Ha chiuso la raccolta con ben 1,4 miliardi di euro di impegni sottoscritti da 22 investitori italiani e internazionali FSI Mid Growth Equity Fund, il primo fondo lanciato da FSI sgr. Lo ha raccontato a MF Milano Finanza Maurizio Tamagnini, amministratore delegato dell’sgr, controllata al 51% dal management e per il resto da Cdp e Poste Vita (i lettori di BeBeez News Premium 12 mesi possono leggere qui l’Insight View sullo stato del fundraising dei fondi di private capital italiani, scopri qui come abbonarti a soli 20 euro al mese).
Nomi di investitori non ne fa, ma il tam tam del mercato dice che della partita sono per esempio Mediolanum, il leader dei Pir, che ha recentemente anche lanciato l’investment banking. Così come ci sono tutte le principali banche italiane da UniCredit, a Intesa Sanpaolo, a Banco-BPM, sino a Mediobanca. Ci sono anche le Fondazioni Cariplo e CRT e poi ovviamente ci sono Cdp e Poste Vita. Infine, nel parterre son presenti i primari investitori internazionali in fondi di capitale di rischio, tra cui Tikehau Capital, e alcuni fondi sovrani come Kuwait Investment Authority, l’European Investment Fund, Temasek (fondo sovrano di Singapore) e SOFAZ (State Oil Fund of Republic of Azerbaijan).
Tamagnini ha sottolineato: “Abbiamo creato quello che è il più grande fondo di capitale di rischio g rowth che abbia come focus un unico paese europeo, che possono diventare 3 miliardi di euro con i co-investimenti”, visto che “i nostri investitori si sono detti disposti a co-investire con noi. Stimiamo quindi che la nostra capacità di investimento sia in realtà addirittura doppia rispetto a quanto raccolto. Tenuto peraltro conto del fatto che il nostro approccio all’investimento prevede un ricorso all’indebitamento molto basso o anche nullo, per finanziare i piani di sviluppo delle aziende investite”.
A livello aggregato gli investitori sono stati per due terzi italiani e per un terzo esteri. In particolare c’è un 18% di investitori istituzionali italiani. Abbiamo poi un 9% di investitori istituzionali esteri. Abbiamo un 27% di banche europee, un 18% di assicurazioni europee, un 14% di family office europei e un 14% di fondi sovrani.
Tamagnini ha spiegato che gli investitori esteri non hanno avuto timori a investire in Italia perchè nel nostro paese oggi ci sono grandi opportunità: “Abbiamo una base industriale che per il 93% è ancora totalmente in mano alla famiglia del fondatore, che ora deve affrontare il passaggio generazionale. Abbiamo una cultura del capitale di rischio che si sta diffondendo tra gli imprenditori che vogliono far fare il salto dimensionale alle loro aziende e farle cresce a livello internazionale. E abbiamo un trend di trasformazione del credito bancario in capitale di rischio. E poi le aziende alle quali guardiamo noi hanno già tutte in media un 70% di fatturato prodotto all’estero e questa percentuale crescerà”.
Il management team di FSI oggi comprende 34 professionisti di cui altri tre partner, oltre allo stesso Tamagnini: il chief investment officer Barnaba Ravanne, Marco Tugnolo e Carlo Moser. FSI può poi contare sulla collaborazione di quattro industrial partners che hanno ricoperto ruoli di top management in grandi multinazionali: Umberto della Sala (Foster Wheeler), Michele Norsa (Ferragamo), Eugenio Razelli (Magneti Marelli) e Carlo Bozotti (STMicroelectronics).
A oggi il fondo ha già investito il 25% della raccolta, in Missoni, nel gruppo di componentistica auto Adler, nel gruppo ICT per le banche Cedacri e nel produttore di packaging per la cosmetica Lumson.
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