Alle Gallerie d’Italia a Torino, il Museo di Intesa Sanpaolo nella centrale piazza San Carlo, inaugurato lo scorso maggio, quarto museo del Gruppo, diecimila metri quadri di percorso espositivo su cinque piani, ospita due mostre fotografiche, una delle cifre di questa nuova istituzione, sede dell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo, insieme alla cultura piemontese, visto che ha al suo interno il ciclo pittorico dell’antico Oratorio della Compagnia di San Paolo. Il complesso unisce idealmente l’Italia attraverso i quattro musei in edifici storici della Banca, rispettivamente a Milano, Napoli, Torino e Vicenza. Palazzo Turinetti, con decorazioni seicentesche al piano nobile dov’è la collezione permanente, specchio della Torino regale, è stato oggetto di un grande intervento di recupero, con la parte interrata dedicata alle mostre fotografiche di grande impatto. Il progetto architettonico di Michele De Lucchi – AMDL Circle ha trasformato gli spazi dello storico palazzo in un luogo unico dove fotografia e video arte documenteranno e conserveranno immagini, avvenimenti,
riflessioni per promuovere i temi legati all’evoluzione della sostenibilità ESG (Environmental, Social, Governance). Oserei definirlo con un ossimoro surreale, un caveau en plein air, per l’ariosità e quell’acciaio specchiante che crea un gioco di riflessi e di luce dinamico. Ben riuscita la scelta del total grigio, che disegna una sorta di cattedrale dell’arte consentendo una fruizione ottimale. Indovinato e originale pur nella sua semplicità l’allestimento della personale di Lisetta Carmi, con delle quinte che creano un ritmo, invitando a una sosta e alla concentrazione sul focus della sezione, senza separazioni, con l’obiettivo di restituire al suo complesso lavoro una prospettiva storica articolata che mostri in un viaggio, aspetti poliedrici di una vita avventurosa, impegnata, dedicata ad incontrare lo sguardo umano prima di tutto. Il fil rouge della sua ricerca non viene interrotto in questo bianco e nero in sfumature di grigio che chiude con il colore: l’immagine di Lisetta sulla porta con la scritta “Suonare forte”. Scomparsa a luglio scorso all’età di 98 anni, originaria di una famiglia ebrea, fu costretta alla fuga, ma non si è mai arresa, con il suo carattere battagliero, conducendo una lotta non
contro ma per qualcosa. Fino al 22 gennaio 2023 con la curatela di Giovanni Battista Martini e un “corto” di Alice Rohrwacher creato per l’occasione, sono visibili i ritratti di Lisetta che inaugurano il primo di una serie di appuntamenti volti a celebrare la grande fotografia italiana del Novecento, il cui catalogo è realizzato da Edizioni Gallerie d’Italia | Skira. Il titolo della mostra dedicata a Lisetta Carmi evoca la sua formazione di pianista ma anche il coraggio di cambiare direzione, di intraprendere percorsi diversi, per seguire la sua ostinata volontà di dare voce agli ultimi. In mostra sono presenti oltre 150 foto scattate tra gli anni Sessanta e Settanta, che fanno parte dei suoi lavori più significativi che prendono avvio con la serie “Donne 1962 – 1977”, un viaggio dove non c’è una denuncia esplicita ma nella loro delicatezza le immagini gridano senza voce, quelle delle donne arabe, berbere, sud americane, chiuse nella loro solitudine. Interessante la sezione dedicata a “Il parto” del 1968 quando il Comune di Genova le commissionò un lavoro sugli ospedali cittadini: immagini senza retorica, senza voyerismo, dirette, eppure non crude né didascaliche nella loro lucidità. “Erotismo e autoritarismo” è un lavoro curioso condotto al cimitero monumentale di Staglieno nel 1966 che mette in luce in un dialogo tra Eros e Thanatos il ritratto della borghesia di fine Ottocento. Intensa quanto spontanea la sequenza dell’incontro con Ezra Pound, durato pochi minuti nel 1966 a Sant’Ambrogio a Zoagli, un lavoro che le valse il prestigioso Premio Nièpce per l’Italia. Sempre in ascolto degli ultimi il tema del “Lavoro” è al centro di una serie di scatti tra il 1972 e il 1976 quando si finge parente di un portuale a Genova per passare inosservata e ritrae così la vita dura dei camalli; ma è anche in Sardegna e a fianco dei lavoratori dove le condizioni sono particolarmente aspre. In questa sezione si può ascoltare la musica di Luigi Nono che accompagnerà il visitatore
alla visione delle fotografie scattate dalla fotografa all’interno dello stabilimento Italsider, lo stesso dove Luigi Nono e Giuliano Scabia registrano i rumori per “La fabbrica illuminata”, dedicata agli operai del complesso siderurgico. Documentazione urbana è il cuore di “Métropolitain 1965”, una sequenza condotta nella metropolitana di Parigi nel 1965 appunto che diventa un affresco urbano e sociale appunto, aggiudicandosi aggiudica il secondo Premio per la cultura nella Fotografia a Fermo. Nello stesso anno comincia il suo reportage forse più noto, “I travestiti”, per i quali ebbe a dire “non esistono gli uomini e le donne, esistono gli esseri umani”. Infine chiude la serie “Quaderno musicale di Annalibera” di Luigi Dallapiccola che si ispira alla musica del maestro fiorentino della quale ha voluto rendere un’immagine, rappresentare le note con 11 frammenti fotografici astratti corrispondenti alle 11 parti della partitura musicale, ottenuti graffiando il negativo nero. Quindi ha stampato i negati componendoli in fascicoli rilegati a mano in versioni tutte diverse per formato e non solo datato “Genova, 20 luglio 1962”, in poche copie; corredati di un testo per raccontare l’incontro a Firenze con il maestro e l’analisi del brano musicale nonché appunto la scelta di rappresentarlo.
a cura di Ilaria Guidantoni