Il marchio di abbigliamento uomo Corneliani chiederà al tribunale di Mantova una proroga di 90 giorni per il deposito del concordato. L’amministratore delegato Giorgio Brandazza ha infatti detto lunedì 4 gennaio ai sindacati che proporrà oggi 6 gennaio al Consiglio di amministrazione la richiesta di 90 giorni di proroga per il deposito del piano concordatario previsto per il prossimo 15 gennaio.
Lo riferisce la Gazzetta di Mantova, secondo cui il 31 dicembre 2020 sarebbe anche arrivata la prima offerta di acquisto dell’azienda da parte di un investitore finanziario. Inoltre, ci sarebbe anche un altro potenziale acquirente per Corneliani: si tratta di un imprenditore. Alcune indiscrezioni darebbero Marco Boglione, presidente e fondatore di BasicNet, tra i pretendenti per l’acquisizione, ma non si hanno informazioni aggiuntive al riguardo. Quello che si sa è che il manager ha fatto visita all’azienda il 5 gennaio 2021, confrontandosi con l’amministratore delegato Giorgio Brandazza.
Corneliani a fine giugno 2020 era stata ammessa dal tribunale di Mantova al concordato preventivo in bianco, concedendo all’azienda tempo fino al 16 novembre 2020 per presentare la proposta di concordato e il relativo piano, con l’elenco di crediti e creditori. Il tribunale aveva anche nominato commissario giudiziale Luca Gasparini e disposto che Corneliani dovesse presentare mensilmente una relazione sull’attività aziendale, compresa quella sulla gestione finanziaria e corrente (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo che nel luglio 2020 il Mise aveva stabilito di erogare 10 milioni di euro a Corneliani (si veda altro articolo di BeBeez), attivando per la prima volta il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività d’impresa previsto dall’art. 43 del Decreto Rilancio (qui il testo coordinato del Decreto Rilancio del 19 maggio 2020 n. 34 con la legge di conversione 17 luglio 2020 n. 77). Il fondo ha come noto una dotazione di 100 milioni di euro per l’anno 2020 ed è finalizzato al salvataggio e alla ristrutturazione di imprese titolari di marchi storici di interesse nazionale e delle società di capitali con almeno 250 dipendenti, che si trovino in uno stato di difficoltà economico-finanziaria. Il fondo può quindi investire nel capitale di queste imprese, a condizioni di mercato (si veda qui l‘Insight View di BeBeez con un’analisi degli articoli del Decreto Rilancio in tema di private capital e finanza d’impresa, per gli abbonati a BeBeez News Premium). Il problema, però, è che quei 10 milioni non sono ancora arrivati.
Fondata nel 1958 dall’omonima famiglia, oggi Corneliani è controllata da Investcorp al 51,4%, mentre la terza generazione della famiglia (Cristiano, Corrado Corneliani e Stefano Corneliani) possiede il 48,6%. Investcorp, fondo di investimento del Bahrein, che negli anni Novanta è stato azionista di Tiffany e Gucci, aveva rilevato il 51,11% di Corneliani nel giugno 2016, sulla base di un enterprise value di circa 100 milioni di dollari, dopo 114 milioni di euro di ricavi nel 2015 e con un ebitda di 1,5 milioni, con Cristiano Corneliani che aveva acquisito il 23,76%, Corrado il 22,81% e Stefano lo 0,95% (si veda altro articolo di BeBeez). Al momento del deal, il fondo si era impegnato a versare un aumento di capitale da 20 milioni per sostenere la crescita, 2 milioni dei quali versati subito e gli altri 17 entro giugno 2021.
Lo scorso febbraio 2020 la newco Sarti Holding con cui Investcorp era entrata in Corneliani si è fusa con la società operativa e contestualmente è stato condotto un primo aumento di capitale da 1,2 milioni euro (si veda la Gazzetta di Mantova). A inizio marzo 2020, Investcorp ha effettuato un nuovo aumento di capitale da 5,5 milioni di euro per finanziare il piano di ristrutturazione, che non rientrava però nell’aumento di capitale che doveva versare entro il 2021. Il piano di risanamento stava dando i suoi primi frutti, ma il coronavirus ha bloccato la produzione e costretto alla chiusura dei punti vendita, anche perché la società non ha i requisiti per richiedere i finanziamenti con la garanzia di Sace.
La crisi, però, è precedente al Covid. La società aveva chiuso il 2018 con 108 milioni di euro di ricavi consolidati (da 110 milioni nel 2017), un ebitda negativo di 5,7 milioni (da – 1,1 milioni) e una perdita di 12,1 milioni di euro (da una perdita di soli 2,6 milioni), con una posizione finanziaria netta che era peggiorata a 16,4 milioni di euro (da 4,3 milioni), a fronte di investimenti per 5,6 milioni di euro sostenuti nell’anno. A fronte di questi numeri, nel novembre 2019 l’azienda aveva presentato un piano da 130 esuberi, concentrati nello stabilimento di Mantova, dove lavorano 454 persone.
Nel dicembre 2019 è stato nominato amministratore delegato Giorgio Brandazza, ex numero uno di Boglioli, con un passato come manager anche in marchi come Elie Saab, Boggi e Calvin Klein Jeanswear. Brandazza è subentrato a Luigi Ferrando, che era stato nominato a sua volta ad della società nel novembre 2018, andando a sostituire Paolo Roviera, che era stato nominato ad nel 2016 un mese dopo l’ingresso di Investcorp nel capitale della società. Il cambio della guardia allora era stato definito “improvviso” dai sindacati.
Il peggioramento della situazione finanziaria della società aveva dato luogo a forti tensioni tra la famiglia Corneliani e Investrcop. Sempre a dicembre 2019, infatti, i Corneliani hanno presentato ricorso al Tribunale di Brescia contro Investcorp, facendo riferimento all’articolo 2409 del codice civile, che prevede la possibilità, per il Tribunale, “di verificare l’esistenza di gravi irregolarità nella gestione e arrivare, nel casi estremi, alla destituzione del consiglio di amministrazione”. Il tribunale aveva però respinto lo scorso gennaio il ricorso della famiglia Corneliani contro il fondo accusato di irregolarità gestionali (si veda altro articolo di BeBeez). Il tribunale aveva infatti ritenuto “inattuale” il ricorso della famiglia, presentato lo scorso dicembre 2019 ai sensi dell’art.2409 del codice civile (si veda altro articolo di BeBeez). Il giudice aveva in particolare sottolineato che le irregolarità gestionali denunciate dalla famiglia sono state segnalate agli organi della società “da oltre un anno” e oramai si sarebbe già “consumata” la loro “potenzialità lesiva”.