Il private capital si conferma un punto di riferimento importante per i family office, con un’allocation media totale del portafoglio pari al 44%, a differenza di altri soggetti ultra-high net worth, che solitamente allocano circa il 20-25% del proprio portafoglio negli alternativi, in base alla tolleranza al rischio. E questo riflette i loro più elevati obiettivi di rendimento, le loro capacità di due diligence e gli orizzonti di investimento a lungo termine che possono sopportare maggiori rischi di illiquidità. Inoltre, potrebbe indicare la crescente importanza del ruolo che i family office svolgeranno in qualità di limited partner nella raccolta di nuovi fondi e come potenziali co-investitori diretti in interessanti opportunità di investimento privato. I dati sono contenuti nel Family Office Investment Insight Report 2023 di Goldman Sachs (quotata al NYSE) da cui emerge dunque che molti family office istituzionali non intendono continuare a puntare sul cash nel 2023.
Il secondo Report Goldman Sachs Family Office Investment Insights, dal titolo “Eyes on the Horizon”, è stato condotto dal 17 gennaio al 23 febbraio 2023, ha intervistato 166 family office istituzionali con un patrimonio netto di almeno 500 milioni di dollari (93%), il 72% dei quali con un patrimonio di almeno 1 miliardo di dollari.
In vista dei prossimi 12 mesi, gli intervistati si sono infatti dimostrati propensi al rischio, aumentando in particolare le allocation in azioni quotate e non, guardando solo moderatamente l’esposizione al reddito fisso per cogliere le opportunità offerte dai tassi di interesse più elevati.
L’incertezza del contesto macroeconomico ha, per certi versi, reso i mercati privati ancora più interessanti. Questi ultimi sono stati caratterizzati da rendimenti storicamente più elevati e da una volatilità mark-to-market più contenuta rispetto a quelli pubblici. Inoltre, molti family office ritengono che i cicli di correzione possano portare a nuove opportunità, grazie a migliori punti di ingresso e a un uso più efficiente del capitale da parte delle aziende, nonostante i volumi di transazioni più bassi.
A fare da sfondo, dice il report, c’è l’attenta diversificazione dei family office, nel tentativo di bilanciare le esposizioni in una varietà di ambienti di rendimento e di costruire un portafoglio esperto.
Il sondaggio 2023 rivela dunque un maggiore appetito per gli alternativi, con un’allocazione media globale del 44% tra private equity, immobiliare privato e infrastrutture, hedge fund e credito privato. Mentre altri investitori, come gli hedge fund, hanno rallentato la loro attività nel settore privato, i family office continuano a valutare le opportunità private, con un approccio più selettivo. Senza le pressioni del mark-to-market da parte di capitali esterni, né i benchmark o i mandati dichiarati che altre istituzioni possono avere, i family office possono operare in modo opportunistico. Infatti, poiché i gestori e le società private competono per un ammontare di capitale disponibile più ridotto in un contesto difficile, i family office possono effettuare operazioni opportunistiche di raccolta fondi dato che hanno un buon potere di negoziazione. Ad esempio, strutture di commissioni più favorevoli o diritti di co-investimento per i fondi, diritti di governance o strutture che offrono aspetti interessanti, come sconti sulle IPO e cedole nei finanziamenti azionari diretti.
Come anticipato sopra, nei prossimi 12 mesi i family office prevedono di aumentare la loro allocazione strategica mirata alle asset class alternative. Nell’ambito degli alternativi, il 41% dei family office intende aumentare l’allocazione al private equity, mentre molti intervistati prevedono di aumentare anche l’allocazione al private credit (30%) e al private real estate e alle infrastrutture (27%). Nonostante il contesto a breve termine sia molto difficile, molti family office stanno considerando gli alternativi come uno strumento di diversificazione, diversamente dagli altri fondi che dai private capital si sono in parte allontanati.
“Potendo investire in modo flessibile su tutto lo spettro di rischio, i family office hanno mantenuto un approccio sostanzialmente omogeneo verso allocation più aggressive al fine di ottenere rendimenti superiori”, ha dichiarato Meena Flynn, Co-Head of Global Private Wealth Management e Co-Lead of One Goldman Sachs Family Office Initiative. “Le allocazioni risk-on programmate ci indicano che gli intervistati vedono ottime opportunità di ottenere un alpha aggiuntivo. Questo approccio paziente, strategico e a lungo termine è spesso vantaggioso ai fini della gestione e della conservazione del patrimonio familiare”, ha concluso.
