Assogestioni, l’associazione che rappresenta gli operatori del risparmio gestito italiani, ha proposto l’introduzione di Pir (Piani individuali di risparmio) alternativi, specializzati in pmi (si veda qui il comunicato stampa).
L’obiettivo è contribuire maggiormente al sostegno dell’economia reale, in particolare alle imprese di minori dimensioni, contribuendo al rilancio degli investimenti in Italia, soprattutto nei segmenti di mercato meno liquidi. Tuttavia, secondo Assogestioni, i Pir esistenti non sono del tutto adatti per perseguire questo obiettivo, a causa del vincolo di investimento di 30 mila euro all’anno, fino a un totale di 150 mila euro e del limite di concentrazione al 10%.
Assogestioni propone quindi il lancio di Pir alternativi, che a differenza di quelli ordinari:
- sono destinati a clienti più evoluti, ossia con maggiori patrimoni, una soglia di investibilità più alta, una superiore capacità di detenere titoli nel lungo e lunghissimo termine;
- godono di soglie di investimento più capienti, mutuate ad esempio dai limiti previsti dalla normativa sugli Eltif (che prevedono una soglia di 150 mila euro all’anno per un importo complessivo massimo di 1,5 milioni), oppure più elevati;
- sono realizzati tramite l’utilizzo di veicoli di investimento per i quali non sussistono i problemi di liquidità tipici dei fondi aperti: Eltif, fondi di private equity, fondi di private debt;
- prevedono specifici vincoli qualora l’investimento sia diretto, per almeno il 70% del valore complessivo del piano, a beneficio di imprese di piccole dimensioni;
- aumentano dal 10 al 20% il limite alla concentrazione degli investimenti;
- includono nell’oggetto dell’investimento agevolato anche le fonti di finanziamento alternative al canale bancario;
- estendono i benefici fiscali previsti dalla normativa Pir anche a favore di piani di risparmio che, per almeno i due terzi dell’anno solare di durata del piano, investano almeno il 70% del valore complessivo in:
– strumenti finanziari emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabile organizzazione nel territorio dello Stato, diverse da quelle inserite negli indici FTSE Mib e FTSE Mid Cap della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati (percentuale che nei Pir ordinari ammonta attualmente al 3,5% del valore complessivo del piano);
– in prestiti erogati alle predette imprese;
– in crediti delle medesime imprese.
Per quanto riguarda, invece, tutte le altre disposizioni relative al funzionamento del Pir (holding period, divieti di investimenti, ecc.) troverebbero applicazione le regole applicabili ai Pir ordinari.
L’idea piace al mercato. Per esempio, Luigi De Bellis, co-head dell’ufficio studi di Equita, ha detto pche le proposte di Assosgestioni “vanno nella direzione di sostenere l’economia reale e far affluire capitali a categorie di aziende il cui accesso al mercato è più difficile, in una fase di forte pressione creata dall’emergenza Covid-19, che impatta maggiormente le pmi rispetto alle grandi aziende. Le proposte sono inoltre complementari rispetto ai Pir ordinari, quindi vanno nella giusta direzione”.
Se le proposte di Assogestioni fossero approvate, costituirebbero la terza modifica alla normativa sui Pir. A fine novembre 2019, era stata approvata all’unanimità dalla Commissione Finanze della Camera una revisione della disciplina dei Pir, contenuta in un emendamento al Decreto fiscale. La modifica prevedeva la sostituzione dei due vincoli del 3,5% da investire rispettivamente su Aim e in fondi di venture capital con un unico vincolo del 5% del 70% del patrimonio complessivo da destinare a società di medio-piccola capitalizzazione diverse da quelle inserite nell’indice Ftse Mib e Fitse Mid della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati (si veda altro articolo di BeBeez). A fine ottobre aveva iniziato l’iter in Commissione Finanze un ddl a firma di Sestino Giacomoni, vice presidente della Commissione Finanze in quota Forza Italia, sempre con l’obiettivo di modificare la normativa sui Pir (si veda altro articolo di BeBeez). Giacomoni è stato il primo firmatario dell’emendamento riformulato da Governo e maggioranza.
