Ci sono volute soltanto 24 ore perché nei giorni scorsi si concludesse una complessa operazione di trade finance condotta da Hsbc e Ing per il gruppo Cargill su un carico di semi di soia da esportare dall’Argentina, attraverso il braccio commerciale di Ginevra di Cargill, in Malesia, dove l’acquirente ultimo era la Cargill di Singapore. E’ accaduto grazie all’utilizzo della tecnologia blockchain (scarica qui il comunicato stampa).
Lo scrive MF Milano Finanza in edicola da sabato 9 giugno, all’interno dell’inchiesta che riepiloga i temi salienti trattati nel corso della Milano Finanza Digital Experience Week che si è tenuta dal 4 al 7 giugno scorsi e di cui BeBeez è stato partner.
Di solito gli scambi di documentazione cartacea relativa alle lettere di credito per operazioni di questo tipo richiedono dai 5 ai 10 giorni, perché gli attori in gioco sono molti (si veda qui un working paper di Boston Consulting Group, che seppure del 2015 è tuttora molto interessante perché ripercorre i vari passi condotti dalle banche per digitalizzare il trade finance e arriva sino alla blockchain).
Invece in questo caso la lettera di credito è stata emessa da Hsbc a Ing che agivano per le due entità Cargill, utilizzando la piattaforma Corda di R3, la società di software, con sede a Londra e New York, partecipata da alcune delle principali istituzioni finanziarie globali per sviluppare applicazioni commerciali con tecnologia blockchain. Si è trattato del primo esperimento di questo tipo e ora la strada è spianata. Anche perché altre piattaforme stanno scaldando i motori e annunceranno a breve a loro volta le loro prime transazioni.
Le banche e vari altri soggetti finanziari stanno scommettendo davvero tanto sullo sviluppo delle Distributed Ledger Technologies, cioé di quelle tecnologie che permettono di distribuire il controllo di dati tra più soggetti, appunto come le blockchain. E lo fanno in gruppi, consapevoli del fatto che per avere successo l’applicazione della blockchain ha bisogno di venire adottata da quanti più soggetti possibili.
Proprio nei giorni scorsi R3 ha incassato altri 15 milioni di dollari (si veda Reuters), dopo il round di finanziamento da 107 milioni di dollari del maggio 2017 a opera di una quarantina di istituzioni di oltre 15 Paesi. I nuovi investitori, con 5 milioni di dollari ciascuno, sono il forex settlement provider CLS (si veda qui il comunicato stampa), il colosso dell’immobiliare di Singapore OUE e e il gruppo IT giapponese TIS (si veda qui il comunicato stampa).
Questi si affiancano quindi nel capitale di R3 ad azionisti del calibro di SBI Group, Bank of America Merrill Lynch, Hsbc, Intel, Temasek, Ing, Banco Bradesco, Itaú Unibanco, Natixis, Barclays, Ubs e Wells Fargo. Unico investitore italiano in R3 è il gruppo Intesa Sanpaolo, tramite il suo corporate venture capital, Neva Finventures (si veda altro articolo di BeBeez e il comunicato stampa di allora).
L’utilizzo della piattaforma Corda di R3 è aperto anche alle istituzioni non socie di R3 e infatti proprio nei giorni scorsi Abi ha annunciato che un gruppo di 14 banche italiane (Banca Mediolanum, Mps, Banca Sella, Bnp Bnp Paribas, Banca Popolare di Sondrio, Banco Bpm, CheBanca!, Credito Emiliano, Crédit Agricole, Credito Valtellinese, Iccrea Banca, Intesa Sanpaolo, Nexi Banca e Ubi), coordinate da AbiLab, sta sperimentando l’utilizzo della piattaforma Corda per applicare la blockchain al processo di spunta interbancaria, che verifica cioé la corrispondenza delle attività che interessano due banche diverse, ad esempio operazioni effettuate fra due clienti di due istituti. Il tutto con la collaborazione di Ntt Data per lo sviluppo applicativo e di Sia come fornitore dell’infrastruttura di nodi.
Il gruppo italiano leader europeo nelle infrastrutture e servizi tecnologici dedicati alle istituzioni finanziarie nelle aree dei pagamenti e dei mercati dei capitali, ha infatti siglato con R3 un accordo in base al quale mette a disposizione di R3 i 600 nodi della rete SIAnet, network in fibra ottica ad alta velocità e bassa latenza, lungo oltre 170 mila chilometri (si veda altro articolo di BeBeez).
Quasi pronta per varare le sue prime operazioni è anche we.trade, la società con sede a Dublino che gestisce le attività di una piattaforma basata su tecnologia blockchain per la gestione e il regolamento delle transazioni commerciali, soprattutto cross border, delle piccole e medie imprese, per le quali il ricorso al credito documentario o altre forme di assicurazione dei crediti sarebbe complesso ed economicamente insostenibile. Nata come consorzio con il nome provvisorio di Digital Trade Chain, we.trade si è poi strutturata come società lo scorso dicembre, con il capitale che oggi fa capo a nove banche europee, con Unicredit unica italiana del gruppo (Banco Santander, Deutsche Bank, Hsbc, Kbc, Natixis, Nordea, Rabobank, Société Générale e appunto Unicredit) (si veda altro articolo di BeBeez e qui il video del Caffé di BeBeez su blockchain).
Emanuele Cicco, Product Manager Trade & Working Capital Solutions di UniCredit e responsabile per la banca del progetto we.trade, intervenendo a un workshop nell’ambito della Milano Finanza Digital Experience Week nei giorni scorsi, ha sottolineato che “we.trade è una piattaforma che, oltre a fare sparire la carta, potrà abbattere i rischi commerciali per gli esportatori e renderà le transazioni simultanee, accorciando drasticamente i tempi di regolamento. In particolare, si rivolge alle piccole e medie imprese, per le quali il ricorso al credito documentario o altre forme di assicurazione dei crediti spesso è complesso ed economicamente insostenibile”. Inoltre Cicco ha ricordato che “tutte le banche che partecipano al consorzio e che utilizzano we.trade sono oggi anche azioniste della joint venture, ma in futuro sarà possibile per una banca aderire alla piattaforma anche senza entrare nella società che la gestisce e ne stabilisce le regole di funzionamento. La platea delle imprese utilizzatrici si potrà così ampliare significativamente”.