E’ stato finalmente pubblicato il 30 dicembre scorso in Gazzetta Ufficiale il Decreto n. 179 del 18 dicembre 2020 del
Presidente del Consiglio dei Ministri relativo al cosiddetto golden power del governo in tema di m&a e che entrerà in vigore il prossimo 14 gennaio.
Il testo ricalca esattamente quello della bozza di decreto di attuazione delle nuove norme sul golden power contenute del Decreto Liquidità (si veda qui lo schema di DCPM) e diffuso a inizio giugno 2020 (si veda altro articolo di BeBeez).
Come noto in via temporanea gli artt. 15-16 e 17 del Decreto Liquidità (si veda altro articolo di BeBeez) hanno ampliato in maniera orizzontale i settori oggetto del controllo governativo, ma anche in maniera verticale, includendo anche aziende non quotate e di qualunque dimensione, sempre all’interno di un elenco preciso di settori classificati come strategici.
E da inizio giugno si era diffusa la convinzione che la nuova normativa avrebbe potuto riguardare anche i crediti deteriorati con sottostanti asset considerati strategici. Un tema che il governo aveva preso in considerazione sin da subito, tanto che Antonio Rizzo (consigliere per gli Affari Economici della Presidenza del Consiglio) lo aveva detto chiaro il 3 giugno nel suo intervento al XXX Talk Resiliente da organizzato su Zoom da Vento&Associati in collaborazione con BeBeez (si veda qui il video del Talk).
“Se ci sono crediti che passano di mano che abbiano come garanzia asset che vengono classificati come strategici, allora anche queste operazioni rientrano nell’ambito della normativa sul golden power. Non ci interessano i trasferimenti di tutti i portafogli di crediti deteriorati, ma di certo ci occuperemo di Npl e Utp corporate, quando le aziende debitrici sono strategiche“, aveva detto Rizzo.
Interpellati da BeBeez sul punto, Norman Pepe e Fabrizio Occhipinti, entrambi partner di Italian Legal Services, osservano: “Il dibattito sull’argomento, pur rimanendo di attualità, anche considerata l’estensione del termine di scadenza del nuovo regime (di recente prorogato al 30 giugno 2021 in sede di conversione del Decreto 137/2020), deve essere, a nostro modo di vedere, leggermente ricalibrato. Tralasciando le considerazioni extra-giuridiche dei primi commentatori, la disciplina, per quanto per certi convoluta, è sufficientemente chiara nell’individuare quale punto focale il controllo di beni e rapporti di rilevanza strategica, per ciò intendendosi anzitutto infrastrutture e tecnologie critiche e poi, in via residuale, le cosiddette ‘attività economiche di rilevanza strategica finanziarie, creditizie e assicurative’ (o, per meglio dire, del settore finanziario, creditizio e assicurativo) esercitate da imprese con fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e con almeno 250 unità dipendenti”. Detto questo, spiegano i due avvocati, “posto che i crediti non rientrano senz’altro tra le infrastrutture e le tecnologie critiche, ci si dovrebbe chiedere, rispetto alla categoria residuale (art. 8 del DCPM), se i finanziamenti costituiscano, a mente del nuovo DPCM, ‘attività economiche essenziali per il mantenimento delle funzioni vitali della società, della salute, della sicurezza, del benessere economico e sociale della popolazione, nonché per il progresso tecnologico’. Nonostante il riferimento al ‘benessere economico e sociale della popolazione’ e la circostanza che i finanziamenti abbiano inevitabilmente una valenza creditizia e finanziaria, riteniamo, sulla base di un continuum logico che dovrebbe sussistere tra le caratteristiche delle categorie specifiche (infrastrutture e tecnologie critiche) e quelle della categoria residuale, nel richiamarsi a quest’ultima, il legislatore intenda riferirsi ad attività di natura strutturale, per così dire a monte, rispetto all’erogazione del credito (ad esempio, i rapporti tra una banca online e la rete di soggetti che promuovono la concessione di nuovi finanziamenti presso il pubblico). Un altro e diverso angolo da tenere in considerazione rispetto alla problematica degli Npl, riguarda poi il tema se tramite un finanziamento nei confronti di una società titolare di beni e rapporti di rilevanza strategica (in qualunque settore rilevante, e quindi non solo il settore finanziario o creditizio ma anche, ad esempio, quello energetico), il finanziatore possa ottenere il controllo o la disponibilità di detti beni e rapporti trovando pertanto applicazione la disciplina del golden power. A tal riguardo, occorrerà ovviamente svolgere un’analisi approfondita per verificare se i termini e le condizioni del finanziamento e delle garanzie accessorie siano tali da attribuire in concreto al finanziatore detto controllo o disponibilità (ad esempio per il tramite dell’esercizio del diritto di voto in assemblea da parte del creditore pignoratizio di un finanziamento divenuto Npl).”