“I family office continuano ad investire in modo significativo in strumenti alternativi, tra cui il private equity, il private credit, le infrastrutture, il real estate e gli hedge fund”, ha dichiarato Tony Pasquariello, Global Head of Hedge Fund Coverage e Co-Lead of One Goldman Sachs Family Office Initiative. “In un sondaggio approfondito condotto nel 2021, mediamente il 45% del portafoglio era allocato nel comparto degli alternativi. Nonostante le sfide del 2022, nel nostro più recente sondaggio tale percentuale è rimasta pressoché invariata (44%)”.
L’approccio dei family office agli investimenti nel panorama degli alternativi continua a essere vario. Il growth è il favorito (92%), seguito dal venture capital (85%), dal buyout (83%) e dal private real estate (81%). Gli analisti di Goldman Sachs si aspettano di vedere un maggiore interesse per i buyout, dato che i multipli continuano a scendere, contribuendo a creare un ambiente operativo pronto per operazioni di carveout, take-private e altre operazioni di consolidamento. Sebbene la maggior parte dei family office sia investita anche in altre classi di attivi, i numeri sono più bassi: private credit (64%), secondaries (60%), e partecipazioni di seeding e general partner (GP) (52%). Oltre all’attrattiva del debito a tasso variabile in un contesto di tassi in crescita, gli analisti prevedono, come anticipato sopra, un ulteriore interesse per il private credit, dato il cambiamento strutturale successivo alla crisi finanziaria globale che ha visto le banche ritirarsi dall’attività di prestito diretto, lasciando ad altri la possibilità di prendere il loro posto.
Una parte significativa di intervistati sta riducendo la parte cash del portafoglio: il 35% degli intervistati prevede di diminuire le allocazioni in cash e cash equivalent (esclusi i Treasury statunitensi). Solo il 10% stima di diminuire l’allocation in azioni del mercato pubblico, mentre il 13% prevede di ridurre quella in azioni private.
Ancora, la maggior parte dei family office investe attraverso gestori specializzati piuttosto che direttamente. L’eccezione principale è rappresentata dal settore del private real estate, area in cui le famiglie ultra-high net worth sentono di avere una maggiore affinità. I settori in cui sono maggiormente sovrappesati sono quelli dell’information technology e dell’health care, temi di crescita secolare con il potenziale di affrontare i cicli economici e di generare valore nel lungo periodo.
Sottolineiamo poi che tra gli strumenti che piacciono a imprenditori e family office ci sono i club deal. E, come si vede dall’indagine di BeBeez in materia, sono saliti a 44 gli operatori che organizzano investimenti in club deal su pmi italiane mappati, senza contare i 7 search fund ancora in cerca di target su un totale di una quindicina lanciati negli ultimi due-tre anni.
Ben di più rispetto ai 26 veicoli e ai 13 search fund mappati da BeBeez poco meno di un anno fa (si veda qui altra Insight View di BeBeez).
Scarica qui le tabelle con tutti i veicoli mappati e i link agli articoli
Sta quindi diventando un trend sempre più evidente quello di gruppi di investitori privati che insieme investono in una singola azienda coordinati da un operatore finanziario, che può essere una private bank, un asset manager oppure una holding guidata da un team di professionisti dedicati.
Si tratta di un mercato in grande effervescenza e che negli ultimi 5 anni, secondo il database BeBeez Private Data, ha contato un centinaio di investimenti annunciati soltanto sul capitale di aziende mature (si veda qui il Report di BeBeez sul Private Equity 2022). La moda, che si sta diffondendo soprattutto tra imprenditori e manager, riguarda non solo il capitale, ma anche il debito o strumenti partecipativi e non aziende già mature, ma anche startup e spesso anche progetti immobiliari.
Cento investimenti in cinque anni, però, sono comunque un numero ancora molto piccolo. In media considerando gli investimenti degli ultimi 5 anni su pmi, quelli in club deal hanno rappresentato circa il 6% del totale degli investimenti diretti dei fondi e di quelli di add-on su aziende italiane o estere (si veda qui la rubrica Private Data Analysis in BeBeez Magazine n.5).