Dal 4 febbraio al 5 marzo 2022, Gió Marconi a Milano ospita Viaggio in Italia, una mostra dedicata all’artista milanese Emilio Tadini a vent’anni dalla sua scomparsa. Lo spazio ampio della galleria, con delle aperture sull’esterno e un qualcosa di estraniante, come un hangar o una stazione, si presta molto bene ad ospitare mostre che raccontano di viaggi. In occasione della mostra, è stata presentata la nuova pubblicazione Emilio Tadini. La realtà dell’immagine 1968-1972 di Francesco Guzzetti, edita da Fondazione Marconi / Mousse Publishing in collaborazione con l’Archivio Emilio
Tadini. In mostra opere della serie omonima dei primi anni Settanta esposte per la prima volta nel 1971 dallo Studio Marconi.
Apparentemente semplice e immediata, l’arte di Tadini offre in realtà diversi livelli di lettura. Se a primo acchito le immagini trovano riferimenti nel linguaggio Pop, l’interesse dell’artista per l’inconscio e l’irrazionale lo ha indotto a rappresentare scene di frammentazione e alienazione che ricordano il Surrealismo, con riferimenti tanto alla Metafisica di de Chirico quanto alla psicanalisi di Lacan e Freud. Nasceva così il suo Realismo Integrale. Le poche opere, di forte impatto, presentano una struttura di linee e composizione squisitamente geometrica, con campiture di colori netti, l’introduzione di oggetti di uso comune come il rossetto o il cappello, senza la giocosità classica della Pop Art. Balza agli occhi la solitudine straniante dei personaggi senza volti, spesso senza teste, solo corpi che si definiscono attraverso i gesti, onnipresenti nella serie Viaggio in Italia, già protagoniste di alcuni suoi primi cicli di lavori, come L’uomo dell’organizzazione (1968) o Vita di Voltaire (1967).
Tadini ha sempre avuto un approccio seriale alla pittura: da un’immagine ne scaturiscono altre, per progressive modificazioni e alterazioni. Ogni volta l’artista produce un racconto, tanto che la sua pittura cresce a cicli, come una serie di romanzi a puntate, in cui le leggi di spazio e tempo e quelle della gravità sono totalmente annullate.
Le similitudini con il diario di viaggio di Johann Wolfgang Goethe
Per un intellettuale come Tadini sembra quasi impossibile guardare Viaggio in Italia senza pensare all’omonimo diario di viaggio di Johann Wolfgang Goethe, in cui l’autore descrive il suo soggiorno italiano dal settembre 1786 al maggio 1788.
Una notevole somiglianza tra i due Viaggi in Italia è che Goethe, così come Tadini, fa molto affidamento sulle immagini autoprodotte e sui propri repertori visivi: mentre visita l’Italia, Goethe disegna e produce numerosi acquerelli, mentre Tadini per i suoi quadri si rifà a una miriade di immagini fotografiche che ha scattato e archiviato ordinatamente. I disegni preparatori e le fotografie sono i primi riferimenti di ciò che alla fine sarà tradotto in testo e su tela. Nel suo diario, Goethe è stato particolarmente attento all’architettura antica italiana, alla geografia, geologia e botanica della penisola, e ha riportato molteplici osservazioni mineralogiche. Tadini sembra rispecchiare quell’interesse nelle sue rappresentazioni ricorrenti di forme architettoniche, cilindri, cubi e piramidi di diversi tipi di marmi e rocce. In particolare la mostra ha inteso mettere a confronto l’opera Viaggio in Italia del 1970 – proveniente da una collezione privata, che poi all’ultimo non è stato possibile esporre – con il noto acquarello di Johann Heinrich Wihelm Tischbein, Goethe am Fenster der römischen Wohnung am Corso del 1787 (che si trova al Goethe Museum di Francoforte) la cui ispirazione è evidente, raffigurante Goethe in piedi di spalle che guarda fuori della finestra. Il ritratto di Tadini è senza testa e si affaccia a una finestra aperta.
Tadini nelle sue opere utilizza motivi ricorrenti, quali un elemento piramidale a strisce bianche e nere, una figura femminile in piedi senza testa, un telefono, un cappello coloniale o un rossetto rosso. Attraverso la scelta degli oggetti rende il suo viaggio più concreto. Il suo viaggio italiano riguarda la vita quotidiana contemporanea, come suggeriscono il telefono, le lettere (ci)nema, gli eleganti abiti femminili, i vari oggetti di design o la scultura di Calder.
Pur includendo riferimenti all’antichità la serie di questo artista tocca anche i campi del design, dell’arte, della cultura, della moda e dello stile, unendo passato e modernità.
I prossimi appuntamenti della Galleria sono due mostre in contemporanea, rispettivamente alla Giò Marconi e all’Ex Fondazione Marconi, che dovrebbero tenersi dal 24 marzo (la data non è ancora ufficiale): una personale del cubano attivo a New York, Jorge Pardo e l’artista ucraina Louise Nevelson, scultrice attiva a New York dov’è morta nel 1988.
a cura di Ilaria Guidantoni