Alla Chiesa monumentale di San Francesco a Gualdo Tadino, in provincia di Perugia, è in corso la mostra – fino a fine ottobre – La stanza segreta. Capolavori della figurazione contemporanea dalla Collezione Massimo Caggiano, una selezione di capolavori – 70 opere di 40 artisti – a cura di Vittorio Sgarbi e Cesare Biasini Selvaggi. Abbiamo scelto di incontrare Massimo Caggiano per un confronto sul tema del collezionismo oggi in riferimento all’arte contemporanea.
Partirei dalla mostra di Gualdo Tadino, per capire come nasce la scelta di questa mostra nell’Umbria terra di santi e cosa l’ha affascinata?
“E’ stato un incontro casuale e dopo aver conosciuto in occasione di un incontro programmato nel mio appartamento il Sindaco di Gualdo Tadino e la Direttrice del Polo Museale della stessa cittadina ho ritenuto che fosse una buona opportunità poter donare parte della mia collezione d’arte per far nascere, in un edificio di Gualdo, il Museo della pittura e scultura di Figurazione”. (Qui a sn: L’Apocalisse a Gualdo Tadino. Dino Valls, Psicostasia, Polittico, 2005, olio su tavola, cm 218×280)
Partecipare alle mostre per un collezionista è un momento importante di visibilità oltre che di riscontro sui gusti del pubblico e forse sull’appetibilità delle proprie collezioni: qual è la sua opinione?
“Nel mio caso partecipare a mostre con opere della mia collezione o ancor più esporre parte della mia collezione facendole diventare vere mostre, come nel caso di Gualdo Tadino, risponde al desiderio che le mie opere non siano godute soltanto da me ma dal pubblico. Sono alla quarta esposizione della mia collezione in spazi pubblici, cominciando nel 2004 e 2015 da Salerno, la mia città natale per arrivare a Roma nel 2008 dove vivo.”
Come nasce una collezione e come si diventa collezionisti?
“Nasce soprattutto da una passione innata e una sensibilità alla pittura e scultura di figura di qualità. (qui a sn. Dino Valls, Caerulea, 2005, olio e foglia d’oro su tavola). Ho iniziato a comprare quadri all’inizio degli anni Ottanta, focalizzando la mia ricerca sulle opere di qualità che mi davano maggior piacere visivo: in particolare la tendenze figurative dell’arte italiana e internazionale, spaziando con disinvoltura dalla pittura alla scultura alle opere su carta. A 20 anni mi sono trasferito da Salerno a Roma per motivi di lavoro, con l’abitudine di frequentare con continuità le gallerie d’arte, tra cui lo spazio espositivo del Centro di Cultura degli Ausoni, con sede nell’ex Pastificio Cerere, per scovare artisti emergenti che avrebbero potuto abitare gli spazi della mia casa. E, nello stesso tempo, documentare la vivace scena creativa di quegli anni, accostando con disinvoltura tendenze, temi, scuole regionali e personalità diverse tra loro. Ho acquistato lavori figurativi di artisti che gravitavano attorno alla figurazione di matrice post-dechirichiana, come Alberto Abate, Giuseppe Brergomi, Carlos Forns Bada, Sigfrido Marti Begué, Stefano Di Stasio, Paola Gandolfi, Carlo Maria Mariani e Carlo Bertocci. Mi sono appassionato fin da subito alle correnti pittoriche dell’epoca come Anacronismo e Pittura Colta, sostenute e teorizzate da critici autorevoli quali Maurizio Calvesi e Italo Mussa. Nel tempo, e al di là delle mode, ho sempre seguito con passione l’arte di figura, acquistando anche opere di artisti stranieri che hanno aderito, ciascuno con il proprio linguaggio, al ritorno al piacere di fare pittura. Penso al britannico John Kirby (sono il suo primo collezionista italiano), allo spagnolo Dino Valls, all’argentina Lily Salvo, al ceco Jan Knap, o ancora a Philip Pearlstein, noto esponente della scuola realista statunitense.”
Passione e/o investimento, in quale rapporto e proporzione sono?
“È soprattutto passione. Un vero collezionista segue delle proprie linee guida per scegliere le opere che vanno ad aggiungersi ad altre e quindi può capitare di acuistare l’opera di un giovanissimo perché si è colpiti dalla capacità pittoriche e da quello che lo distingue di diverso con il suo racconto. Se poi le opere acquisite raggiungono quotazioni maggiori rispetto al momento dell’acquisto fa molto piacere. L’investimento è soprattutto su se stessi e per il piacere visivo di avere determinate opere.”
La scommessa sull’arte contemporanea è anche un investimento patrimoniale o piuttosto un azzardo?
“Per me è un azzardo.”
Nel suo caso come si è ‘stratificata’ la collezione e da cosa è stata dettata la scelta degli artisti? Esiste un fil rouge?
