Il fintech è sempre più un obbligo per i gruppi bancari internazionali e quelli italiani si stanno via via inserendo nel trend. Anche perché in Italia le competenze per scovare i talenti del fintech ci sono tutte. Prova ne è che Deutsche Bank ha scelto proprio un partner italiano, H-Farm, per lanciare il suo acceleratore d’impresa per trovare startup che possano darle una marcia in più non solo nel settore della finanza consumer (domotica, automotive, beni di consumo e pagamenti), ma anche in quello della finanza corporate.
Il tutto mentre persino le fondazioni di origine bancaria stanno scegliendo la strada del fintech, tramite il reward crowdfunding, per promuovere i progetti più meritevoli da sviluppare sul territorio e contemporaneamente rinnovare la loro immagine. Su questo tema MF Milano Finanza del 29 luglio ha dedicato un ampio servizio,
E che il fintech sia un settore sul quale puntare forte è una convizione dei principali operatori di venture capital a livello mondiale. Si calcola che nel 2015 i venture capital abbiano investito oltre 13 miliardi di dollari in startup fintech nel mondo e che quest’anno questa cifra possa crescere di oltre il 15% (si veda qui l’interessante articolo di CB Insights).
Così appunto non stupisce che nelle scorse settimane Deutsche Bank abbiasiglato un accordo con H-Farm, l’incubatore fondato da Riccardo Donadon e quotato a Piazza Affari, per la promozione dell’Internet of Things Accelerator (scarica qui il comunicato stampa), sulla falsariga di accordi firmati nei mesi scorsi con Cisco e con Technogym (si veda altro articolo di BeBeez), per un valore complessivo di contratti pari a 1,5 milioni di euro.
“L’obiettivo è quello di far parlare magazzini e macchinari delle aziende clienti con i software finanziari della banca per poter mettere la banca in grado di conoscere in tempo reale il livello di produttività e organizzazione del cliente e poter eventualmente ripensare in aumento o in diminuzione la dimensione delle linee di credito”, ha spiegato a MF Milano Finanza in edicola da sabato 29 luglio Timothy O’Connell, direttore dei programmi di accelerazione di H-Farm.
Durante i quattro mesi di programma, in partenza a ottobre, le startup avranno la possibilità di sviluppare il loro progetto sfruttando un pacchetto di servizi del valore di 60 mila euro offerti da H-Farm, insieme a un primo investimento di 20 mila euro. Il tutto in partnership con cinque aziende interessate nel valutare possibili sinergie create dai nuovi modelli di business adottati dalle startup selezionate, in modo da alimentare il loro processo di innovazione. I partner, che sono Sigfox, Ibm, Meterlinq, Enel e StMicroeletronics, così come Deutsche Bank e la stessa H-Farm , al termine dei quattro mesi potranno decidere di investire o di creare delle sinergie commerciali o tecnologiche con i team.
Così, si diceva, anche le banche italiane iniziano a essere piuttosto attive su questo fonte per trovare ispirazione nell’evoluzione del business (per dati sul settore in Italia si veda altro articolo di BeBeez). Su questo tema MF Milano Finanza del 29 luglio ha dedicato un ampio servizio, sottolineando quando fatto sul tema, non solo da Unicredit (accordo di coinvestimento con il gruppo Anthemis; fintech StartLab) e Intesa Sanpaolo (corporate venture capital Neva Finventures; partnership strategica in Israele con l’incubatore di startup fintech The Floor), ma anche da gruppi di medie dimensioni.
Molto attiva nelle iniziative fintech è infatti anche Banca Sella Holding, che conduce investimenti nel settore sia direttamente in startup (Sardex, Prestiamoci, Symbid, Primo Miglio sgr, Smava) sia in fondi di venture capital o incubatori anche se non specificamente dedicati al fintech (Barcamper Ventures, United Ventures One, 360 Capital One, Digital Investment sca, Lumia Capital, P101, Panakes, Innogest Capital II, Misson & Market, Dpixel, Digital Magics, H-Farm), nell’ambito di un plafond da 30 milioni di euro, dei quali circa il 70% è già stato investito.
La banca, inoltre, da tempo si è imposta come la principale controparte per i pagamenti nelle operazioni di e-commerce in Italia. Con l’acceleratore d’impresa SellaLab l’istituto ha poi sviluppato, da un lato, il Fintech Accelerator Program per ricercare e supportare startup in ambito fintech e dall’altro il Fintech open district, un ecosistema aperto per startup e professionisti del mondo fintech al quale i membri partecipano in logica di open innovation, con l’obiettivo di innovare il mondo e i servizi bancari e finanziari.
Proprio da una startup accelerata da SellaLab e successivamente integrata nel gruppo bancario, è nata Hype, un’app che trasforma lo smartphone in un conto di moneta elettronica che consente di trasferire denaro tra privati e fare pagamenti on line e nei negozi fisici, oltre che pianificare obiettivi di risparmio e di spesa. Pochi giorni fa Hype ha siglato un accordo con Ingenico, il noto produttore di pos, per abilitare circa 80mila pos in negozi di ogni genere a ricevere i pagamenti digitali dallo smartphone.
