Quali sono stati i presupposti culturali, le radici le diverse anime e i temi che hanno contribuito alla nascita, alla configurazione e alla esplosione di questo movimento? Nonostante le molteplici rassegne dedicate al Futurismo o “arte del futuro”, nessuna ha mai indagato a fondo questa realtà artistica come chiave di rottura verso gli schemi del passato.
La mostra di Palazzo Zabarella a Padova, con un percorso di oltre cento opere, ha il valore della eccezione per il filo conduttore e per i contenuti, in quanto indaga in modo inedito ed esaustivo sulle origini e sui cinque anni di genesi dal 1910 al 1915, e cioè prima ancora che sul Futurismo appunta lo sguardo sulla avanguardia e la sua nascita.
Il Futurismo – fondato da Tommaso Marinetti nel 1909 – tra le avanguardie del Novecento, è quella più animata da un sentimento rivoluzionario di rinnovamento e di ribellione verso la tradizione ed ebbe una forza di espansione che influenzò in modo decisivo tutte le contemporanee avanguardie europee.
La prima generazione di futuristi – Boccioni, Balla, Carrà, Severini, Russolo, Sant’Elia – crede fortemente nelle possibilità innovative della scienza e della tecnica portatrici di grandi novità e mutamenti per aiutare a risvegliare l’arte figurativa che esprime temi ormai lontani dalla realtà.
Il Futurismo precorre altre avanguardie ed esperienze del Novecento ed è interprete di una grande rivoluzione artistica che guarda all’opera d’arte “totale” che supera cioè i confini del quadro e della scultura coinvolgendo tutti i sensi. E i suoi tratti fondamentali devono essere il contrasto cromatico, l’effetto dinamico e la compenetrazione che libera l’oggetto dai suoi confini.
I concetti cardine del dinamismo e della simultaneità, lo spiritualismo, le frontiere psichiche della memoria e degli stati d’animo sono protagonisti di una indagine che trasformi l’arte in “arte totale”, non solo in pittura e scultura ma anche nella musica, nel teatro e nel cinema, nella moda e nella vita quotidiana ricercando una sintesi universale della condizione dell’uomo nella città moderna caratterizzata dalla presenza di macchine e industrie.
In un arco cronologico molto ristretto e al contempo densissimo si compie una rivoluzione che prende a spallate il passato accademico e impostato dal gusto classico. “Noi futuristi vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l’universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente con forme che escano dalle tele a tutta velocità, dare ossa e carne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile, all’impercettibile. Troveremo gli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo, poi li combineremo insieme secondo i capricci della nostra ispirazione”
Questi sono alcuni passaggi del Manifesto Ricostruzione futurista dell’universo, pubblicato a Milano nel marzo del 1915, a firma di Giacomo Balla e Fortunato Depero, prima testimonianza della tendenza non figurativa dell’arte in Italia. E’ qui che nasce l’avanguardia che prefigura
un’arte “polimaterica”, un’arte nuova, arte-azione che esprima volontà, ottimismo, aggressione, proiezione in avanti, carica di dinamismo e velocità, abitata da scoperte scientifiche ed energia elettrica.
Il Manifesto segna il punto di arrivo di una stagione artistica, quella del Futurismo, nata nel 1910 con la Fondazione del movimento, che si impone con uno sguardo “altro” sul futuro dell’arte, mentre il mondo vive un periodo di trasformazione alle soglie della Prima Guerra Mondiale.
Ma per ricostruire questa genesi dei futuristi e della loro rivoluzione estetica, bisogna tornare al recente passato artistico al quale gli stessi futuristi si rifanno: Divisionismo e Simbolismo. La mostra stessa parte dal recupero di queste radici di fine Ottocento per comprendere l’esplosiva rivoluzione futurista. Nello stesso Manifesto della Fondazione artistica del Futurismo (1910) vi è una dichiarata ammirazione per i pittori del Divisionismo – Segantini, Previati – che hanno messo a punto una tecnica mutuata dal Post-impressionismo e dal Puntinismo. I futuristi si appropriano di tecniche e pennellate e vanno oltre verso forme più sintetiche e scomposizione dei piani, ma prendono in prestito un po’ dagli uni e dagli altri, inclusi i Nabis, ponendosi come chiave di rottura verso gli schemi del passato.
La pubblicazione del Manifesto Futurista e l’ingresso in guerra dell’Italia traccia un netto spartiacque nelle ricerche artistiche del movimento, tra passato e futuro.
Tra radici simboliste e legami con il Divisionismo, la mostra si apre con un confronto-dialogo tra i lavori di Segantini, Previati, Pellizza da Volpedo e le opere dei fondatori del Movimento da Boccioni e Balla a Severini e Carrà, da Russolo a Sironi, che conferma un comune denominatore
tra tutti nella formazione artistica per animo e tecnica. Il primo approccio dei Futuristi era stato verso il Simbolismo e le sue ideologie, cultura mitteleuropea, estetismo di fine secolo, ma ricercando una propria arte caratterizzata in senso anti-realistico e psicologico, soprattutto per evitare la scontata arte borghese.
