolo di BeBeez).
Il Gruppo Ferretti vanta i migliori marchi della nautica internazionale, 6 cantieri tutti i Italia che impiegano oltre 1.500 persone senza considerare l’ampio indotto sul territorio, esporta in 75 Paesi con grande successo di mercato tale da aver generato una raccolta ordini per oltre 465 milioni con un incremento del 18% nei primi 9 mesi del 2019 e del 25% per quanto riguarda l’ebitda. Un risultato che si somma ai buoni dati della semestrale, diffusi a inizio mese e che mostravano ricavi in crescita a 332,5 milioni e un ebitda rettificato a sua volta in rialzo a 30,2 milioni. Quanto al debito finanziario netto, a fine giugno era salito a 286,3 milioni, tenendo conto dell’impatto del nuovo standard contabile IFRS 16 (senza quello sarebbe stato di 275 milioni), ma oggi la posizione finanziaria è stata resa sostanzialmente neutra, dato che in vista dell’ipo, a inizio settembre Weichai aveva convertito a capitale il finanziamento soci da circa 212 milioni di euro.
Weichai aveva investito nel gruppo di yacht a inizio 2012, nell’ambito di un complesso processo di ristrutturazione del debito. Allora il gruppo cinese aveva investito 178 milioni di euro di equity e aveva contestualmente acquistato debito di Ferretti dal fondo Oaktree, da Rbs e da Strategic Value Partners, che aveva convertito in equity, arrivando al 75%. Contestualmente allora Rbs e SVP avevano convertito in equity il resto del debito, arrivando al 25%. Successivamente Weichai ha arrotondato al rialzo la sua quota e nel 2016 Pietro Ferrari, figlio di Enzo, ha comprato il suo 13,6%. Ai tempi d’oro, nel 2006, Permira aveva ceduto il 52% di Ferretti a Candover (mantenendo una partecipazione dell’8%, mentre il fondatore Norberto Ferretti e i manager erano saliti al 40%), sulla base di una valorizzazione di ben 1,7 miliardi di euro, a fronte di ricavi per 770,4 milioni a fine dell’anno fiscale 2006 (agosto) e un ebitda di 118,4 milioni.