A Canelli, in provincia di Asti, merita un viaggio la visita alle cantine dell’azienda Coppo, una delle più antiche aziende vinicole italiane a conduzione familiare, e tale rimaste in 130 anni di vita, dichiarate patrimonio Unesco nel 2014, conosciute appunto come le “Cattedrali”; a testimonianza della lunga storia enologica e produttiva della zona. L’azienda nel 2012 riceve l’inserimento, da parte di Unioncamere, nel registro nazionale delle imprese storiche con più di un secolo anni di ininterrotta attività. Edificate a partire dal XVIII secolo come piccole cantine di conservazione, rimaneggiate e ingrandite nel corso del 1800 e del 1900 fino alle ristrutturazioni e alle sistemazioni moderne, si sviluppano sotto la collina di Canelli per 5 mila metri quadrati e fino a 40 metri di profondità.
Coppo è impegnato nel conservare e rendere fruibile questo patrimonio dedicato al vino, alla sua storia e al lavoro dell’uomo. Per questo a 125 anni dalla fondazione di Coppo, è nato il Coppo Wine Club, per supportare la conoscenza e l’esperienza di chi condivide la passione, il
rispetto e il piacere unico del vino di eccellenza. All’ingresso delle cantine sono esposti attrezzi agricoli e vitivinicoli storici, mentre le grandi annate sono conservate in piccole nicchie. Ribattezzate come “Cattedrali Sotterranee”, per la loro spettacolare bellezza, la loro unicità e storicità, sono composte da gallerie, cunicoli, lunghi corridoi e ampie volte valorizzate da un sapiente gioco di luci che sottolinea il monumentale lavoro di scavo e mette in risalto, in alcuni punti, il tufo di Canelli che affiora mostrando il cuore della collina.
Dal punto di vista tecnico è importante sapere che l’umidità – quasi una crema idratante per le botti – è costante e anche la temperatura, tra i 10 e i 12 gradi, importante soprattutto per la produzione dei vini rossi, erano originariamente dei magazzini. Qui la storia inizia nel 1892 quando Piero Coppo apre la sua attività, tra i primi importatori di champagne e vini francesi, che utilizzava la struttura per lo stoccaggio delle merci. Non a caso le cantine non si trovano vicino
ai vigneti ma su una strada. Questo ci riporta anche alla storia di Canelli un tempo crocevia commerciale e culturale importante per il settore enologico, tanto che qui con Carlo Gancia – scomparso recentemente – c’è stata la prima sperimentazione del metodo classico di spumantizzazione in Italia. Non solo ma il paese era anche la sede centrale di un’associazione per le macchine di lavorazione. Da importatore il fondatore dell’azienda diventa produttore sposando Clelia Pennone proprietaria di vigneti oggi per un totale di 52 ettari. La realtà di Coppo cresce nel tempo divenendo nel tempo alfiere dell’evoluzione del vino che accompagna il gusto e lo stile della tavola italiana, settore economico di primo piano e in continua ascesa in termini sia quantitativi sia qualitativi. L’azienda si trova in una zona geograficamente con alcune analogie con la Francia segnatamente con la Borgogna, senza cedere però a facili e ammiccanti assimilazioni, nonché storicamente. Così accanto a un’importante produzione spumantistica
metodo classico, degna di nota in particolare per l’eccellenza della riserva del fondatore, da segnalare la creazione di bianchi in stile Borgogna con maturazione su lieviti in barrique realizzati con la tecnica del batonnage che all’inizio comporta un intervento ogni due giorni fino a una due volte alla settimana. All’inizio del XX secolo, la produzione dell’azienda spaziava dagli spumanti ai vini rossi tipici del Piemonte con le esportazioni che raggiungevano terre d’oltreoceano. Nel 1948, una massiccia alluvione devastò le Cantine. In quegli anni, Luigi Coppo subentrò al padre, attuando tecnologie all’avanguardia per quei tempi. Iniziarono le prime sperimentazioni sui vini bianchi, senza dimenticare la vocazione dell’azienda per i vini rossi, in particolare per la Barbera. Vero fiore all’occhiello il Nizza Pomorosso Docg, iconico e in certi momenti quasi più noto dell’azienda, che rappresenta il risultato di aver trasformato la Barbera, vitigno caratterizzato dall’acidità e i sentori fruttati di frutti rossi, molto generoso e per questo ritenuto popolare, giocherollone, un vino elegante. Il 1984 segnò la prima vendemmia di quello che diventerà negli anni il vino simbolo dell’azienda: la Barbera d’Asti Pomorosso, a cui si affiancherà, l’anno successivo, il Camp du Rouss. I fratelli Coppo furono infatti tra i primi nel territorio a dimostrare l’eleganza, il carattere e il potenziale di affinamento dell’uva Barbera, che rimane oggi la loro specialità. Tra le particolarità dell’azienda l’autorizzazione a produrre Barolo pur essendo fuori dalle terre previste dal disciplinare per questo vino. Coppo è un’eccezione iscritta nella Docg con uve conferite, provenienti naturalmente dalle zone previste grazie alla storicità dell’azienda e alla sua qualità certificata. Una produzione di nicchia per 6mila bottiglie su quasi mezzo milione del totale. Altre etichette di rilievo sono il Moncalvina Moscato d’Asti “Canelli”, una nuova sottozona apprezzata per l’eccellente Moscato e il Monteriolo, un grande Chardonnay dall’elegante mineralità e dalle sapide note marine: un vino bianco capace di affinarsi per oltre venti anni. Interessante come la sapidità del mare arrivi fino a queste colline, caratterizzandone i sentori. Negli anni 2000 la quarta generazione fece il proprio ingresso: l’azienda si aprì alla modernità voluta dalla comunicazione digitale. Sotto la direzione di Luigi Coppo si inaugurarono percorsi di visita alle storiche cantine e di degustazione per visitatori di tutto il mondo.
a cura di Mila Fiorentini