Biaxplen LLC, principale produttore russo di film in polipropilene biorientato (BOPP) e parte del gruppo Sibur, ha annunciato l’uscita definitiva dal capitale sociale di Manucor spa, uno dei principali produttori europei di film BOPP per il packaging flessibile per alimenti, nastri ed etichette autoadesive e wrap-around, con sede a Milano e stabilimento di produzione a Sessa Aurunca (Caserta) (si veda qui comunicato stampa). L’operazione arriva a valle di una graduale riduzione della quota avvenuta nel corso del 2022, decisa dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia,
Le quote del socio russo, che in origine deteneva il 50% di Manucor, andranno all’altro socio paritario Loren SPV spa, una società di cartolarizzazione strutturata da Pillarstone, i cui noteholder sono primarie istituzioni bancarie e finanziarie italiane, che così aumenta la propria partecipazione al 95% del capitale sociale, mentre il restante 5% andrà a L&M spa, società appositamente costituita dall’amministratore delegato Luigi Scagliotti e dal presidente Matteo Rossini. L’operazione è stata finanziata da Cherry Bank, la banca nata a ottobre 2021 dalla fusione del servicer Cherry 106 spa con l’istituto padovano Banco delle Tre Venezie e controllata da Giovanni Bossi.
Facendo un passo indietro, l’entrata dei russi in Manucor risale all’ottobre 2019, quando a vendere il 50% del capitale a Biaxplen era stata PS Film, veicolo controllato da Pillarstone Italy (si veda altro articolo di BeBeez), che, a sua volta, aveva acquisito il controllo della società nel maggio 2018 (si veda altro articolo di BeBeez), convertendo in equity i crediti che lo stesso fondo aveva acquistato da Intesa Sanpaolo nel dicembre 2015. I passaggio di mano del debito di Manucor allora era avvenuto nell’ambito di un accordo più ampio che comprendeva l’acquisizione di un portafoglio di crediti da Intesa San Paolo e Unicredit verso cinque società per un valore nominale di circa un miliardo di euro: oltre a Manucor, Burgo, Lediberg, Alfa Park e Cuki (si veda altro articolo di BeBeez).
Nel contesto della transazione, Manucor aveva sottoscritto un accordo in esecuzione del piano attestato di risanamento ai sensi dell’articolo 67 della Legge fallimentare con Intesa Sanpaolo e Loren spv, società di cartolarizzazione che ha appunto sottoscritto il 50% del capitale della società (si veda qui il comunicato stampa di allora dei legali Pavia e Ansaldo). Più nel dettaglio, Loren spv aveva sottoscritto nel 2019 “un atto di scissione parziale e proporzionale con la società Pillarstone Italy SPV srl, con esclusivo riferimento agli elementi patrimoniali, attivi e passivi, afferenti al patrimonio separato denominato Manucor” (si veda qui l’allegato al bilancio 2021 di Loren spv, disponibile agli abbonati di BeBeez News Premium e BeBeez Private Data). E sempre in quell’occasione, Biaxplen e Loren avevano stipulato alla fine del settembre 2019 un contratto che conteneva un’opzione put-call sull’investimento della spv in Manucor, che ha quindi permesso l’uscita di Biaxplen.
Tornando a oggi, il bilancio 2022 di Manucor è stimato chiudersi con 225,7 milioni di euro di ricavi (dai 245,6 milioni del 2021), un ebitda di 13 milioni (da 18,3 milioni) e un utile netto di 5,7 milioni (da 11,6 milioni), a fronte di costi energetici che sono cresciuti del 157% rispetto all’anno prima (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente).
Il coinvolgimento di Intesa nei confronti di Manucor (la ex Manuli film-Manuli packaging) risaliva al 2003, quando la banca aveva finanziato l’acquisizione del 90% della società da parte del fondo Equinox di Salvatore Mancuso, con un prestito-ponte da 150 milioni, poi trasformato a medio-lungo termine e ridotto a 95 milioni. Il 10% del capitale di Manucor allora era rimasto in capo ai fratelli Antonello, Sandro e Mario Manuli. Il peso del debito, però, aveva messo in crisi la società nel 2008 ed era stato necessario procedere a una sua ristrutturazione e a un contestuale aumento di capitale. In quell’occasione era uscito di scena il fondo Equinox, erano stati stralciati 22 milioni di euro nominali di debiti verso Intesa Sanpaolo e la loro trasformazione in 5 milioni nominali di equity di tipo subordinato e senza diritto di voto (50% del capitale). Contemporaneamente si era proceduto a un aumento di capitale sottoscritto da due nuovi investitori per 5 milioni nominali con diritto di voto, pari a 10 milioni di capitali freschi tenendo conto del sovrapprezzo: di questi Reno de’ Medici e Intesa Sanpaolo private equity avevano versato 4,5 milioni a testa, per il 22,75% a testa, mentre 900 mila euro erano stati versati dai Manuli.