E’ sceso a 94 il prezzo del bond da 300 milioni di euro di Moby quotato alla Borsa del Lussemburgo lo scorso febbraio e in caduta libera dallo scorso settembre, con il rendimento salito all’8,9%. Lo scrive oggi MF Milano Finanza.
Il bond a scadenza febbraio 2023 paga una cedola fissa del 7,75% ed è in portafoglio a parecchi investitori istituzionali internazionali, compresi ancora alcuni dei joint bookrunner dell’emissione che erano stati Goldman Sachs, JP Morgan Unicredit, Banca Imi, Banca Akros e Jefferies.
I titoli sono garantiti da ipoteca di primo grado sulla maggior parte degli asset del gruppo, compresi i traghetti Moby e Tirrenia-Cin e beneficiano di un pacchetto di garanzie da parte di Moby e Tirrenia-Cin che rappresentano circa il 91% dell’ebitda.
Il bond inizialmente era stato emesso da Onorato Armatori spa, la holding di Moby che lo scorso 8 agosto è stata fusa in Moby in un’operazione di reverse merger i cui effetti fiscali e di bilancio saranno retroattivi dal 1° gennaio 2016, così come descritto nel supplemento alla semestrale di Onorato Armatori spa e come spiegato agli investitori lo scorso settembre, in occasione della conference call sui risultati semestrali, quando sono state annunciate anche le previsioni di chiusura dell’anno del gruppo specializzato in traghetti e al quale fa capo anche Tirrenia-Cin.
Le notizie non sono state delle migliori, visto che la guidance per fine anno indica un calo del fatturato consolidato di circa 50 milioni rispetto al 2015, prevedendo una discesa dei ricavi del 28-32% nel traffico merci e del 3-5% nel traffico passeggeri, dai 609 milioni del 2015. Il tutto a fronte di un margine di ebitda del 21-23% e cioé attorno ai 120 milioni.
Margini che potrebbero sembrare buoni, ma che in realtà non lo sono perché il piano industriale presentato agli investitori in occasione del collocamento del bond indicava un target di ebitda di 180-190 milioni a fine 2016 dai 150 milioni del 2015 (o 165 milioni rettificato, pari a un margine del 27%). Il che significa a fine anno un rapporto tra posizione finanziaria netta ed ebitda compreso tra 4,4 e 4,5 volte, cioé al limite fissato dai covenant finanziari sul debito, come anticipato lo scorso ottobre da Il Sole 24 Ore. A fine giugno la semestrale indicava che il gruppo aveva registrato ricavi per 216,5 milioni (dai 249,5 milioni pro-forma del semestre 2015) con un ebitda di 29,3 milioni (da 49,6 milioni) e un debito finanziario netto di 478,2 milioni.
Il tutto, certo, perché nel frattempo è risalito il prezzo del bulk (nel semestre il gruppo ha speso 18.,7 milioni in carburante per navi) , ma anche perchè da mesi è in atto un duro scontro con il Gruppo Grimaldi di Napoli a suon di tariffe al ribasso in particolare nel trasporto di carichi rotabili (camion e semirimorchi).
Nel frattempo, come rivelato da MF Milano Finanza a fine settembre, lo scorso aprile Moby non ha pagato la prima rata da 55 milioni di euro del saldo dovuto per l’acquisizione del 60% di Tirrenia-Cin che ancora non era suo. La compagnia era stata valutata 376,9 milioni di euro di cui 197 milioni di componente fissa e il resto variabile. Dei 197 milioni, Moby aveva pagato 135 milioni al closing dell’operazione nel luglio 2012 mentre ha saldato i restanti 62 milioni lo scorso febbario in occasione del rifinanziamento del debito. I restanti 180 milioni dovrebbero essere pagati in tre rate, senza interessi, correlate a una serie di condizioni.
La prima rata da 55 milioni andava pagata lo scorso aprile, mentre la seconda da 60 milioni è fissata per l’aprile 2019 e la terza da 65 milioni nell’aprile 2021. Moby ha giustificato il fatto di non aver pagato la prima rata perché non è stato ancora reso noto l’esito dell’indagine da parte della Commissione Ue sui contributi pubblici dati alle società dell’ex Gruppo Tirrenia (oltre 400 milioni di euro configurabili come aiuti di Stato) dagli anni ’90 al 2011 e di cui la Commissione potrebbe imporre il recupero. C’è però chi dice che Moby avrebbe preso questa scusa ed evitare di pagare proprio perché immaginava che a fine anno ci sarebbe stato un ebitda più basso del previsto.
Intanto, gli investitori sono sempre più nervosi, anche perchè Moby nel frattempo non ha dato seguito alle sinergie con Tirrenia-Cin che aveva invece annunciato in sede di collocamento del bond e ha invece acquisito una quota della russa St. Peter Line, una compagnia che possiede tre navi per mini-crociere nel Baltico, oltre a fare investimenti in nuove rotte, come quella tra Nizza e Bastia. Insomma, il risultato è stato che la compagnia ha prodotto meno cash flow e fatto più investimenti del previsto e questo certo agli obbligazionisti sta dando non poco fastidio.