Un’altra modifica alla normativa era stata apportata nell’aprile 2019 (si veda altro articolo di BeBeez) dal Decreto sui Pir (Decreto 30 aprile 2019. Disciplina attuativa dei piani di risparmio a lungo termine), che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 maggio e che si applica ai Pir costituiti dal primo gennaio 2019. Quel decreto è il decreto attuativo delle norme contenute nella Legge di Bilancio 2019 che ridefiniscono le regole di investimento alle quali si devono attenere i Pir per ottenere gli sgravi fiscali previsti dalla Legge di Bilancio 2017 (art 1, commi da 100 a 114). In quell’occasione era stato previsto che il 3,5% dell’ammontare complessivo del patrimonio dei Pir dovrà essere investita in quote o azioni di fondi per il venture capital o di fondi di fondi per il venture capital. Più precisamente, era stato stabilito che il 70% del valore complessivo del Pir sia investito: per almeno il 5% in strumenti finanziari quotati sui sistemi multilaterali di negoziazione (es. Aim Italia per le azioni e ExtraMot Pro per le obbligazioni), emessi da pmi ammissibili; e per almeno il 5% in quote o azioni di fondi/fondi di fondi per il venture capital, residenti in Italia o in Stati membri Ue o aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, pari quindi al 3,5% del patrimonio del Pir come previsto già dalla Legge di Bilancio 2019 (si veda altro articolo di BeBeez). La riforma di maggio 2019 prevedeva esplicitamente una finestra di revisione della normativa dopo sei mesi e infatti che il Governo stesse lavorando a una modifica della normativa sui Pir era noto da fine ottobre 2019 (si veda altro articolo di BeBeez).
Oltre a nuove modifiche alla normativa sui Pir, potrebbero essere finalmente varati incentivi per gli Eltif (European Long Term Investment Fund). Secondo i rurmor, potrebbero essere reinseriti dal Governo nel decreto Cura Italia bis.i Ricordiamo che il governo aveva introdotto per il 2020 anche per gli Eltif (European Long Term Investment Funds), così come per i Pir, un incentivo fiscale nella forma di detassazione dei capital gain per le persone fisiche che sottoscrivono Eltif (si veda altro articolo di BeBeez). Ma Anna Gervasoni, direttore generale di Aifi, l’Associazione Italiana per il Private equity, Venture Capital e Private Debt, aveva detto nei giorni scorsi che “purtroppo, però, a oggi l’applicazione di questa norma non è possibile, perché sino a poche settimane fa non era stata fatta formalmente la richiesta (notifica) alla Commissione europea, per accertarsi che non venga considerata un aiuto di Stato. Al momento c’è un dialogo aperto e quindi speriamo che la questione si risolva a breve”. Gervasoni aveva anche auspicato che la norma venisse riproposta anche per il 2021. Se la norma diventasse operativa, quindi, una maggiore quantità di risparmio si potrebbe convogliare in investimenti illiquidi a supporto delle pmi italiane. In particolare, in questo caso si tratterebbe del risparmio del private banking, visto che in genere gli Eltif prevedono ticket minimi di investimento di 100 mila euro. A
Anche gli incentivi agli Eltif incassano il plauso di Equita. Sempre De Bellis, ha commentato: “A nostro avviso gli Eltif sono lo strumento ideale per promuovere l’investimento in piccole e medie imprese per una serie di ragioni: sono fondi chiusi potenzialmente collocabili anche agli investitori retail; la natura di fondi chiusi garantisce agli Eltif il tempo necessario per investire e liquidare gli investimenti su un periodo di diversi anni; lascia flessibilità al gestore di lanciare un fondo focalizzato sull’equity, sul debito o altre asset class”.