All’anteprima stampa, alla quale è stata invitato BeBeez, di Trisha Baga the eye, the eye and the ear, a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli, erano presenti oltre le curatrici, Marco Tronchetti Provera, Vice Presidente e CEO, Pirelli; Vicente Todolí, Direttore Artistico Pirelli HangarBicocca; e l’artista americana di origini filippine che ha trasmesso tutto il suo entusiasmo.
Dal 20 febbraio al 19 luglio 2020 all’Hangar Pirelli Bicocca, la mostra personale di Trisha Baga, nata a Venice, in Florida, nel 1985 e residente a New York, raccoglie installazioni video e sculture in ceramica, in un percorso attraverso narrazioni sorprendenti e inusuali: dalla fantascienza alla popstar Madonna, da antiche leggende ai dispositivi digitali come Alexa Echo.
Già attiva da studentessa, ha alle spalle una personale a New York nel 2013 e una nello stesso anno in Italia, oltre un curriculum internazionale di tutto rispetto per la sua giovane età.
Tra le video maker e artiste più innovative e attive della sua generazione, combina linguaggi e media differenti, attingendo dall’immaginario televisivo, da quello cinematografico e da filmati amatoriali per trattare temi come l’identità di genere, il rapporto tra mondo reale e digitale e l’evoluzione tecnologica, facendo emergere una diversa prospettiva della contemporaneità; sviluppa la sua pratica dalla seconda metà degli anni 2000 per mezzo di performance e video a partire da un esercizio di auto-riflessione sul corpo e sul linguaggio e la loro trasformazione nel corso del tempo.
Utilizzando frammenti di cultura pop, humor e forme contemporanee di comunicazione, l’artista a poco a poco sostituisce fisicamente il proprio corpo con oggetti trovati o manipolati che diventano parte delle sue installazioni. La tecnologia 3D, che espande lo schermo del video nello spazio espositivo, diventa il suo medium privilegiato, con proiezioni che spesso, infatti, inglobano gli oggetti di scena dando vita a un gioco di volumi e ombre e stratificando lo spazio fisico in numerosi livelli visivi e sonori. Il suo stesso corpo dialogando con gli oggetti di scena e la tecnologia proiettiva diventa parte della performance in una triangolazione originale. E’ la luce tra gli elementi che caratterizzano la sua arte e l’analisi della tecnologia compresi i linguaggi e i limiti della stessa. I temi sono quelli dell’attualità più forte, dall’identità di genere, alle catastrofi naturali, a temi tecnico-scientifico quali quelli dna e della genetica.
Un percorso che inizia già a diciannove anni e che si arricchisce di varie sperimentazioni come l’introduzione della ceramica a partire dal 2007, un ambito meno noto nel quale lavora, forgiando oggetti della quotidianità presentati quasi come un’archeologia del presente, attraverso ad esempio l’esposizione di cornici per foto.
Tra i soggetti rientrato le figure dell’attualità come le Drag Queen; ma anche personaggi quali la cantante Madonna che può convivere così con la figura dell’artista, come in Madonna y El Niño (2010-2020); oppure video ispirati a film di fantascienza possono sovrapporsi al ritratto della famiglia Baga, mentre dispositivi elettronici entrati nella nostra quotidianità, come Alexa Echo di Amazon, diventano protagonisti e personaggi, come avviene in Mollusca & The Pelvic Floor (2018)
Il corpo e la sua frammentazione figurativa sono elementi costanti delle opere di Trisha, come si evidenzia nello titolo stesso dell’esposizione. Accanto alla produzione video l’opera di Trisha Baga incorpora inoltre la pittura con 6 dipinti del 2017. Quest’ultima si manifesta come ipotetici rendering rudimentali della realtà che ci circonda – tra cui stampanti, microscopi, macchine fotografiche o telefoni – insieme a paesaggi desertici composti da semi di sesamo su superfici di legno, che materializzano i pixel di cui i video sono composti.
La mostra
The eye, the eye and the ear è la prima esposizione istituzionale in Italia di Trisha Baga e riunisce cinque installazioni video che indagano la relazione tra il corpo e l’evoluzione della tecnologia visiva, ripercorrendo la produzione dell’artista, dal suo primo lavoro There is no “I” in Trisha (2005-2007/2020), concepito come una sitcom televisiva che gioca con gli stereotipi di genere in cui Baga interpreta tutti i ruoli, alla più recente opera 1620 (2020) realizzata per l’occasione. Come una mise en abyme, la mostra è un percorso lungo i media che hanno scandito la pratica di Baga, passando dal VHS, al DVD per arrivare al 3D, e affonda le radici nella sua pratica performativa. Gli stessi spettatori sono chiamati ad attraversarla con le lenti stereoscopiche degli occhiali 3D.
L’artista presenta inoltre una ricca selezione di ceramiche realizzate dal 2015 e sei lavori della serie Seed Paintings (2017), composti da semi di sesami e da tavole di legno di diverse dimensioni.
Attraverso il suo sguardo ironico e umoristico Baga riflette sull’eccessivo affidamento e sulle speranze che riponiamo nella tecnologia, rivelandone così gli aspetti più fragili e fallimentari.
Il titolo frammenta e particolareggia i sensi attivi nell’esperienza di mostra, in cui gli effetti visivi replicano e richiamano quelli sonori quasi a concepire la narrazione come un organismo vivente.
