La figlia oscura, titolo originario The Lost Daughter nelle sale dal 7 aprile, Independent Spirit Awards Miglior film, miglior regia miglior sceneggiatura, Bim Distribuzione, è tratto dall’omonimo Best Seller di Elena Ferrante del 2006, edito da E/O, è un film di Maggie Gyllenhaal con Olivia Colman, perfetta nel ruolo della protagonista, Dakota Johnson e Jessie Bucley, presentato in concorso alla 78ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Una grande interpretazione ma soprattutto una sceneggiatura originale per il soggetto e soprattutto per il modo con il quale è affrontato, suggerito, portato avanti senza né un finale tragico né un lieto fine. Il titolo potrebbe essere anche “la madre oscura”, affrontando il tema della catena che lega la maternità soprattutto al femminile, in un legame complesso e indissolubile tra madre e figlia dove un “errore” può essere fatal per generazioni, creando una ruota tragica. Un film che merita di essere visto, difficile da raccontare perché sarebbe un peccato svelare alcuni particolari. Basti l’idea che quello che sembra non è, senza creare colpi di scena, ma una sapiente successione di dettagli che mostrano quanto la vita sia articolata non perché fatta di menzogne ma di questioni irrisolte che restano dentro di noi. La responsabilità schiacciante della maternità, responsabilità, gioia e condanna e la voglia di esistere come femminilità e come professionista. Tre ruoli non facili da conciliare, come mostrano i feed back sulla protagonista. Un film che approccia la follia senza piegarsi ad essa, senza delirare, né giudicare. Film con un lato raffinato, letterario che guida nel feed back della protagonista da giovane dove finzione e realtà si intrecciano sui versi della letteratura comparata inglese e italiana.
La protagonista, docente universitaria, mentre le figlie decidono di andare in Canada dove vive il padre, trovandosi sola decide di partire. Durante una vacanza al mare in Grecia, Leda (Olivia Colman) rimane incuriosita e affascinata da una giovane madre (Dakota Johnson) e dalla sua figlioletta mentre le osserva sulla spiaggia. Turbata dall’intensità del loro rapporto e dalla loro chiassosa famiglia allargata – un po’ macchiettistica, forse per certi aspetti stereotipata – Leda viene sopraffatta dai ricordi e dalle sensazioni di paura e confusione provate nelle prime fasi della maternità. Inizia così un viaggio nei meandri della sua mente, in cui è costretta a riflettere sulle scelte compiute quando era una giovane madre e sulle loro conseguenze.
Inglese elegante e in parte curioso essendo il film americano ed essendo tutti americani i personaggi del film.
a cura di Ilaria Guidantoni