Nella Sala XVII della Pinacoteca dei Musei Vaticani a Roma, fino al 18 febbraio 2023, in mostra il Reliquiario di San Galgano restaurato, dopo il ritrovamento, insieme ad un tesoro prezioso al quale manca ancora un calice all’appello.
Un furto clamoroso, nel lontano 1989, dal Museo del Seminario Arcivescovile di Siena e uno straordinario recupero, più di trent’anni dopo, grazie al Comando dei Carabinieri, Tutela Patrimonio Culturale, in particolare grazie al reparto del Tenente colonnello Gianluigi Marmora di Palermo, che ha ritrovato la refurtiva nella casa di un collezionista a Giarre, in provincia di Catania, mentre è ancora in corso un processo per stabilire i danni economici e con l’obiettivo di trovare il pezzo mancante. Ed infine il restauro, eseguito nei Laboratori dei Musei Vaticani, conclusosi il 3 dicembre scorso, anniversario di San Galgano.
Nasce così l’occasione per inaugurare la mostra Dalla Spada alla Croce. Il reliquiario di San Galgano restaurato, prodotta grazie alla collaborazione tra Musei Vaticani, Arcidiocesi di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino e Opera della Metropolitana di Siena, con il contributo di Opera Laboratori, Sillabe e Giovanni Raspini.
Clicca qui sopra per vedere il video con il racconto di Barbara PInto,
del Laboratorio di Restauro Metalli e Ceramiche dei Musei Vaticani
Il titolo si richiama alla storia di San Galgano, cavaliere appartenente alla piccola nobiltà locale, secondo la tradizione nato nel borgo senese di Chiusdino che, dopo una vita sregolata, si converte alla vita ascetica ed eremitica dopo le visioni dell’Arcangelo Michele, come rappresentato nelle sei scene del Reliquiario. Condusse la sua vita monastica nell’Eremo di Montesiepi, da lui edificato su una collina vicina al luogo dove sarebbe sorta l’Abbazia, intitolata successivamente al santo. Morì, secondo le fonti, il 30 novembre 1181. Appena quattro anni dopo fu convocata una commissione di inchiesta, che indusse Papa Lucio III a proclamarlo Santo nel 1185, per la prima volta una canonizzazione dal Papa, come ha raccontato Suor Raffaella Petrini, Segretario generale dal 2021 del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.
La sua storia è avventurosa come quella del suo Reliquiario, capolavoro di arte orafa del Medioevo, che costituisce un valore importante sia in termini artistici sia spirituali, una doppia tutela ai quali sono chiamati i Musei Vaticani.
Anche il Cardinale Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino e Vescovo di Montepulciano-Chiusi-Pienza, ha sottolineato l’importanza di questo santo, cavaliere, al quale è attribuito nella sua rappresentazione iconografica, il celebre segno della spada conficcata nella roccia che diventa una croce davanti alla quale inginocchiarsi e pregare. La sua fama tuttavia si afferma sullo sfondo della diatriba fra Papato e Impero sulle “investiture” e nel contesto dell’espansione dell’Ordine Cistercense grazie all’opera di San Bernardo di Chiaravalle e dette vita ad un ciclo diverso da quello di Re Artù, all’interno di un’area di grande spiritualità, il senese, a partire da Caterina da Siena, che è solo la più nota di una schiera di santi locali.
Importante in questa operazione, come ha ricordato Giovanni Minucci, Rettore Opera della Metropolitana di Siena, la collaborazione tra l’autorità religiosa e laica, grazie alle Fabbriceriae, dal latino letteralmente ‘luoghi di lavoro’, circa 25 sul territorio nazionale delle quali Siena è una delle più importanti, istituzioni nate nell’Alto Medioevo che hanno determinato la possibilità di viaggiare insieme delle due autorità appunto; fondamentale per comprendere la storia italiana e l’impegno importante nella tutela di quei bene che sono ad un tempo di culto, religiosi e artistici.
