Se il mercato potenziale della supply chain finance in Italia a fine 2018 valeva 483 miliardi di euro e di questo totale il 31% (150 miliardi) era già servito da soluzioni che consentono alle imprese di finanziare il capitale circolante, allora ci sono poco più di 300 miliardi di crediti commerciali che possono essere ancora smobilizzati dai bilanci delle aziende italiane: un ricco tesoro in questo momento di crisi di liquidità per colpa del lockdown da coronavirus. E’ questo il ragionamento proposto da Matteo Tarroni, founder e ceo della piattaforma di invoice trading Workinvoice (si veda qui l’analisi di Workinvoice).
Tornando ai numeri, la stima della dimensione del mercato rappresenta il totale del montecrediti, comprensivo di crediti di natura commerciale, delle imprese italiane che al 31 dicembre 2018 registravano ricavi maggiori di 500 mila euro, sulla base del database Leanus ed è stata proposta dall’Osservatorio Supply Chain Finance della School of Management del Politecnico di Milano, che pochi giorni fa ha presentato i risultati della sua ricerca annuale (si veda altro articolo di BeBeez). Un quadro che però nel corso del 2019 si è già molto modificato con uno sviluppo importante della supply chain finance innovativa. Come emerge, infatti, dal Report BeBeez Private Debt e Direct lending 2019, disponibile per gli abbonati di BeBeez News Premium, l’anno scorso le piattaforme di invoice financing hanno intermediato ben 1,12 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti 50 milioni intermediati dall’unica piattaforma attiva di dynamic discounting, che è FinDynamic (si veda altro articolo di BeBeez).
Con questo numero nel background, Tarroni sottolinea che “il Decreto Liquidità vuole spingere le banche a erogare prestiti veloci a tutte le imprese in difficoltà per il coronavirus. Ma ha scordato uno strumento alternativo e altrettanto efficace per l’attuale fase di emergenza: ovvero estendere la garanzia pubblica alle compagnie che offrono coperture assicurative del credito. Uno strumento attivato da Francia e Germania, con il placet dell’Ue”. In questo modo, “anche nel nostro Paese si potrebbero così rendere disponibili soluzioni di finanza addizionale (dal factoring all’invoice trading) che, se garantite dalle compagnie, permetterebbero di monetizzare 300 miliardi di euro di fatture non incassate dalle pmi, molte delle quali non sarebbero costrette a indebitarsi per superare la temporanea mancanza di liquidità”.
Monetizzare i crediti commerciali significherebbe rifornire le aziende di cassa senza appesantirne i bilanci. Ma perché ciò avvenga in maniera efficace, dice ancora Tarroni, “sarebbe utile eliminare il rischio di mancato pagamento, con una copertura assicurativa, che le compagnie di assicurazione crediti a loro volta sarebbero incentivate a offrire a fronte di una garanzia pubblica, in tutto simile a quella vigente per le banche che erogano prestiti”.
Un concetto, questo, che va di pari passo con la proposta appena avanzata da Assifact (si veda altro articolo di BeBeez). Nel dettaglio Assifact propone la costituzione di un fondo di garanzia per la cessione di crediti, in modo che, nell’ambito di un plafond specifico con appropriati meccanismi di funzionamento, lo Stato potrebbe intervenire garantendo l’importo in conto capitale dei debiti commerciali delle imprese ceduti a banche e intermediari finanziari come le società di factoring, riducendo tempi e costi e liberando così ulteriore capacità di credito per le imprese. L’idea di Workinvoice è quella di inserire un ulteriore soggetto nella catena, che sarebbe l’assicuratore del credito, il quale sarebbe il beneficario della garanzia.
I vantaggi per le imprese cedenti ma anche per tutta la filiera di cui esse fanno parte sarebbero diversi. Il primo è, come già accennato, che la cessione delle fatture non crea debito in capo all’azienda: al contrario, il prestito bancario, anche se garantito dallo Stato, deve essere in ogni caso restituito dalle imprese alle banche entro 6 anni. La misura, infatti, è a favore dei soggetti eroganti (le banche) che in caso di insolvenza dell’impresa possono affidarsi alla garanzia. L’impresa, se non onora il suo debito, fallisce comunque. Al contrario, vendendo i propri crediti commerciali la situazione debitoria dell’azienda non muta, mentre migliora la sua posizione finanziaria netta.
La cessione delle fatture è, inoltre, una misura mirata che consente di allocare le risorse non “a pioggia”, rischiandone la dispersione anche verso aziende che erano già in difficoltà prima dell’emergenza, ma esattamente nel sistema produttivo, laddove possono creare valore. A fronte di ogni fattura esiste infatti un bene o un servizio scambiato tra imprese attive e operative, che hanno reale probabilità di ripartire.
Infine, questo meccanismo finanziario incentiva l’effetto positivo di trasmissione: se un’azienda incassa la fattura in tempi brevi perché è riuscita a cederla a un intermediario finanziario, pagherà prima i fornitori, generando un effetto benefico sulla filiera.
“È evidente che la situazione di profonda crisi che stiamo vivendo aumenta la probabilità di insolvenza delle imprese, rendendo sia l’erogazione di prestiti che l’assicurazione dei crediti estremamente più rischiose per gli operatori privati. Per questa ragione lo Stato ha concesso varie garanzie pubbliche a sostegno del credito di emergenza e per lo stesso motivo dovrebbe incentivare in modo simile anche le assicurazioni”, dice Claudia Messori, Head of Credit Financial Solutions di Willis Towers Watson, commentando la proposta di Workinvoice, e aggiunge: “Per far fronte alle conseguenze dell’attuale pandemia, in Francia è stato approvato dalla Commissione Europea un intervento da 10 miliardi di euro per offrire garanzie sulle coperture assicurative di secondo livello alle compagnie private. Un programma simile, della dimensione di 30 miliardi, lo ha varato il governo federale della Germania, dove l’assicurazione sui crediti esiste già per circa il 15% dell’export tedesco”.
Workinvoice ha condotto alcune simulazioni sul bilancio di un’ipotetica pmi con fatturato di 10 milioni e margine lordo 5% di una cessione totale e garantita dei crediti commerciali dopo una chiusura totale di 3 mesi verso un finanziamento a medio-termine erogato a maggio che potrebbe rivelarsi insufficiente a gestire il capitale circolante se d’importo contenuto, oppure troppo gravoso da rimborsare se d’importo maggiore.
Come è possibile leggere nel primo grafico, se l’azienda ricorre a un prestito di un milione di euro a maggio, si crea una liquidità eccessiva, che viene lasciata per mesi sul conto corrente in modo improduttivo, mentre il ciclo di cassa ne porta di nuova anche nei mesi in cui i motori sono spenti.
Il crollo arriva 90–120 giorni dopo e a fine anno si esaurisce rapidamente, se il business riparte.
Ipotizzando un crollo del fatturato del 35% nel 2020 e un recupero parziale (del 20-25%) nel 2021, questa crescita assorbe capitale circolante e la posizione di liquidità si deteriora, diventando negativa nell’ultimo trimestre del nuovo anno.
Al contrario, come si può apprezzare nel secondo grafico, finanziandosi attraverso linee garantite che coprono tutte le fatture emesse da smobilizzare (ottenendo in pochi giorni il 90% del valore facciale), l’azienda ottiene due benefici principali: la posizione di liquidità si mostra più equilibrata e flessibile, riflettendo l’andamento del fatturato. Inoltre, resta aperta la possibilità, dopo la ripartenza nel 2021 e avere verificato la domanda di prodotti e servizi, di ricorrere al debito per effettuare nuovi investimenti.