Per le startup fintech si aprono nuovi spazi di business grazie alla Payment Services Directive 2, la seconda direttiva Ue sui servizi di pagamento, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale Ue a fine 2015 e che dovrà essere recepita da tutti gli stati membri entro il 13 gennaio 2018.
Lo ricorda MF Milano Finanza in edicola da sabato 11 febbraio, sottolineando che qualunque spazio lasciato libero dalle banche sarà certamente riempito da agili startup o da colossi del mondo ecommerce, della grande distribuzione o delle tlc. E questo perché l’applicazione della direttiva abbatterà completamente le barriere all’entrata dell’arena competitiva, permettendo a nuovi attori di affacciarsi al mercato e consentendo loro di accedere a informazioni e iniziare operazioni dispositive sui conti di pagamento dei clienti.
Già la prima direttiva, in vigore dal 2007, aveva messo le banche sulla difensiva, perché hanno dovuto iniziare ad affrontare in tema di pagamenti una doppia e nuova concorrenza: quella delle banche estere e quella degli operatori non bancari, come operatori di tlc, ipermercati, reti di distribuzione di carburante. Tutti soggetti che sono entrati o stanno entrando nel settore con l’obiettivo di far transitare i pagamenti sul web o sui telefoni cellulari dei propri clienti, ponendosi in diretta concorrenza con le banche domestiche. Con la nuova direttiva tutto questo verrà esaltato. Peraltro la direttiva non fa altro che regolamentare ciò che è già una realtà.
La prima direttiva ha istituito un regime prudenziale introducendo un’autorizzazione unica per tutti i prestatori di servizi di pagamento che non siano collegati alla raccolta di depositi o all’emissione di moneta elettronica e ha quindi introdotto la nuova categoria degli “istituti di pagamento”. Tuttavia, si legge nel testo della nuova direttiva, nel tempo si sono poi diffusi nuovi tipi di servizi di pagamento, specialmente nel settore dei pagamenti tramite Internet.
In particolare si sono evoluti i servizi di disposizione di ordine di pagamento nel settore del commercio elettronico. Tali servizi di pagamento sfruttano un software che fa da ponte tra il sito web del commerciante e la piattaforma di online banking della banca del pagatore per disporre pagamenti via Internet sulla base di bonifici. I servizi di disposizione di ordine di pagamento consentono al prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento di assicurare al beneficiario che il pagamento è stato disposto così da incentivare il beneficiario a consegnare i beni o a prestare il servizio senza indebiti ritardi. Tali servizi offrono una soluzione a basso costo per i commercianti e i consumatori e consentono a questi ultimi di fare acquisti online anche senza carte di pagamento.
Inoltre, gli sviluppi tecnologici degli ultimi anni hanno portato anche alla nascita di una serie di servizi accessori, ad esempio servizi di informazione sui conti. Tali servizi forniscono all’utente di servizi di pagamento informazioni online aggregate su uno o più conti di pagamento, detenuti presso un altro o altri prestatori di servizi di pagamento, a cui si ha accesso mediante interfacce online del prestatore di servizi di pagamento di radicamento del conto. L’utente di servizi di pagamento può così disporre immediatamente di un quadro generale della sua situazione finanziaria in un dato momento.
“La direttiva, quindi, prevede la regolamentazione di queste nuove figure di prestatori di servizi di disposizione di ordine di pagamento e di prestatori di servizi di informazione sui conti al fine di garantire ai consumatori una protezione”, ha spiegato Marco Zechini, partner head of banking & financial regulations dello studio legale Orrick, Herrington & Sutcliffe, in occasione di un incontro riservato alla stampa organizzato da Reply, società quotata allo Star di Piazza Affari e specializzata nella progettazione e nell’implementazione di soluzioni basate sui nuovi canali di comunicazione e media digitali. Reply punta ad accompagnare le banche in questa nuova avventura sia che decidano di imbarcarvisi in prima linea sia che decidano di affidarsi a società fintech esterne.
“Questi tipi di servizi potrebbero essere offerti in prima battuta dalle stesse banche, se si volessero attrezzare”, ha detto chiaro nei giorni scorsi Fausto Jori, communities of practices director di Reply, “In alcuni settori, l’apertura del mercato ha effettivamente comportato il ridimensionamento del business degli incumbent, com’è successo per Uber rispetto ai taxi, per Netflix rispetto a BlockBuster, per WhatsApp rispetto alla telefonia tradizione, per Booking.com e AirB&B verso le travel agency”, ha detto ancora Jori.
Molte banche potrebbero vedere quindi l’applicazione della PSD2 come una minaccia, ma in realtà al contrario dovrebbero comprenderne l’opportunità che questa porta, per creare sinergie con il mondo fintech e per creare quindi nuovi servizi da offrire alla clientela, con il vantaggio di poter arrivare a consocere molto più a fondo i propri clienti di qauanto mai abbiano fatto prima.
Certo, le informazioni di cui si parla sono strettamente legate alla liquidità e quindi non arrivano al patrimonio degli utenti, ma è comunque già un’enormità di dati. Perché conoscere che cosa comprano i propri clienti, da chi, quando e con che periodicità, utilizzando tutti i loro conti correnti, anche quelli di altre banche, per un istituto di credito è un dato estremamente importante per la profilazione del rischio di credito.
Ovviamente questo tipo di dati è a maggior ragione prezioso per altri tipi di soggetti e ovviamente in prima linea per chi fa ecommerce e quindi non stupisce che i colossi del settoreabbiano iniziato a lavorare sui pagamenti online ormai da anni. Ma appunto le startup fintech potrebbero proporsi come i soggetti più adatti per sviluppare questo tipo di servizi in proprio o su commissione per una o più banche.
Per un panorama sulle società italiane fintech, si legga anche l’articolo di BeBeez per il numero dello scorso autunno 2016 iFinance (pag. 23).