“L’Agenzia delle Entrate sta risolvendo la questione del codice fiscale per gli utenti stranieri delle società fintech”. Lo ha detto ieri il ministero dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan alla nutrita platea di operatori del fintech che si era riunita a Milano in occasione dell’inaugurazione del Fintech District, il nuovo spazio di coworking e aggregazione per le startup del settore, nato per iniziativa di SellaLab, la piattaforma di innovazione del Gruppo Banca Sella, guidato dal ceo Pietro Sella che ha aperto i lavori della giornata, e per iniziativa della piattaforma di spazi di lavoro Copernico.
La questione del codice fiscale è cruciale per lo sviluppo del settore, perché nella pratica alle società fintech italiane non è al momento permesso di internazionalizzarsi e cioè di servire dall’Italia anche gli utenti stranieri. Chiunque infatti sottoscriva un contratto di natura patrimoniale in Italia deve fornire un codice fiscale italiano al fornitore, il che certo non è impossibile ma richiede un impegno da parte dell’utente, il quale spesso vista l’immediatezza di internet, perde interesse all’operazione e non la fa più (si veda altro articolo di BeBeez).
Obiettivo, far restare il fintech in Italia e anzi attrarre il fintech straniero.
L’attenzione dell’Agenzia delle Entrate alla questione si spiega con il fatto che il MEF ritiene che “un adeguato sviluppo del fintech è elemento di crescita e anche di modernizzazione del settore finanziario del Paese a vantaggio di imprese e cittadini. Il settore presenta ampi margini di sviluppo e opportunità da cogliere per la creazione di valore e di nuova occupazione”, ha detto ancora Padoan. Per questo va evitato che le startup fintech se ne vadano all’estero e va invece accada il contrario e cioé che le startup estere vengano in Italia.
Sinora, infatti, alcune delle principali startup fintech italiane hanno deciso di aprire una filiale all’estero a Londra, come Satispay, oppure di trasferirvi proprio la sede centrale, come Moneyfarm. In quest’ultimo caso, peraltro, Paolo Galvani, uno dei cofondatori della startup, nel suo intervento alla tavola rotonda della mattinata al Fintech District moderata da Paola Bonomo, ex global marketing solutions director Southern Europe di Facebook e oggi attiva business angel, ha spiegato che la decisione di migrare a Londra si spiega con il fatto che “in Italia non è ancora possibile trovare i capitali di rischio sufficienti per fare il passo ulteriore dopo quello della prima fase di sviluppo. Aziende come la nostra hanno bisogno di investimenti importanti per un periodo di tempo prolungato, ancora prima di raggiungere l’equilibrio finanziario e quindi abbiamo bisogno di investitori importanti”.
Moneyfarm dal momento del lancio di capitali ne ha raccolti parecchi: siamo ormai a quota 23 milioni di euro, dopo l’ultimo investimento da parte di Allianz circa un anno fa. Ma non è solo una questione di soldi. “A Londra è molto più facile trovare talenti per il nostro settore. Arrivano giovani da tutto il mondo molto preparati sul fronte tecnologico, cosa che invece non è così comune in Italia. E poi c’è la questione dell’ecosistema. Il confronto con gli altri, lo scambio di idee continuo fa la differenza”. Ed è per questo che, anche secondo Galvani, l’idea del Fitech District per Milano è un’iniziativa interessante.
Ieri, in un’intervista al Corriere della Sera, Fabrizio Pagani, capo della Segreteria tecnica del Ministro Padoan, ha evidenziato come il Distretto sia un tassello di una strategia più ampia per fare del capoluogo lombardo un hub finanziario europeo. Per questo “sono in corso contatti con tutti gli operatori finanziari attivi nella city di Londra che devono assumere delle decisioni in vista della Brexit. È stato formato un Comitato, nel quale sono rappresentati il Comune di Milano e la Regione, oltre ad altre autorità e lo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze, che segue questi aspetti”. Per sottolineare l’attrattività dell’Italia, Pagani ha anche ricordato che “con la legge di Bilancio 2017 sono stati inseriti sgravi del 50% sulle tasse, per cinque anni, ai professionisti che vengono, o tornano, in Italia a lavorare”.
Non a caso a presidiare l’inaugurazione del Fintech District ieri c’era anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che sottolineato che “Milano è una città con il glamour internazionale, ma che è una città semplice e competitiva. Qualche esempio? Con la nuova metropolitana si andrà con 1,50 euro da San Babila a Linate in 14 minuti e abbiamo centinaia di migliaia di iscritti al car sharing e al bike sharing”
Bankitalia, fintech è rischio-opportunità per le banche tradizionali.
“Le banche italiane si stanno liberando della pesante zavorra accumulata nei durissimi anni di recessione dell’economia reale. Il grado di capitalizzazione è in miglioramento; grazie alla ripresa congiunturale e agli interventi effettuati, i prestiti deteriorati si stanno riducendo a ritmi che solo pochi mesi fa alcuni ritenevano irraggiungibili. (…) La sfida che si pone ora di fronte alle banche è quella di riportare la redditività su livelli soddisfacenti”, ha detto il vicedirettore generale di Banca d’Italia, Fabio Panetta, intervenendo all’inaugurazione del Fintech District ieri (clicca qui per il testo integrale dell’intervento).
