A Piacenza è stata presentata l’anteprima del progetto XNL Piacenza Arte Contemporanea, in un palazzo dei primi del secolo scorso, conosciuto da tutti i piacentini come il palazzo dell’Enel, ora ex Enel, senza vocali – XNL appunto – non solo una sede espositiva ma anche un atelier. Di proprietà della Fondazione di Piacenza e Vigevano, vuole essere un punto di raccordo con le attività culturali della città come ha ricordato il Presidente della Fondazione Roberto Reggi, anche per la sua ubicazione, di fronte al Conservatorio, quasi davanti al Teatro di prosa e in prossimità della Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi. La Direzione artistica è stata assunta da Paola Nicolin, storica dell’arte e curatrice di mostre con il pallino della formazione, che intende realizzare una sorta di bottega rinascimentale dove l’aspetto della produzione artistica non sia disgiunto dalla formazione, come avveniva in passato.
Il Centro era stato aperto, dopo un lungo restauro conclusosi nel 1919, con la mostra La rivoluzione siamo noi nel febbraio 2020 e poi chiuso per la pandemia; riapre con due artisti, rispettivamente, al piano terra e al primo piano, che presentano i lavori The pure necessity del belga David Claerbout, artista noto a livello internazionale, classe 1969, che vive e lavora tra Anversa e Berlino e Come un limone lunare/che non riposa mai del palermitano Francesco Simeti, classe 1968, che vive a Brooklyn, New York.
Lo spazio, articolato su quattro livelli, è un dialogo tra la storia della città, con il suo stile liberty di grande pregio, e il contemporaneo a 360 gradi.
Al piano interrato è previsto uno spazio dedicato alla musica contemporanea ed elettronica, mentre al secondo piano attività in campo cinematografico e teatrale; con la regia del celebre piacentino Marco Bellocchio, anche se è previsto a breve il coinvolgimento di un altro regista sotto il profilo più operativo, e lo sviluppo di un programma di ampio respiro che si muova sul fil rouge del binomio produzione-formazione. Da aprile a luglio è in programma una mostra dedicata a Gustav Klimt, già prevista prima del nuovo corso del Centro, legata al ritrovamento di un’opera del grande artista della Secessione; e anche si prevede la realizzazione di una serie di lavori teatrali che poi saranno programmati nelle rappresentazioni di un festival estivo in zona.
Clicca qui sopra per vedere il video
A settembre prossimo invece è già in agenda la personale, la prima in uno spazio pubblica, di Francesco Simeti che sarà al Centro martedì 15 febbraio. Due le sue opere, collocate al primo piano, Rubble, 2007 installazione scultorea composta da un intreccio di fogli di forex stampati; in quest’opera l’artista rivisita House of Cards, celebre opera dei designer americani Charles e Ray Eames. Sviluppato originariamente nel 1952, il loro progetto rifletteva l’idea quasi utopica che il design industriale potesse rendere il mondo un posto migliore e più piacevole. Simeti è interessato a ripensare la struttura del gioco creata dagli Eames alterando la loro visione positiva attraverso l’uso di immagini dure di macerie, detriti e rottami in tempo di guerra. Alle spalle di Rubble si stende poi l’altro lavoro in mostra che testimonia l’interesse dell’artista per il tessuto come materia prima e campo di indagine antropologica e terreno di contrasti. I lussureggianti pannelli di velluto di Curtain, del 2017, intrecciano storie d’arte provenienti da Oriente e Occidente, fornendo un compendio di pittura, scultura e fotografia. Il sipario diventa uno spazio e un portale che trasporta lo spettatore verso le sculture in Russia o le Trump Towers in India, tra fiori, fogliame, montagne e nuvole rubate alla storia dell’arte italiana. La scala degli elementi raffigurati inverte la dimensione normale a cui esistono nel mondo. L’artista riduce monumenti e edifici e ingrandisce erba e fiori, spingendoli al di fuori della funzione ornamentale che solitamente gli viene assegnata. Il titolo della mostra Come un limone lunare/che non riposa mai è d’altra parte uno dei più celebri versi di Danilo Dolci, tratto dalla raccolta di poesie Il limone lunare, pubblicato nel 1970 – una sorta di dichiarazione di poetica sull’esercizio delle umane potenzialità del sociologo ed educatore italiano dal quale, per diverse ragioni, il progetto espositivo trae ispirazione.
The pure necessity, del 2016, al piano terra è un video sonoro di 50 minuti realizzato con la tecnica di animazione 2D nel quale Claerbout con una équipe di artisti per tre anni ha lavorato scupolosamente ridisegnando le sequenze del celebre film Il libro della giungla, il classico Disney del 1967 diretto da Wolfgang Reitherman e tratto dall’omonimo libro del 1894 di Rudyard Kipling. Quest’opera diventa però un anti-Disney, trasformando la storia sentimentale e comica di animali della giungla che ballano, cantano e suonano la tromba, ‘scimmiottando’ gli umani – che rappresentano il modello dominante imposto dalla cosiddetta civiltà occidentale – in un film che “rinuncia all’umanizzazione” degli animali e persino al “cucciolo d’uomo”. Gli animali si comportano in modo consono allo loro specie tornando con dignità ad essere orso, pantera, pitone e ci mostrano una diversa metodologia di ascolto, dialogo e rappresentazione del vivente. Da pellicola che celebra la velocità, il dinamismo e l’efficienza di una natura (umanizzata) del violento e del crudele che aiuta il debole fino alla sua emancipazione e ingresso nella “vita moderna”, il video ci parla di lentezza, ci proietta verso un’altra dimensione esistenziale e, come spesso accade nel lavoro di Claerbout, si offre come una riflessione sull’impatto concettuale del passaggio del tempo e una indagine sulla natura stessa del medium cinematografico. Pioniere nella ricerca sull’immagine in movimento, l’artista, tra i più acclamati della sua generazione, arriva al video attraverso la pratica quotidiana del disegno, la necessità della pittura e l’indagine sulla fotografia. Questo approccio all’evoluzione dei linguaggi dell’arte come sviluppo di una necessità esistenziale che tiene insieme pittura, disegno, fotografia e immagine in movimento è dunque una delle numerose ragioni dell’invito rivolto all’artista a presentare nel contesto di XNL il suo lavoro esposto in gallerie e musei d’arte di tutto il mondo. La scelta è legata all’idea del contemporaneo che insegna a riflettere sui problemi del mondo, in questo caso in una chiave ambientale, nel rapporto strumentale dell’uomo con la natura.
a cura di Ilaria Guidantoni