“La collezione ha inizio al termine degli anni Ottanta con le opere di artisti di figurazione che facevano parte di movimenti pittorici che prendono avvio in quel decennio dell’Anacronismo teorizzato da Maurizio Calvesi e la Pittura Colta teorizzata da Italo Mussa, come accennato. In questi trent’anni mi sono fatto guidare dalla bella e buona pittura e scultura di figura e ho raccolto più opere di tutti gli artisti che hanno fatto parte dei due movimenti accostando contemporaneamente opere di artisti internazionale che, vicini a queste tendenze e linguaggio, hanno esposto in Italia. Il fil rouge è dettato anche dalla scelta di opere che avessero in comune tematiche affini per lo meno, raggruppandole così con sottotitoli. Testimonianza ne è in parte la mostra di Gualdo Tadino dove vi sono diversi raggruppamenti. “Mai soli”, dipinti con all’interno due figure che dialogano tra loro; “Natività, Specchiati”, figure allo specchio; “Riflessi”, figure riflesse; “Volti Specchio dell’Anima” e altri con similitudini.”ù
Ci sono nuovi progetti all’orizzonte non solo in termini di acquisti?
“Ho sempre voluto documentare, raccontare, condividere la mia passione per l’arte figurativa, senza contare che il nostro Paese potrebbe vivere di cultura se il patrimonio storico-artistico italiano fosse adeguatamente valorizzato. (qui a sn,John Kirby, The Kiss, 1990, olio su tela, cm 122×91,5) A Gualdo Tadino è prevista l’apertura di una sede museale, il Museo della Ceramica e della Pittura e Scultura di Figurazione – Collezione Caggiano, dove la mia raccolta troverà sede permanente, con l’obiettivo di renderla fruibile al pubblico. Lo spazio dedicato alla pittura e scultura occuperà una superficie di circa 400 metri quadrati, dove saranno esposte circa 180 opere che ho selezionato personalmente.
Nei 400 metri quadri a disposizione, ho seguito il progetto di allestimento, e la disposizione delle opere. La pittura richiede la giusta intimità, quindi il giusto spazio espositivo. Mi piacerebbe delineare sezioni tematiche, giustapponendo autori diversi per stile e generazione. E poi voglio dare spazio alla mia attività di designer, un’avventura creativa che mi ha sempre appassionato, anche nei momenti esistenziali più difficili. Il percorso espositivo museale si aprirà con un focus sui miei arredi: il critico d’arte Edward Lucie-Smith li ha definiti “Mobili matematici” in virtù del loro ritmo compositivo di gusto geometrico-architettonico. Tra i pezzi esposti non mancherà la cassettiera “Le lune”, il primo mobile che ho disegnato, nel 1993. Nel tempo la presenza del motivo ornamentale e strutturale della sfera è diventato la mia sigla stilistica, come nel cassettiera piramidale “Orione”, pubblicata su prestigiose riviste internazionali tra cui AD, che l’ha tenuta a battesimo.”
Concludendo, torniamo alla mostra – promossa dal Polo Museale città di Gualdo Tadino, con il patrocinio del Comune di Gualdo Tadino e il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia – da dove è partita la nostra conversazione che l’Apocalisse a Gualdo Tadino dove l’opera di Dino Valls turba il pubblico e solleva interrogativi: Inferno o Paradiso? La bellezza, ci si chiede, se possa provocare insieme ad un senso di piacere confusione, vertigine, estraniamento, capogiro e inquietudine.
È quello che sta succedendo con il grande polittico di Dino Valls, Psicostasia, opera protagonista della mostra. C’è un filo sottile che separa il godimento dal dolore.
L’arte da sempre, quando è vera e profonda, è in grado di provocare sentimenti incredibilmente contrastanti. Il polittico di Valls dà una risposta ai tanti segreti che da secoli turbano i pensieri dell’uomo, si interroga sul destino dell’individuo e dell’umanità.
accorrono curiosi davanti all’opera Psicostasia, etimologicamente “pesa delle anime” e vivono fisicamente il Giudizio Universale descritto nel Libro dell’Apocalisse.
Il Polittico ha la forma di un doppio crocifisso che richiama la scuola toscana del XIII secolo – sull’esempio di Cimabue e Giotto – al centro i corpi e i volti acerbi di due gemelle siamesi in equilibrio, che incarnano il ruolo di bilanciere tradizionalmente attribuito all’Arcangelo Michele, nell’atto di pesare in una mano un putto – la testa di un bambino sopra un uccello morto in un piattino – e nell’altra il capo reciso di un adulto, ferito nel mezzo della fronte.
Psicostasia è un viaggio escatologico che promette di trovare la pietra filosofale attraverso un’iconografia labirintica che consentirà il passaggio verso l’Eterno, la conquista dello stato di grazia. Campeggia su tutto il motto alchemico che recita: “Visita Interiorem Terrae Rectificando Invenies Operae Lapidem” – dall’acrostico V.I.T.R.I.O.L. – significa infatti “Visita l’interno della terra e con successive purificazioni troverai la pietra nascosta”. Non solo, dunque, l’itinerario alchemico di lavorazione e trasformazione della materia prima finalizzato a realizzare il raggiungimento della Conoscenza, ma anche una sorta di invito a indagare dentro noi stessi, nella propria
anima e nel proprio spirito per purificarsi.
Non sappiamo se chi guarda l’opera veramente svelerà il segreto e troverà la “conoscenza eterna”.
A cura di Giada Luni