Il colosso americano Apple ha acquisito la startup italiana Stamplay, società che sviluppo in cloud e realizza app senza ricorrere al codice, ma utilizzando le Api. Quanto ai fondatori, Nicola Mattina e Giuliano Iacobelli, continueranno a lavorare all’interno della società, ma come dipendenti di Apple.
L’operazione vale 5 milioni di euro. Un bell’incasso per gli investitori che comprendono sia il crowd aveva partecipato alle due campagne di equity crowdfunding di Stamplay sulla piattaforma Seedrs nel 2014 (256 mila sterline sulla base di una valutazione pre-money di 1,7 milioni, il che significa un guadagno di oltre due volte il capitale investito) e nel 2016 (un bond convertibile da 12 mila sterline sulla base di una vlautazione di 3,5 milioni), ma anche per i venture capital e altri investitori che, dopo il primo round su Seeders e l’ingresso nella community di 500Startups, il più grande incubatore degli Usa, hanno investito complessivamente circa 500 mila dollari.
Tra gli investitori ci sono Kima Ventures, Pitch@Palace, Last Mile Ventures, Seedcamp e business angel come Francesco Lato, Kevin Moore, Paul Mears e Lorenzo Barbantini Scanni. Nel 2016 Stamplay ha vinto il progetto “Everywhere Initiative” di Visa, che poi le ha affidato lo sviluppo di un progetto.
Fondata nel 2013 a Roma, la startup ha poi trasferito la sede a Londra e si è trasformata in una Ltd inglese, per godere di agevolazioni fiscali, una contabilità semplificata e meno burocrazia. In Italia è rimasta la funzione R&D, mentre il business development è effettuato da San Francisco.
Stamplay consente agli sviluppatori di costruire app basate sul cloud che mettono assieme API popolari come Stripe (pagamenti), Sendgrid (email), Twilio (SMS e VoIP) e Pusher (notifiche in real time), riducendo drasticamente gli sforzi di sviluppo, implementazione e gestione.
Non è la prima volta che Apple fa shopping in Italia tra le startup: nel maggio 2012 ha acquistato Redmatica, startup emiliana che si occupa di software per la riproduzione, la registrazione e l’editing di audio digitale che all’epoca fatturava circa 100 mila euro.