Il visitatore è accolto da una scritta a muro, Orlando (2015-2020). Il testo è un estratto dalla prefazione del libro Half Mile Down del 1926 del naturalista e scienziato William Beebe, in cui viene spiegato il processo di stampa del volume stesso. Baga ha però sostituito alla parola book, “libro” il termine man, “uomo”, dando vita a un paradossale scambio di identità tra essere umano e oggetto. L’opera funge così da dichiarazione sul progetto di mostra, mettendo in relazione il corpo umano con artefatti materiali e culturali ed evidenziando uno degli aspetti centrali della pratica di Trisha Baga. Come titoli di testa e di coda dell’esposizione, la scritta è riprodotta invertita anche all’uscita dello spazio dello Shed. Il lavoro concepito nel 2015 per l’esposizione personale “Orlando” alla galleria Greene Naftali di New York, trae il titolo dall’omonimo romanzo del 1928 di Virginia Woolf. L’idea era l’immaginario di una catastrofica alluvione in Florida, luogo natale dell’artista, pensando a Orlando come uno dei pochi luoghi dove potersi rifugiare.
Situato subito dopo l’ingresso alla mostra, il “corridoio geologico dell’evoluzione” dei manufatti della civiltà – come viene definito da Trisha Baga – si presenta come una raccolta di oltre trenta ceramiche, realizzate dall’artista dal 2015 a oggi. Da notare l’allestimento tipico di un museo di scienza naturale dove gli oggetti appaiono come fossili che, interagendo con le nuove tecnologie, creano dei cortocircuiti singolari. Cagnolini che sembrano sfingi in miniatura, figure della cultura pop, ad esempio la drag queen e personaggio televisivo RuPaul, dispositivi elettronici e oggetti, come telefoni retrò, proiettori di diapositive o microscopi, sono i soggetti di queste sculture, che appaiono quasi fossilizzati nella ceramica e posti su plinti: elementi della vita quotidiana dell’artista e tracce del presente e del passato diventano ironicamente reperti da esporre nei musei.
Sul lato opposto Baga colloca la nuova opera realizzata in occasione della mostra in Pirelli Hangar Bicocca, 1620 (2020), video installazione ispirata alla leggendaria Plymouth Rock, che rappresenta simbolicamente lo sbarco dei Padri Pellegrini e l’origine degli Stati Uniti d’America. Come dichiara l’artista: 1620 è un racconto impressionistico di fantascienza, in cui Plymouth Rock viene immaginata in una nuova veste come una fonte di narrative stem cells (“cellule staminali narrative”) nelle mani di genetisti, che studiano i difetti radicati nella storia dell’America. Baga impiega il mezzo cinematografico per ripercorrere le vicende immaginifiche della mitica roccia e delle sue ripetute frammentazioni nel corso dei secoli, tracciando allo stesso tempo un parallelo storico-culturale con quelle del suo paese.
Il centro dello spazio espositivo è dedicato a due installazioni che hanno avuto un ruolo determinante nel definire il lavoro di Trisha Baga, There is no “I” in Trisha (2005-2007/2020), il suo primo video, e Madonna y El Niño (2010-2020), presentato in una nuova versione in 3D. Nella prima opera un salotto, che sembra ricalcare il tipico set delle commedie americane, accoglie i visitatori, mentre su un monitor viene trasmessa una sitcom interpretata dall’artista. Il video riprende alcune delle caratteristiche di questo genere di serie televisive come Friends o Frasier – risate registrate di sottofondo, trame leggere e personaggi sterotipati – per mettere in scena una riflessione sui ruoli di genere, sulla sessualità, sulle norme sociali che li regolano e sulla loro rappresentazione da parte dei media. Il titolo della seconda installazione, Madonna y El Niño, dà origine a molteplici rimandi, da una parte l’iconografia cristiana della Madonna con il bambino, dall’altra la cantante Madonna e il fenomeno climatico El Niño. Concepito come uno studio linguistico sulla produzione creativa della popstar nel periodo in cui i DVD erano il principale supporto domestico per la riproduzione video, il lavoro combina materiale preesistente di Madonna con footage originali dell’artista, che diventa riflesso, pubblico, metafora, controfigura, regista, e infine, schermo di proiezione. Di fronte allo schermo di proiezione è posizionata una palla da discoteca, che frammenta e riflette i pixel del video per simulare gli effetti dei mutamenti climatici provocati da El Niño, e che rappresenta le trasformazioni di un corpo-immagine attraente e invitante.
Come a conclusione di questo percorso immersivo nelle installazioni video di Trisha Baga viene presentato uno dei lavori più recenti, Mollusca & The Pelvic Floor (2018). Vicina al linguaggio tipico dei film di fantascienza holliwoodiani, tra cui Gravity e Contact, l’opera si addentra in un viaggio la cui trama è fitta di incursioni tra il reale e il virtuale. Mollusca è il nome omofono con cui l’artista chiama Alexa, l’intelligenza artificiale sviluppata da Amazon, e la loro relazione è simbolo di metamorfosi e di contatto tra specie diverse. Come spesso accade nei lavori di Baga, il racconto sullo schermo non ha una fine definita, e si espande entro accostamenti sinestetici, intuizioni e geografie disparate che trascendono universali forme di comunicazione.
La mostra è parte del programma artistico 2019-2020, concepito dal Direttore Artistico Vicente Todolí assieme al dipartimento curatoriale: Roberta Tenconi, Curatrice; Lucia Aspesi, Assistente Curatrice; Fiammetta Griccioli, Assistente Curatrice. Il programma proseguirà con le mostre di Chen Zhen (9 aprile–26 luglio 2020); Neïl Beloufa (10 settembre 2020–17 gennaio 2021); Steve McQueen (29 ottobre 2020– 28 febbraio 2021).
a cura di Ilaria Guidantoni