Anche Enrico Ruggeri e J-Ax hanno lasciato la Siae (Società Italiana Autori Editori) per far gestire invece i propri diritti d’autore alla startup Soundreef, raggiungendo così i colleghi Fedez, Rovazzi, Gigi D’Alessio e il maestro Maurizio Fabrizio (si veda qui il comunicato stampa su Ruggerie quello su J-Ax). Ma Siae non demorde e nei giorni scorsi ha presentato due esposti all’Agcom, sostenendo che Soundreef non può operare su suolo nazionale.
In effetti, la liberalizzazione del settore, introdotta dal recente Decreto Fiscale, è stata annunciata a gran voce, ma è in realtà solo parziale, in quanto apre il mercato italiano dell’attività di gestione dei diritti d’autore ai soli organismi no profit di gestione collettiva analoghi a Siae (quali ad esempio Sacem, Sabam, ecc.), lasciando invece fuori dai giochi della concorrenza gli enti privati a natura commerciale (quali appunto Soundreef). Lo hanno già ricordato a inizio novembre Barbara Sartori, in collaborazione con Matteo Roiz, di CBA Studio Legale e Tributario, in un loro commento sul tema per BeBeez. Secondo quanto era stato anticipato dal Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri, il Decreto Fiscale 2018 (D.L. 16 ottobre 2017, n. 148, in G.U. 16.10.2017, n. 242) avrebbe infatti determinato la cessazione del monopolio legale durato oltre 70 anni in capo alla Siae, in favore di una liberalizzazione del settore della gestione dei diritti d’autore. La lettura attenta del decreto, tuttavia, costringe gli operatori del settore a ridimensionare sensibilmente le aspettative che tale annuncio aveva alimentato, prevedendo che ora tali attività possano essere esercitate anche da altri “enti di gestione collettiva”, ma, mutuando la definizione di “enti di gestione collettiva” dal precedente D.Lgs. 35/2017, il nuovo decreto ha in sostanza aperto le porte delle attività di gestione dei diritti d’autore ai soli enti collettivi di natura non profit, precludendo l’esercizio di tali attività alle organizzazioni che rappresentano gli artisti in forza di mandati di natura commerciale, non collettiva.
Il risultato, quindi, è che società che come Soundreef sono a. scopo di lucro possono continuare a operare su suolo nazionale, solo a patto che stringano precisi accordi con un ente di gestione collettiva no profit. Quindi sarà interssante capire che cosa farà in proposito Soundreef.
Fondata nel 2011 a Londra dall’italiano Davide d’Atri, Soundreef aveva annunciato a fine novembre 2015 un primo round di investimento da circa 3,5 milioni di euro a opera dei fondi di venture Vam Investments (3,2 milioni) e LVenture Group (250 mila euro), da sottoscriversi in più tranche, con la prima appunto a novembre 2015 (si veda altro articolo di BeBeez). Nel giugno 2016 gli azionisti hanno poi sottoscritto una seconda quota di quell’aumento con Vam che ha sindacato al Club degli Investitori una quota da 420 mila euro (si veda qui il comunicato stampa).
La scorsa primavera Endeavor Italia, organizzazione non-profit che seleziona imprenditori di grande valore e li aiuta a sviluppare il loro business durante la fase di espansione (scale up), ha annunciato l’ingresso nel suo network di imprenditori di Davide D’Atri (si veda qui il comunicato stampa). In quell’occasione erano iniziate a circolare voci relative a un prossimo round di investimento da ben 20 milioni di euro tra debito ed equity, che sarebbe stato guidato dal fondo Endeavor Catalyst (si veda Il Sole 24 Ore).