![Javier Edgardo Girotto](https://bebeez.it/files/2020/04/javier-girotto.jpg)
A cura di Ilaria Guidantoni
Prosegue il nostro viaggio tra i cantautori italiani al tempo del confinamento, ai quali chiediamo di lasciare un videomessaggio ai nostri lettori (lo trovate più avanti nell’articolo).
La quinta tappa è con Javier Edgardo Girotto e il suo invito a “fermarsi per ascoltare la musica e nutrire l’immaginazione”
Javier Edgardo Girotto sassofonista argentino, nato a Cordoba il 17 aprile del 1965, vive viaggiando nella musica, un percorso a suo parere senza fine, che ogni giorno è un’invenzione, una sperimentazione soprattutto personale per la quale non basterebbero due vite, per completarla. Ci invita a tornare indietro nel tempo per “fare come quando eravamo piccoli, sederci sul divano, mettere un disco e concentrarsi sulla musica che non è solo un accompagnamento o un sottofondo mentre facciamo mille cose diverse”.
Si avvicina alla musica grazie al nonno materno A.L. Caroli, direttore di banda, suonando prima il rullante, poi il clarinetto piccolo. Il passaggio, per un clarinettista, al saxofono è naturale e così, scelto il sax contralto, comincia a frequentare Buenos Aires, in cerca di qualcuno che lo avvii al jazz. A sedici anni intraprende gli studi classici, iscrivendosi al Conservatorio Provincial De Cordoba ai corsi di clarinetto e flauto non esistendo la cattedra di sassofono.
Contemporaneamente forma e collabora con diversi gruppi. A 19 anni vince una borsa di studio del Berklee College of Music e gli si spalancano finalmente le porte del mondo del jazz. Resta nella prestigiosa scuola bostoniana per quattro anni, diplomandosi in Professional Music “Cum Magna Laude”. L’avventura italiana di Javier Girotto inizia a 25 anni, per curare alcuni affari della sua famiglia, di origini pugliesi, decidendo in breve tempo, di iniziare in questa nazione la sua carriera professionale. Anche in Italia alterna la collaborazione con gruppi di musica con cui comincia la sua indefessa attività di compositore e arrangiatore. Il gruppo per il quale i sax soprano e baritono di Girotto sono maggiormente conosciuti, è gli Aires Tango, un connubio delle ragioni del tango con quelle del jazz.
Questo confinamento è arrivato nel momento della programmazione dei grandi concerti estivi. Adesso cosa succede?
“Credo per un bel po’ di tempo la gente avrà paura e la musica sarà uno degli ultimi ambiti a riaprire. Spero che le cose vadano diversamente ma temo di non sbagliarmi”.
Probabilmente in questo periodo si ascolta più musica. Che impatto sta avendo lo stop ai concerti sul mondo e sul mercato della musica?
“Economicamente la situazione è tragica; dal punto di vista sociale e culturale la musica sta diventando una delle nostre medicine e spero anche che ci sia un recupero del suo valore culturale e storico, in particolare la musica classica dalla quale tutto è partito, madre di tutti i generi. Soprattutto negli ultimi anni trovo che ci sia stata molta musica disarmonica, un bombardamento di novità per inseguire le mode con l’effetto che la musica popolare è diventata di scarsa qualità. La stessa radio non educa all’ascolto ma fa marketing musicale. Sempre più trovo i testi volgari, inutilmente e dannosamente violenti: così diffusi e alla portata di tutti che anche i bambini li imparano a memoria, magari senza capirli, ma poi assorbendo rabbia e una trasgressione fine a se stessa, dannosa. Il mio appello è alle scuole perché educhino alla musica che è un tassello necessario nella formazione completa della persona, altrimenti non si capirebbe perché scegliere materie diverse, se non per offrire alla mente stimolazioni diverse.”
Cosa stai facendo musicalmente in questo periodo?
“Sto studiando e scrivendo molto ma questo mi capita a periodo, un po’ come lo storico che resta chiuso in una biblioteca. Non patisco tanto il confinamento dal punto di vista della mia attività quotidiana. In particolare sto lavorando a dei progetti con Peppe Servillo per un omaggio a Lucio Dalla, partendo dalle canzoni con una rivisitazione in chiave jazzistica e nello spirito della cultura popolare argentina, che è poi il mio stile. Spero di riuscire a registrare a giugno e debuttare ad ottobre. Sto anche portando avanti con dei musicisti abruzzesi, il pianista Massimiliano Coclite e il batterista percussionista Bruno Marcozzi, un progetto di brani cantati sempre in chiave jazz e legata al folclore popolare argentino che cominciato dieci anni fa e poi, a causa degli impegni di ognuno di noi, è rimasto in sospeso. Poco prima della detonazione della pandemia avevamo riaperto i giochi e si è riacceso l’interesse comune. Naturalmente poi continuo la mia attività come Aires Tango, ventisei anni di attività compiuti, per lavorare su un vecchio disco di Astor Piazzolla del 1974”.