I Carabinieri hanno giocato nel recupero di questo tesoro un ruolo essenziale avendo, unici tra le forze dell’ordine, un reparto preposto, in particolare con il Tenente Colonnello Gianluigi Marmora, comandante del Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Palermo, grazie ad una banca dati ad hoc. L’importanza di un tale ritrovamento e restauro è legata, come ha sottolineato don Enrico Grassini, Direttore Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici dell’Arcidiocesi di Siena-Colle Val d’Elsa-Montalcino, è che pur essendo oggetti ‘belli’ e preziosi, non nascono come oggetti da museo ma di culto, per essere vissuti e quindi rappresentano un valore del cuore, importante per le comunità.
Rispetto a questo valore acquista ancora più importanza il restauro che è stato molto complesso, in particolare per il Reliquiario, che aveva subito uno strappo e non aveva più equilibrio, trovato molto sporco; ha necessitato ad esempio della sostituzione della croce apicale, opera dello scultore Lucio Minigrilli, che ha sostituito quella precedente, per altro rifacimento ottocentesco, i cui soggetti spaziano dalle piccole sculture per il settore orafo sino ad opere di grandi dimensioni. Sono ‘oggetti parlanti’ quelli esposti nei Musei Vaticani che probabilmente per questa ragione hanno coinvolto emotivamente diversi soggetti quali la professoressa Elisabetta Cioni, esperta di oreficeria e miniatura medioevale nonché Alessio Bagnoli e Paolo Torriti dell’Università di Siena che hanno prestato la loro consulenza gratuitamente, mossi da passione.
Al centro di questa vicenda, una croce astile, due pissidi, cinque calici e soprattutto il capolavoro, citato, della produzione orafa senese del XIV secolo, il Reliquiario di San Galgano, oggetto mirabile e di intensa devozione popolare. Su di esso, decorate finemente in preziosi smalti traslucidi, sono raffigurate le scene della vita del Santo e della sua spada. L’accurato intervento condotto dal Laboratorio di Restauro Metalli e Ceramiche dei Musei Vaticani sulle oreficerie presenti in mostra ha comportato una campagna di indagini scientifiche che hanno supportato le scelte metodologiche dell’intervento. Protagonista del lavoro conservativo il Reliquario di San Galgano, integralmente smontato alla presenza del referente dell’Arcidiocesi di Siena, con la contestuale messa in sicurezza delle settantaquattro reliquie presenti.
Numerosi i danni subiti in seguito al furto. Fra questi i più evidenti erano la frattura del fusto dal piede, le deformazioni delle guglie e la perdita del primo rocchetto esagonale in smalto di giunzione con il piede, ricostruito attraverso una scansione da un’immagine di archivio. Altri piccoli elementi mancanti sono stati realizzati in resina con stampante 3D. Le facce del recto e del verso, decorate con smalti, sono state pulite e consolidate ed infine trattate con il plasma. La croce apicale, anch’essa perduta, è stata riprodotta dal maestro orafo Giovanni Raspini su modello di opere coeve. Importante, come accennato, la croce astile in rame e bronzo dorato del secolo XII della Chiesa parrocchiale di Casciano delle Masse in Siena, il pezzo più antico della refurtiva, importante esempio di romanico che presenta un’iconografia del Christus vivens sulla croce, con i piedi poggiati sulla testa di un serpente in riferimento al brano biblico di Genesi 3, 15. Sul retro sono incisi i simboli dei quattro evangelisti e al centro l’agnello dell’Apocalisse. Importante tra gli altri il calice-pisside, in rame dorato, con splendidi smalti policromi.
L’allestimento, progettato e realizzato da Opera Laboratori e Sillabe, è stato pensato fin da subito anche per l’esposizione di Siena, dove la mostra si trasferirà, nei suggestivi locali della cosiddetta Cripta del Duomo, a partire dal primo marzo fino al 5 novembre 2023, così da restituire alla collettività senese e ai molti visitatori della Cattedrale una significativa testimonianza dell’identità culturale, artistica e spirituale della città. Con l’occasione si può visitare o approfondire la Pinacoteca vaticana con capolavori e in particolare le opere di Raffaello Sanzio.
a cura di Ilaria Guidantoni