E in tema di pagamenti, anche Iccrea Banca ha puntato sul settore, con un investimento di 3,1 milioni per il 16,5% della startup Satispay, che a sua volta ha chiuso di recente un accordo con Ingenico per integrarsi con i circa 83 mila pos degli esercizi commerciali clienti delle Bcc. Sempre Iccrea Banca ha anche investito 4 milioni sul fronte dell’e-commerce per il 95% del market place Ventis.it, dedicato al Made in Italy.
Impegnata sul fronte dei pagamenti è anche Che Banca! (gruppo Mediobanca) che insieme alla startup italiana Opentech ha sviluppato l’app Wallet of Wallets, per effettuare in mobilità qualunque tipo di pagamento, anche da parte di soggetti non clienti della banca. E sempre con due startup, cioè Advise only e Deus Technology, Che Banca! ha sviluppato il primo servizio di investimento bancario italiano di robot advisory, Yellow Advice, che prevede però sempre la possibilità di un contatto in multicanalità con un consulente-persona. Che Banca! tende a scoprire talenti tra le startup fintech grazie ai numerosi contest promuove nel settore, come i Fintech Awards organizzati a maggio.
Da segnalare infine il primato del Banco Popolare che ha colto l’occasione offerta dal primo regolamento Consob sull’equity crowdfunding per siglare accordi con le piattaforme che necessitavano di una banca d’appoggio per raccogliere il denaro degli investitori e fare le dovute verifiche ai fini Mifid. Un modello, però, che dovrà evolvere, viste le modifiche introdotte di recente dalla stessa Consob.
Quanto al reward crowdfunding, cioè alle piattaforme web che permettono al pubblico di partecipare al finanziamento di un progetto ricevendo in cambio un prodotto o un servizio, è il canale che hanno scelto di iniziare a percorrere Fondazione Crt ed Ente Cassa di risparmio di Firenze (entrambe fondazioni di origine bancaria) e Fondazione Chianti Banca (che è la fondazione corporate di Chianti Banca) che hanno siglato con la piattaforma Eppela un accordo che replica quello già ben rodato per esempio con Banco Posta (si veda altro articolo di BeBeez).
“Tutti questi accordi prevedono che una volta che la società che ha lanciato la raccolta sul portale raggiunge il 50% dell’obiettivo di raccolta online tramite Eppela, l’azienda, la banca o la fondazione sponsor contribuiscano con il restante 50% sino a un massimo prestabilito”, ha ricordato a MF Milano Finanza il fondatore di Eppela, Nicola Lencioni, che ha aggiunto: “Questo schema è stato riproposto anche alle fondazioni bancarie in relazione a progetti relativi al rispettivo territorio e per i quali verrà comunque indetto un bando di gara”.
L’esperimento di Banco Posta risale al 2014, quando è stato creato insieme a Eppela il portale PostepayCrowd. L’operazione PostepayCrowd ha lavorato anche sulla percezione del brand e sulla reputation delle carte Postepay e il risultato, riferiscono da Poste, è stato eccezionale, con una percentuale dei finanziamenti fatti con Postepay che supera il 50% del totale dei finanziamenti dei progetti di crowdfunding su PostepayCrowd. Poste ha ipotizzato un progetto di medio periodo con Eppela proprio per poter valutare il ritorno dell’investimento e l’effetto su un parco carte enorme che conta oltre 15 milioni di Postepay.
Giorgio Righetti, direttore generale dell’Acri, ha sottolineato a MF Milano Finanza che “il meccanismo del matching di fondi non è nuovo per le Fondazioni di origine bancaria e in particolare è stato utilizzato per supportare la nascita delle fondazioni di comunità, costituite negli anni scorsi grazie soprattutto alle stesse fondazioni di origine bancaria e alla Fondazione con il Sud allo scopo di attivare energie e risorse a vantaggio di specifici territori. Per ogni euro raccolto dalle fondazioni di comunità, le fondazioni di origine bancaria investono a loro volta un euro, a volte anche due, come nel caso ad esempio di Fondazione Cariplo. Immaginare di trasferire questo tipo di approccio su una piattaforma di reward crowdfunding non è lontano dalla logica delle fondazioni e potrebbe essere questa la via anche per le stesse fondazioni di comunità per promuovere sul territorio progetti coerenti con la propria missione: potrebbero essere le fondazioni di comunità a co-finanziare con le proprie risorse i migliori progetti già finanziati per metà dal pubblico del web. Quello che importa, però, è che il potere del click non prevalga sul merito e la qualità dei progetti stessi, che dovrebbero continuare a essere orientati e valutati in coerenza con la missione delle fondazioni che li promuovono”.