Panetta ha aggiunto che con il ricorso alla tecnologia le banche “potranno ridurre i costi e migliorare la qualità dei servizi. Al tempo stesso la tecnologia abbatte le tradizionali barriere all’ingresso nei mercati del credito e dei servizi finanziari e comprime i loro margini di profitto. L’effetto finale sulla redditività non è pertanto agevole da prevedere. Le banche dovranno in ogni caso effettuare investimenti ingenti in tecnologia per sopravvivere”.
In ogni caso, però, ha continuato Panetta, smorzando le speranze della platea, “va garantita la parità di condizioni tra operatori tradizionali e nuovi operatori, per stimolare una concorrenza sana, basata sul principio secondo cui a rischi uguali si applicano norme anch’esse uguali. In questo quadro, una regolamentazione ad hoc per le fintech non risponderebbe a criteri di efficacia, in quanto le imprese innovative svolgono funzioni diverse tra loro e riconducibili ad attività già disciplinate da norme specifiche. (…) Nel settore dei pagamenti il legislatore ha già aperto il mercato ad altri intermediari (Istituti di Pagamento e Istituti di Moneta Elettronica), prevedendo per questi requisiti normativi coerenti con i rischi assunti, quali un capitale iniziale inferiore a quello stabilito per le banche e un regime semplificato per il calcolo dei fondi propri”.
Insomma, la possibilità della cosiddetta “sandbox”, cioè di una sorta di spazio protetto a regolamentazione limitata all’interno del quale la startup fintech possa testare il proprio servizio, sembra essere proprio remota, con buona pace delle startup che in questo settore, per partire, hanno spesso bisogno di capitali importanti, proprio per rispettare le normative.
“Per quanto ci riguarda abbiamo ottenuto l’autorizzazione a operare come intermediario iscritto all’albo come da art. 106 del Testo Unico Bancario in cinque mesi. Tuttavia abbiamo dovuto fare investimenti importanti per poterla ottenere”, ha detto Ignazio Rocco di Torrepadula, cofondatore di Credimi, piattaforma web che acquista fatture commerciali dalle aziende, le cartolarizza e le rivende a investitori istituzionali. Credimi ha raccolto 8 milioni di euro dagli investitori per potersi dotare da un lato dei capitali necessari per far partire la piattaforma e dall’altro per potersi presentare a Banca d’Italia con i numeri a posto, mentre, “un nostro concorrente estero, da anni sul mercato e con un intermediato molto importante, solo da pochi esi ha ottenuto un’analoga autorizzazione definitiva in Regno Unito. Sinora, invece, ha operato con autorizzazioni provvisorie più volte rinnovate”. Rocco di Torrepadula si riferisce a Funding Circle, uno dei big del settore in Europa.
A breve il “Canale finetch” sul sito di Banca d’Italia.
Detto questo, Panetta ha comunque voluto dimostrare apertura al fintech e, è qui l’altra buona notizia, ha annunciato che “al fine di facilitare la sperimentazione di soluzioni innovative abbiamo con gli operatori un dialogo continuo; esso ha ora un suo rilievo autonomo nel Piano Strategico 2017-19 della Banca d’Italia. Nei prossimi giorni daremo avvio al ‘Canale Fintech’, uno spazio dedicato a queste tematiche i cui riferimenti saranno pubblicati sul nostro sito istituzionale. Il canale rafforzerà il confronto con gli operatori di mercato, rendendo disponibile un percorso facilmente accessibile e un contesto proattivo, in grado di favorire il processo di innovazione nel nostro Paese”.
Il tutto, ha detto ancora Panetta, tenuto conto del fatto che “è essenziale uno stretto coordinamento fra autorità nazionali ed estere: l’integrazione dei mercati europei richiede, specia per attività cross-border, regole comuni da applicare con criteri omogenei. A tale scopo, la Banca d’Italia partecipa attivamente ai comitati internazionali che affrontano il tema dell’innovazione finanziaria”.
Consob al lavoro per fare il punto sulla normativa fintech.
Il vice direttore generale di Consob, Giuseppe D’Agostino, ha detto ieri che l’Authority sta lavorando con 12 università per verificare se la struttura normativa in tema di fintech sia in Italia in linea con quella prevalente a livello europeo o se ci siano dei correttivi da introdurre . L’analisi sarà pronta a fine anno e sarà presentata a inizio 2018.
Peraltro proprio questo è lo spirito che ha mosso la Commissione Finanze della Camera a intraprendere una indagine conoscitiva sul fintech in Italia, partita un paio di settimane fa e tuttora in corso, su iniziativa dell’on. Sebastiano Barbanti (si veda altro articolo di BeBeez), a sua volta presente ieri a Milano al Fintech District.
L’indagine si propone infatti di acquisire conoscenze del settore, del suo impatto sull’ecosistema finanziario-bancario nonché degli interventi normativi da realizzare per tutelare i risparmiatori, ridurre i rischi sistemici, creare un contesto favorevole per l’ingresso di nuovi capitali dall’estero e favorire lo sviluppo del settore.