Il dialogo tra passato e futuro percorre le sale del museo sviluppando dinamicamente una storia e un percorso attraverso diversi temi. I simbolisti ricercavano una “pittura di idee” per entrare nel mondo della spiritualità come si percepisce nelle prime opere di Russolo cupe e misteriose. Ma è Previati con la sua pennellata evanescente, quasi astratta, che è l’indiscusso precursore della rivoluzione idealista. Dal Simbolismo al Divisionismo, i firmatari del Manifesto tecnico della pittura futurista nel 1910 dichiarano che non esiste pittura senza Divisionismo. E infatti Balla, Boccioni, Carrà e altri ne sperimentarono le tecniche su luce e movimento. Il percorso della mostra ci porta allo Spiritualismo dove, nel 1911, Balla, Russolo e Boccioni indagano gli stati d’animo e le scienze occulte. Il concetto di Dinamismo, quasi una accezione identitaria dei Futuristi, con il suo slancio verso la modernità e verso una nuova visione del mondo, ci porta alle opere di Severini con le sue Ballerine, ai Dinamismi di Boccioni, alla velocità d’automobile di Balla. Quindi Dinamismo e Vita Moderna laddove, tra la fine dell’Ottocento e la Prima Guerra Mondiale, cambia il modo di concepire lo spazio e il tempo nel corso di una rivoluzione scientifica, tecnologica e filosofica. I Futuristi inneggiano alla scienza vittoriosa mentre il loro mondo è abitato da arsenali, cantieri, ponti, piroscafi, locomotive e aeroplani. Il passo verso la
Tridimensionalità e il Polimaterismo è breve e invocato da Boccioni che nel 1913 a Parigi presenta innovative sculture in gesso e nel 1914 con Depero crea i “Complessi Plastici”. Il concetto di Simultaneità conduce i Futuristi a nuove idee di rappresentazione della realtà costruita sulla sintesi di elementi del mondo fisico e stimoli legati all’IO interiore. Oltre che sulle tele l’idea di simultaneità appare anche in una serie di articoli scritti da Boccioni.
Da una parola all’altra, dal verso simbolista si giunge alla sintesi provocatoria dei Manifesti e fino alle parole in libertà, mentre Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del movimento futurista, è artefice di un processo rivoluzionario di rifondazione del linguaggio che prevede l’abolizione della grammatica, della sintassi e della punteggiatura. Le Parole Libere inizialmente dovevano essere solo declamate, poi, nel 1913, diventano linguaggio verbale e visuale quando Marinetti invoca una nuova concezione della pagina “tipograficamente pittorica”.
La scrittura diventa segno e forma per rappresentare suoni e odori di una parola, la simultaneità delle sensazioni visive e sonore, nonché gli stati d’animo. Nella sua evoluzione la parola futurista prende toni dissacranti, giocosi, parodistici fino a trasformarsi in pura espressione fonetica priva di significato.
Il rapporto dei Futuristi con la Prima Guerra Mondiale venne spesso collegato a una fraintesa frase di Marinetti “la guerra sola igiene del mondo”, riportata nel Manifesto della fondazione del Futurismo (1909) che in realtà aveva un valore simbolico e culturale come metafora della creazione artistica: con l’evento bellico si auspicava un radicale rinnovamento, mentre l’interventismo fu una corrente trasversale che coinvolse intellettuali di diversa provenienza politica.
In quell’anno, 1915, Balla realizzò la serie delle Dimostrazioni Patriottiche (o manifestazioni interventiste), Severini dipinse quadri che rappresentavano la mobilitazione bellica, mentre Sironi si esprimeva con una precoce grafica a soggetto militare incentrata sull’arte meccanica.
Gli sviluppi del Futurismo e la genialità dei protagonisti influenzarono le avanguardie europee aprendo il campo a ulteriori sperimentazioni “contaminando” positivamente la creazione artistica anche nella moda, nella grafica, nella editoria, nella progettazione di arredi e oggetti di uso domestico e perfino nella creazione dell’abito maschile ad opera di Balla che lo intendeva come un traslato dell’uomo nuovo futurista.
Con il Manifesto della Ricostruzione futurista dell’Universo (marzo 1915), la rivoluzione estetica operata dai suoi geniali rappresentanti spodestò il dipinto e la scultura dal piedistallo delle uniche espressioni artistiche e regalò al mondo dell’arte nuove esperienze come auspicato da Balla e Depero “Troveremo degli equivalenti astratti di tutte le forme e di tutti gli elementi dell’universo, poi li combineremo insieme secondo i capricci della nostra ispirazione”
Palazzo Zabarella Padova – fino al 26 febbraio 2023
Con la curatela di Fabio Benzi, Francesco Leone, Fernando Mazzocca e l’organizzazione della Fondazione Bano.
Le Opere esposte, provenienti da gallerie, musei e collezioni internazionali – alcune inedite o esposte raramente – formano un corpus unico e di grande valore.
a cura di Daniela di Monaco