Un intervento site-specific negli spazi ottocenteschi della dimora del mecenate milanese
Con Vita d’Artista, Flavio Favelli (Firenze, 1967) è protagonista dal 10 febbraio al 7 maggio 2021 di un progetto espositivo site-specific che coinvolge tutti gli spazi milanesi della Fondazione Adolfo Pini (Corso Garibaldi, 2).
La Fondazione occupa il piano nobile di quella che fu la casa di famiglia di Adolfo Pini, uno degli ultimi mecenati milanesi, e prima ancora dello zio materno Renzo Bongiovanni Radice, che il padre voleva in una carriera militare, ma il cui carattere schivo lo fece propendere per una vita d’artista. Dipinse tutta la vita. Difficile dire che fu pittore perché l’agiatezza non lo spinse a fare della pittura un mestiere complice del carattere chiuso che lo mantenne lontano dalla vita pubblica. Non ammise nessuno nel suo studio se non appunto il nipote suo unico erede, morto nel 1986, a meno di vent’anni di distanza dallo zio. La Fondazione oltre che conservare la memoria dell’opera pittorica dello zio si prefigge il sostegno di giovani artisti ai quali è chiesto di passare del tempo nella dimora e di legare, in piena libertà, il proprio lavoro al luogo da quando nel 2016, Adrian Paci, artista e componente del Comitato scientifico della Fondazione ha immaginato un dialogo tra passato e presente. E’ nata così la stagione delle mostre personali.
Partendo dalla suggestione del libro di Carlo Cassola Vita d’artista, che, con lo stesso titolo, affronta la questione dell’arte rispetto a certi ideali, alla politica, all’impegno sociale, Favelli interviene nella casa proprio alla ricerca di un confronto tra il passato, la sua eredità e l’opera dell’artista.
Flavio Favelli – fiorentino adottato da Bologna – utilizza oggetti d’arredamento o di uso comune che rimandano sia all’estetica borghese degli ambienti familiari in cui è cresciuto, in particolare la casa del nonno nella campagna bolognese, sia a quella del consumo prodotto dall’industria e dalla pubblicità. Nelle sue opere – collage, sculture, ambienti – i materiali vengono assemblati dando vita a sovrapposizioni di senso che non snaturano gli oggetti ma ne amplificano il valore simbolico. Sono oggetti di una quotidianità passata ma inconsciamente presente ancora oggi.4
Il percorso comincia dallo scalone di accesso dove interviene con dei pali, opera che già aveva realizzato, reinventandone ‘l’uso’, come a sostenere due tubi Innocenti con funzione di contenimento del muro, i cui disegni giocano con quelli del pavimento in marmo. Su uno specchio sono attaccati degli adesivi in modo giocoso come accadeva negli anni ’70-’80, un periodo ai quali sono frequenti i rimandi. Nella prima sala un lampadario di Murano non fa luce ma gira su se stesso grazie ad un motorino. Un oggetto perfettamente in stile con la casa sebbene alcuni interventi lo rendano lontano dall’estetica patinata di una casa borghese. Rimaneggiare gli oggetti è nella pratica di Favelli come si nota dalla sovrapposizione di mattonelle trovate nei mercati e in case dismesse su un precedente pavimento in graniglia nell’area di servizio della dimora. Nella sala del camino sul tavolo da pranzo della famiglia un intervento con una vernice dorata crea una sorta di pozzo specchiato con l’inserimento, sotto il mobile, di un frigo con adesivo Prinz Bräun molto pop. Nel grande salone dei mobili, anch’essi reperiti nei mercatini mettono insieme l’idea di oggetti di arredo comune con interventi preziosi come la tinteggiatura dorata, il gioco di inserire delle ante di pianoforti in una strana sovrapposizione, facendo dialogare il mondo della pubblicità degli anni ’80 dei gelati – con applicazioni adesive – con quello impegnato degli anni ’70: una delle piccole librerie nella parte posteriore è rivestita da fogli di giornale del Manifesto del 1970 e 1971 dai titoli corposi e nomi evocativi, come Saigon, il Mec, la lotta sindacale. Nell’ultima sala sulla quale si affacciano vetrinette scintillanti con la collezione di bottiglie dell’artista, un tavolo riproduce un pavimento irregolare, la memoria, dell’errore di una fuga e di un disegno che non combaciavano, nella casa del nonno. Una sorta di intervento catartico.
Durante il percorso la visita è accompagnata dai quadri di Renzo Bongiovanni Radice che studiò all’Accademia di Brera con il Maestro Andreoli e poi negli anni ’30 a Parigi – dove ebbe uno studio a Montmartre – con André Lhote e nei paesaggi di pregio che rivelano anche una felice mano nel disegno, i suoi tre amori: Milano, Venezia e Parigi. Interessante notare la versatilità del suo stile che risente della Scapigliatura, delle influenze orientaliste e anche di un paesaggismo non più di maniera, attento a cogliere l’anima delle città. La sua pittura come una melodia tende a trasformarsi nello stile e nell’uso della luce a seconda del quadro naturale che ritrae. Così sebbene la sua Parigi non sia riconoscibile, oleografica, si riconosce subito e si indovina l’atmosfera francese, come ne La casa di Colette.
dall’alto:
Vita d’Artista di Favio Favelli
Interno Impero di Flavio Favelli
Chi è Flavio Favelli
Fiorentino, dopo la Laurea in Storia Orientale all’Università di Bologna, prende parte al Link Project (1995-2001). Partecipa alla residenza TAM a Pietrarubbia diretta da Arnaldo Pomodoro nel 1995 e al Corso Superiore Arti Visive della Fondazione Ratti con Allan Kaprow nel 1997. Flavio Favelli vive e lavora a Savigno (Bologna). Ha esposto in spazi pubblici e privati in Italia e all’estero, come i musei: Macro e Maxxi di Roma, MaMbo di Bologna, Museo Marino Marini di Firenze, Palazzo Riso di Palermo, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino, Maison Rouge – Fondation Antoine de Galbert di Parigi, Projectspace 176, Londra. Fra le principali mostre collettive si ricordano quelle tenute alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, alla GAMeC di Bergamo, al Castello di Rivoli e alla GAM di Torino, all’11° Biennale dell’Avana, al festival No Soul For Sale della Tate Modern di Londra, alla Fondazione Pomodoro a Milano, al Museo MADRE e al PAN di Napoli, al MOCA di Shanghai, a Villa delle Rose – GAM di Bologna, al Museo d’arte moderna di Saint-Étienne, al Museion di Bolzano e all’Elgiz Museum of Contemporary Art|Elgiz Museum di Istanbul. Ha partecipato alla XIII Biennale di Scultura a Carrara e alla XV Quadriennale di Roma al Palazzo delle Esposizioni nonché alla mostra Italics a Palazzo Grassi, Venezia, poi itinerante all’MCA di Chicago. Nel 2015 le sue collaborazioni con l’azienda Fabbri sono state esposte nella mostra Corporate Art organizzata da pptArt e dalla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea a Roma.
a cura di Ilaria Guidantoni