Attività dei fondi di private debt in calo in Italia nel primo semestre dell’anno, con investimenti per soli 531 milioni di euro (dai 746 milioni del primo semestre 2021), spalmati su 102 operazioni (da 125) e 49 società (da 71), con i soggetti domestici che hanno realizzato il 62% del numero di operazioni, mentre il 70%
dell’ammontare è stato investito da operatori internazionali. Emerge dall’indagine semestrale condotta da AIFI in collaborazione con Deloitte, pubblicata ieri (si veda qui il comunicato stampa), che ha sottolineato la mancanza di operazioni da 100 milioni in su.
I dati come di consueto si riferiscono alla sola attività degli operatori istituzionali attivi nel segmento del private debt. Vengono escluse le piattaforme di digital lending, le banche, le operazioni relative a finanziamenti erogati a veicoli di buyout, le cartolarizzazioni di crediti e gli acquisti di crediti in bonis e UTP. Da qui la grande differenza in relazione ai dati di BeBeez Private Data che invece mappa anche quei mercati. Così, come evidenziato nel Report BeBeez dei primi otto mesi 2022, pubblicato lo scorso settembre (disponibile agli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data), si è calcolato investimenti di private debt per un totale complessivo Il mercato del private debt italiano nei primi 8 mesi del 2022 ha registrato una frenata, a quota 13,4 miliardi di euro, quindi la metà dei 26 miliardi di euro di investimenti del 2021, anno in cui si era registrato un vero e proprio boom di attività, contro i 13,1 miliardi di euro di operazioni in tutto il 2020
Tornando ai dati AIFI-Delotte, il direttore generale di AIFI, Anna Gervasoni (si vedano qui le slide di presentazione), ha sottolineato che Il 51% delle operazioni sono state sottoscrizioni di obbligazioni, il 43% finanziamenti e il restante 6% strumenti ibridi. Il 74% delle operazioni ha come obiettivo lo sviluppo delle società, il 21% la realizzazione di operazioni di buy out e il 5% il rifinanziamento del debito. Per quanto riguarda le caratteristiche degli strumenti, la durata media è di 6 anni, mentre il tasso d’interesse medio è stato pari al 5,2%. Complessivamente, a livello geografico, la prima regione resta la Lombardia, con il 23% del numero di operazioni, seguita dal Veneto con il 14%. Con riferimento alle attività delle aziende target, al primo posto con il 18% degli investimenti troviamo il settore dei beni e servizi industriali, seguito dal medicale, con il 16%. A livello di dimensione delle aziende target, coerentemente con la crescita dell’ammontare medio investito, il 42% degli investimenti ha riguardato imprese con meno di 250 addetti (56% nel primo semestre 2021).
Anche l’attiività di raccolta è risultata in calo nel semestre, attenstandosi a quota 440
milioni di euro, in calo del 24% dai 576 milioni del semestre 2021, che era stata la cifra più alta mai raggiunta nel mercato. Guardando ai periodi. Il dato resta comunque circa il doppio rispetto ai 219 e ai 178 milioni
rispettivamente raccolti nel primo semestre 2020 e 2019. La prima fonte della raccolta di mercato sono stati i fondi di fondi istituzionali e le agenzie governative (42%), seguiti da fondi pensione e casse di previdenza (18%). Guardando alla provenienza geografica, la componente domestica ha rappresentato il 96% della raccolta totale.
“I risultati di questo primo semestre risentono delle crisi in corso dovute al perdurare della guerra, all’innalzamento dei costi energetici e dei tassi di interesse. La contrazione della raccolta comporterà una riduzione delle risorse da destinare al supporto delle iniziative di crescita imprenditoriale”, ha dichiarato Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI.
Quanto ai rimborsi, nel primo semestre del 2022 le società che li hanno effettuati sono state 84 (134 nel primo semestre 2021, -37%), per un ammontare pari a 101 milioni di euro (-50% da 204). L’81% del numero di rimborsi ha seguito il piano di ammortamento.
Sul fronte europeo Deloitte ha calcolato che nel semestre si sono chiuse 423 operazioni di investimento in private debt, di cui 122 in Regno Unito, 113 in Italia, 101 in Francia, 74 in Germania e altre x nel resto d’Europa. Lo ha detto sempre ieri Andrea Azzolini, xx Deloitte (si vedano qui le slide di presentazione), sottolineando che, negli ultimi 12 mesi al 30 giugno 2022, sul totale di 871 deal considerati, il 63,5% aveva come obiettivo il finanziamento di operazioni di m&a e che soltanto 119 operazioni non hanno coinvolto un operatore di private equity. Quanto alla struttura dei finanziamenti, quella più comune è l’unitranche: 58% dei casi in Reno Unito e 49% dei casi nel resto d’Europa. Mentre rispetto alla waterfall, il tipo più comune di debito è il first lien (senior, unitranche o stretched senior).