Sono state 116.637 le unità immobiliari oggetto di aste immobiliari pubblicate nel 2020 durante il solo periodo di attività dei tribunali, per un controvalore di immobili a base d’asta pari a circa 16,98 miliardi di euro, per un valore medio di 64.700 euro. Lo rende noto il Centro studi AstaSy Analitics di NPLs RE_Solutions nel suo Report Aste 2020 – Time Out, precisando come sia impossibile parlare di un calo percentuale, poiché le stesse aste si sono bruscamente interrotte, e alcune ancora lo sono, a causa dell’emergenza Covid-19. Difficile, quindi, paragonare il dato 2020 con quello del 2019 (si veda altro articolo di BeBeez), quando le pubblicazioni erano state 204.632 per un controvalore di immobili complessivo a base d’asta di circa 28,4 miliardi per un valore medio di circa 65 mila euro (si veda qui il comunicato stampa e qui lo studio completo).
Secondo Astasy, è possibile stimare che, ove non vi fossero state delle alterazioni così gravi al sistema dovute dai protocolli avanzati per far fronte alla pandemia, il numero quest’anno avrebbe potuto, statisticamente, aggirarsi intorno alle 240.000 unità. Da qui si evince che le aste potenzialmente rinviate sono state circa 123.000.
Mirko Frigerio, fondatore e vicepresidente esecutivo NPLS RE Solutions e presidente del Centro Studi AstaSy Analytics, ha commentato: “Il mancato recupero nell’anno 2020 è potenzialmente stimabile in circa 8,6 miliardi di euro, assunto dalla differenza dei valori posti in asta nel 2019 rispetto ai valori del parziale 2020. È questa quindi la cifra che i creditori non recupereranno nei business plan dell’anno 2020, ma non possiamo ancora parlare di perdita, al momento si tratta solo di un allungamento dei tempi”.
Frigerio spiega che “sul mancato recupero sarebbe possibile intervenire in due modi. La prima ipotesi è che il mondo del recupero si riaffidi solo ed esclusivamente alla giustizia e che veda, probabilmente, ulteriori allungamenti temporali (almeno altri 365 giorni) e che a causa di altre dinamiche i beni posti all’asta siano attenzionati solo da addetti ai lavori e investitori, portando gli scenari a una ipotesi di perdita sul valore del recupero di un 25%. La seconda ipotesi è che banche e servicing mettano in atto, come alcuni già fanno, attività stragiudiziali quali la chiusura attraverso l’accordo con il debitore, la cessione di crediti (anche single name) e l’attività di Reoco e anche l’offerta d’acquisto diretta alle procedure concorsuali. Questo secondo e auspicabile scenario potrebbe addirittura migliorare le performance del recupero, distraendo l’attività dalla sola partecipazione all’asta, e porterebbe maggior consapevolezza della gestione proattiva dei portafogli gestiti come singoli asset e non solo come numeri in un business plan. Le conseguenze, tutte positive, sarebbero la riduzione dei tempi di incasso, l’aumento dei flussi di rientro e le minori spese di giustizia”.
Tornando ai dati 2020, delle 116.637 aste totali, oltre il 41% ricade nelle regioni del Nord Italia. Sono ai primi 5 posti, con quasi il 50% del totale delle esecuzioni italiane, la Lombardia (16,7%), seguita da Sicilia (10%), Emilia-Romagna (7,11%), Veneto (7%) e Lazio (7%). Il tutto con 20 province che, da sole, rappresentano poco più del 42% su base nazionale (Roma e Milano rappresentano il 4% ciascuna).
A differenza degli anni precedenti, quando tra il 60% e il 70% delle unità immobiliari all’asta era di tipo residenziale, nel 2020 il residenziale ha rappresentato soltanto poco più del 30% del numero totale delle unità. L’anno, infatti, è stato contraddistinto dai decreti anti-pignoramento, che, da un lato, hanno impedito l’attivazione di nuovi avvii, rinviando quindi, sino a dopo lo stato di crisi pandemica, tutte le attività legate al creditore precedente e quindi mettendo in stand by i nuovi pignoramenti e le nuove udienze per l’effettiva messa in asta dei beni immobili; e, dall’altro, hanno ulteriormente sospeso le aste di tutte le unità residenziali adibite a dimora principale.
In merito invece alla provenienza degli immobili messi all’asta, si tratta per il 70% di esecuzioni immobiliari, mentre per il 28% di procedure concorsuali. Infine, il restante 2% riguarda tutte le procedure di divisione giudiziale tra coniugi o eredi e/o cause civili, eredità giacenti che, pur passando dalla vendita all’asta del bene, non configurano un pignoramento o fallimento.
Da segnalare infine che ben 103.895 lotti, pari al 89% della composizione delle esecuzioni immobiliari, sono rappresentati da immobili il cui valore in asta è inferiore a 250 mila euro, per 6,7 miliardi di euro complessivi ossia il 40% del valore complessivo di tutti i beni posti in asta nel 2020. Sono invece 10.333 i lotti, pari all’ 8% della composizione delle esecuzioni immobiliari, costituiti da beni il cui valore in asta è compreso tra i 250 mila euro e un milione di euro, per un valore base d’asta complessivo di circa 4,7 miliardi di euro (28% del valore complessivo).
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