Il nuovo cortometraggio di Finazzer Flory è stato proiettato all’Anteo di Citylife a Milano, trenta minuti per tre cantiche, una sintesi che è una sfida con l’auspicio che possa diventare uno spettacolo teatrale: la danza contemporanea – a sottolineare l’attualità di Dante – è l’elemento distintivo dell’ultimo lavoro del regista, drammaturgo e attore che ha dato vita ad una serie di eventi nel 2021 dedicati al sommo poeta come la lettura integrale della Commedia, con coreografie di Michela Lucenti, accompagnati dalla voce fuori campo di Finazzer Flory e Angelica Cacciapaglia, ora in prosa, ora in versi che citano 21 canti dei 100 totali. Il titolo, Dante per nostra fortuna, prodotto dalla società Movie&Theatre per i settecento anni dalla morte del poeta, mette in luce un fatto unico al mondo, il lascito di una lingua che dal medioevo è sostanzialmente la stessa. Un’impresa al limite dell’impossibile quella di ridurre in mezzora tre cantiche per un totale di cento canti con un film che diventa metafora del teatro. Il film nasce dalla considerazione dell’opera del sommo poeta come una successione di immagini in movimento dove la parola dialoga con la visione e non è un caso che il termine occhi sia protagonista. L’interpretazione di Finazzer, che sta ai margini della scena per lasciare la parola protagonista, parte dall’esperienza della bellezza che ha vissuto nella lettura del testo. L’escamotage narrativo è quello di un bambino, il figlio nella realtà, al quale per il suo compleanno di nove anni viene regalato dal padre un libro, l’opera somma dell’Alighieri al posto dei videogiochi che ama tanto. Il bambino è disposto a credere malgrado la fatica di una lettura ostica e quindi può salire a vedere le stelle, la parola con la quale terminano tutte e tre le cantiche. Il viaggio di Dante, del bambino e del regista è un sogno, che alla fine si confonde con la realtà, fatta però di sogni, secondo il senso di Luis Borges, autore molto amato da Finazzer. Il sogno è quello del teatro che si associa alla dimensione dell’essere bambino, perché nel rappresentare la realtà la crea in modo fantastico, con la serietà che il gioco rappresenta nell’infanzia. Il teatro però nel cortometraggio, rappresentato da Gianni Quilico, è una dimensione claustrofobica perché alla fine si apre su uno spazio vuoto, senza il pubblico che rappresenta le luci, le stelle, il coronamento del sogno dell’attore. Interessante ancorché complesso il montaggio, a cura di Davide Trotta, che racconta attraverso l’arte il sogno della salvezza dell’umanità. Così la danzatrice del teatro La Scala, che interpreta la donna delle pulizie nel film e danza, racconta se stessa, dal sogno di bambina che a Buenos Aires ha costeggiato la povertà e che è arrivata a coronare il suo sogno. Il teatro nel cinema offre anche lo spunto del valore salvifico del viaggio dantesco che ognuno leggendo ripercorre, con un cammino che non è solo culturale ma formativo. In tal senso come ha ricordato Finazzer l’etimo della religione porta al ‘rileggere’ e ‘rilegare’, nel senso di legare insieme, di dare un senso all’umanità. Questo è in qualche modo il percorso dello stesso Finazzer e di coloro che hanno realizzato il cortometraggio insieme al Teatro degli Impavidi a Sarzana, scelto perché in questa località Dante ha soggiornato nel 1306 e pare che al paesaggio ligure sia ispirata la geografia del Purgatorio e per un nome che ha rappresentato una sfida. La colonna sonora, composta da Raffaele Inno e Adriano Bassi, si ispira alle atmosfere delle cantiche per restituire il senso del viaggio dantesco. Le scenografie digitali sono tratte dalle illustrazioni di Gustave Doré. Abituati a vedere Finazzer trasformarsi in scena, assumendo le vesti del personaggio interpretato sia Giuseppe Verdi o Leonardo, per citarne alcuni, nel caso di Dante è la parola la vera protagonista e la scelta registica è di essere presenza di voce. Nel 2022 ricorreranno i 100 anni dalla nascita di Pasolini. Chissà quale sorpresa avrà in serbo Massimiliano Finazzer Flory.
a cura di Ilaria Guidantoni