Il sistema di speciali poteri di intervento dello Stato erano stati introdotti con il Decreto-legge 15 marzo 2012 n. 21 (convertito con modificazioni dalla Legge n. 56 dell’11 maggio 2012), con lo scopo di salvaguardare i settori strategici e di interesse nazionale ed era poi stato modificato nel 2019 con il Decreto-legge 25 marzo 2019, n. 22 (convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 41 del 20 maggio 2019 ). Quest’ultimo decreto ha introdotto la disciplina dell’esercizio dei poteri speciali inerenti le reti di telecomunicazione elettronica a banda larga con tecnologia 5G. Sempre nel 2019, poi, il Decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105 (convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 133 del 18 novembre 2019 ) ha esteso l’ambito operativo delle norme in tema di poteri speciali esercitabili dal Governo nei settori strategici, coordinandolo con l’attuazione del Regolamento (UE) 2019/452 in materia di controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione europea.
Il Decreto Liquidità ha poi ampliato il perimetro del golden power, estendendo i poteri di veto e interdizione del governo a tutti i settori strategici individuati nell’art. 4 comma 1 del Regolamento UE 2019/452, cioè quelli: assicurativo, del credito, della finanza, dell’acqua, della salute, della cybersicurezza, delle nano- e bio-tecnologie, delle comunicazioni e dei media, del trattamento o archiviazione di dati, delle infrastrutture aerospaziali, di difesa, elettorali o finanziarie, delle strutture sensibili. degli investimenti in terreni e immobili fondamentali per l’utilizzo di tali infrastrutture. Non solo. In sede di conversione in legge, nel Decreto Liquidità era stato specificato che devono intendersi compresi nel settore finanziario, i settori creditizio e assicurativo e nel settore sanitario, la produzione, l’importazione e la distribuzione all’ingrosso di dispositivi medicali, medico-chirurgici e di protezione individuale.
Infine il nuovo DCPM è ancora più dettagliato e per esempio, sul fronte delle attività finanziarie, all’art. 8 precisa che sono sottoposte alla nuova disciplina:
“a) le infrastrutture critiche, incluse le piattaforme, per la negoziazione multilaterale di strumenti finanziari o di depositi monetari, per l’offerta di servizi di base dei depositari centrali di titoli e di servizi di compensazione in qualità di controparte centrale nonché per la compensazione o il regolamento dei pagamenti;
b) le tecnologie critiche:
1. quali l’intelligenza artificiale e i registri distribuiti, funzionali all’innovazione di servizi e di prodotti nei settori finanziario, creditizio, assicurativo e dei mercati regolamentati, di cui all’articolo 36, comma 2-bis, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 giugno 2019, n. 58;
2. digitali relative a sistemi e servizi di pagamento, di moneta elettronica e di trasferimento di denaro, gestione della liquidità, attività di prestito, factoring, trading, gestione di investimenti;
3. digitali applicate in ambito assicurativo (Insurtech);
4. per lo sviluppo di software per la protezione dei dati relativi alla persona, alla negoziazione e allo scambio di dati e prodotti, nonché alla gestione documentale nell’ambito della gestione delle attività finanziarie;
5. “basate su registri distribuiti” (blockchain) di cui all’articolo 8-ter, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, su cui operano “smart contract” come definiti al secondo comma del medesimo articolo;
c) le attività economiche di rilevanza strategica finanziarie, creditizie e assicurative, anche se svolte da intermediari, esercitate da imprese che realizzano un fatturato annuo netto non inferiore a trecento milioni di euro e aventi un numero medio annuale di dipendenti non inferiori a duecentocinquanta unità”.
In aggiunta a tutto questo, sempre il 30 dicembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DCPM n. 180 del 23 dicembre 2020 che individua gli attivi di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.