The Organic Factory, produttore italiano nel segmento biologico di olii e lecitine a uso alimentare e proteine a uso zootecnico, è stata ceduta a un pool di investitori privati del nord-est guidato da Finplace Due, società che fa capo all’imprenditore Walter Maiocchi. L’operazione si inserisce nel contesto della procedura di concordato preventivo che ha coinvolto l’azienda del bio, omologata dal Tribunale di Milano lo scorso dicembre (si veda qui il comunicato stampa) e che era stata aperta nel 2020 (si veda articolo di BeBeez). L’operazione è stata strutturata tramite il conferimento dell’azienda in una newco e la successiva cessione delle partecipazioni ai nuovi investitori. Proactiva ha assistito The Organic Factory nell’operazione per gli aspetti finanziari, mentre Osborne Clarke ha seguito tutti gli aspetti legali.
Maiocchi, fondatore di Finplace, è anche presidente della società mantovana di impianti di refrigerazione Zanotti (Daikin dal 2016), e assieme ad altri due imprenditori padovani, Mario Stangoni e Luigi Belloni nel settembre 2018 aveva rilevato il noto brand del cashmere Malo, allora a sua volta in profonda crisi (si veda altro articolo di BeBeez).
Ad assistere The Organic Factory nell’operazione di cessione è stata Proactiva Consulting, attiva nel settore di M&A e consulenza strategica per le piccole e medie imprese da oltre 15 anni. Osborne Clarke ha seguito tutti gli aspetti legali.
L’operazione appena conclusa si trascinava da tempo. The Organic Factory era stata ammessa come detto il 6 febbraio 2020 dal Tribunale di Milano alla procedura di concordato preventivo (si veda qui il decreto del Tribunale). Contestualmente, era stata convocata l’adunanza dei creditori dinanzi al giudice delegato per il 29 giugno 2020 e fissato il termine di 30 giorni per la presentazione della proposta di concordato da parte di The Organic Factory che, appunto, aveva visto come cavaliere bianco Finplace.
Ma in che modo The Organic Factory si è ritrovata nella crisi di liquidità che l’ha portata al concordato preventivo? L’azienda è una pmi innovativa che copre con le proprie attività l’intera filiera dal campo allo scaffale, grazie anche al marchio Benvolio 1938. La società era stata costituita a fine 2016 per iniziativa del management team della società di private equity specializzata in ristrutturazioni aziendali Orlando Italy, Enrico Ceccato e Paolo Scarlatti.
A inizio 2017 The Organic Factory aveva firmato un contratto di affitto del ramo d’azienda dello stabilimento di Carapelli Firenze spa a Inveruno per i successivi quattro anni con opzione d’acquisto alla scadenza e aveva rilevato dal concordato preventivo la Molino Oleificio Manzoni srl, azienda leader nel settore della produzione di olio, panello e lecitina biologici (si veda altro articolo di BeBeez). Nel giugno 2018 aveva investito in The Organic Factory Ipo Club, dedicato all’investimento in pre-booking company e direttamente in pmi con obiettivo l’ipo (si veda altro articolo di BeBeez). Ipo Club aveva sottoscritto un prestito obbligazionario convertibile in due tranche da 8 milioni ciascuna, che facilitasse l’accesso al listino, soddisfatte determinate condizioni, a partire dal terzo anno. Contestualmente, il fondo Ipo Club aveva anche investito in azioni speciali emesse dalla società. Lo sbarco in borsa avrebbe dovuto aver luogo una volta consolidato e rafforzato il business e dopo aver realizzato un progetto pionieristico per produrre e commercializzare un ingrediente ad alto contenuto di proteine vegetali biologiche a uso alimentare. L’ultimo bilancio disponibile, chiuso a giugno 2018, rilevava ricavi netti per 21,9 milioni e un ebitda di 2,2 milioni.
Ma le cose non sono andate come si sperava. The Organic Factory è finita a corto di liquidità, gravata da un debito di 35 milioni di euro. La crisi è stata innescata dal progetto Kazakistan, lanciato da The Organic Factory per approvvigionarsi in quel paese di granaglie biologiche a costi competitivi (si veda qui Finanzadietrolequinte). Erano stati stimati investimenti ad hoc per 1,5 milioni ma quando nel maggio 2019 si è insediato il nuovo cda sono emerse criticità visto che il progetto aveva in realtà già assorbito risorse per 20 milioni. A quel punto il board ha revocato le deleghe all’amministratore unico Paolo Frigati. La società a fronte dell’“enorme assorbimento di risorse” del progetto kazako è quindi finita in crisi di liquidità.