La crisi da Covid-19 potrebbe spostare la bilancia dall’ipo di Sia, il gruppo leader nei servizi e nelle infrastrutture di pagamento, controllato da Cdp Equity, a favore di una fusione tra Sia e Nexi. Lo ha scritto nei giorni scorsi Il Messaggero, riferendo di un Consiglio di amministrazione di Sia che si sarebbe tenuto alla fine della scorsa settimana e che avrebbe preso atto delle avance di Nexi che a sua volta ha tenuto il suo board nei giorni scorsi.
Dopo colloqui avvenuti nelle due passate settimane fra gli advisor delle parti, adesso che il dossier è infatti arrivato sul tavolo dei due board.
Il Cda di Sia ha nominato JP Morgan advisor finanziario unico per tutte le sue operazioni straordinarie, ivi compresa la sua quotazione in Borsa. Quest’ultima è stata approvata dal Cda nel febbraio scorso, ed era stata prevista entro l’estate 2020 (si veda altro articolo di BeBeez). Ma ovviamente la crisi da coronavirus rende ora quanto meno dubbia l’ipotesi di uno sbarco in Borsa, visti gli effetti montagne russe sui mercati finanziari.
Dell’ipo si parlava da oltre un anno. Nel febbraio 2019, in occasione dell’approvazione del piano industriale 2019-2021, l’amministratore delegato Nicola Cordone aveva detto che se Sia avesse deciso per l’ipo, avrebbe puntato a una raccolta di 1 miliardo di euro e l’operazione sarebbe consistita in parte in un aumento di capitale e in parte nella cessione di una fetta delle quote azionarie in mano ai soci (si veda altro articolo di BeBeez). Si diceva che l’azienda sarebbe potuta sbarcare in Borsa con una capitalizzazione di oltre 4 miliardi di euro, dopo un aumento di capitale in ipo da 1-1,5 miliardi di euro, in linea con i numeri già proposti da BeBeez nei mesi scorsi (si veda altro articolo di BeBeez).
Ma l’ipotesi ipo non è l’unica sul tavolo. A fine gennaio un report di Goldman Sachs ipotizzava per Sia un enterprise value di 3-3,5 miliardi di euro nel caso di merger con Nexi, che darebbe vita a un campione nazionale con una quota di mercato di circa il 70% (45% Nexi, 25% Sia), generando importanti sinergie di costo. A comprare sarebbe Nexi, che potrebbe pagare con un mix di azioni e debito.
I fondi Advent International, Bain Capital e Clessidra, tramite Mercury UK Holdco, avevano comprato il controllo di Nexi (allora Icbpi) nel 2015 (si veda altro articolo di BeBeez), hanno poi diviso da un lato le attività di pagamento e dall’altro quelle di banca depositaria, convogliate in DEPOBank (si veda altro articolo di BeBeez), e poi quotato il nuovo gruppo Nexi dedicato alle attività di pagamento nell’aprile 2019 (si veda altro articolo di BeBeez). Lo scorso gennaio Mercury ha ceduto circa 48,5 milioni di azioni di Nexi, pari al 7,7% del capitale, con una procedura di accelerated bookbuilding, scendendo così dal 60,1% al 52,4%. La vendita segue l’accordo con Intesa Sanpaolo, che nel dicembre scorso ha annunciato che rileverà per 653 milioni di euro il 9,9% di Nexi, contestualmente all’acquisizione da parte di quest’ultima per un miliardo di euro delle attività di merchant acquiring del gruppo bancario guidato da Carlo Messina (si veda altro articolo di BeBeez). L’operazione è ancora in stand by, in attesa dell’ok dell’Antitrust Ue.
Sia ha chiuso il 2019 con ricavi consolidati a quota 733,2 milioni di euro (+19,3% dal 2018) e un ebitda di 257,9 milioni (+28,1%), un ebitda rettificato di 257,7 milioni (+28,1%) e un utile netto di 95,6 milioni (+24,7%), a fronte di una posizione finanziaria netta salita a 812,4 milioni di euro (+12,2%) per effetto degli investimenti e dell’adozione del nuovo principio contabile relativo ai leasing (si veda altro articolo di BeBeez).
A spingere per accelerare i tempi di una possibile fusione è la pressione messa sul mercato europeo dei pagamenti dall’acquisizione per 7,8 miliardi di Ingenico da parte di Worldline, in una fusione tutta francese, che crea il leader europeo e il quarto player globale nei servizi di pagamento elettronico, con 5,3 miliardi di ricavi proforma (si veda qui il comunicato stampa).
Sul fronte della valutazione, l’ultimo punto di riferimento ufficiale è il dato dello scorso novembre, quando F2i sgr e HAT sgr hanno ceduto le rispettive quote in Sia a Cdp Equity e Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno ceduto le loro a FSIA Investimenti (30% Poste Italiane e 70% FSI Investimenti, che a sua volta è controllata al 77% da Cdp Equity e per il restante 22,88% dalla Kuwait Investment Authority). Al termine dell’operazione, Cdp Equity ha quindi comprato il 25,69% di Sia, mentre FSIA è salita dal 49,48% al 57,5%, per un totale quindi di Cdp Equity dell’83,19% tra Cdp Equity e FSIA. Il resto del capitale continua invece a fare capo a Banco Bpm, Mediolanum e Deutsche Bank (si veda altro articolo di BeBeez).
L’operazione con i fondi, come anticipato da BeBeez nel maggio 2019 (si veda altro articolo di BeBeez), è stata condotta sulla base di un equity value di Sia di 2,4 miliardi di euro e di un enterprise value di circa 3,2 miliardi, pari a 12,5 volte l’ebitda atteso per il 2019 e 14,6 volte l’ebitda normalizzato 2018, che è stato di 222 milioni di euro, a fronte di ricavi netti per 614,8 milioni e di una posizione finanziaria netta di 723,9 milioni di euro. L’operazione con le banche, invece, è avvenuta sulla base di una valutazione più bassa, perché fissata da un’opzione call che è stata esercitata. Partendo quindi da quell’equity value di 2,4 miliardi per Sia e aggiungendo un aumento di capitale da 1-1,5 miliardi, si arriva a 3,4-3,9 miliardi di euro di capitalizzazione post aumento. Ovviamente per un’ipo si proverebbe a partire da un equity value pre-money un po’ più alto e quindi l’ipotesi di sbarco in Borsa per Sia con una capitalizzazione di oltre 4 miliardi appare ragionevole.