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Piazza del Campo, un luogo magico e simbolico di Siena e noto nel mondo intero per il celebre Palio, qui l’affaccio del Palazzo Chigi Zandodari che ha aperto le porte in esclusiva per Bebeez. All’interno la mostra di Paolo William Tamburella – artista che partecipato alla 53° Biennale di Venezia, alla 2° Biennale di Singapore e ha iniziato la sua carriera espositiva a New York con la gallerista Annina Nose; oltre che co-curatore del primo padiglione del Bangladesh alla 54° Biennale di Venezia – con
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un’installazione site specific. L’occasione è preziosa perché è solo di recente che il palazzo nobiliare ha deciso di aprire le porte a piccoli gruppi per delle visite su appuntamenti sviluppando progetti nei quali l’arte contemporanea dialoga con la storia dell’arte, una tendenza che sta prendendo sempre più piede e consente al visitatore di scoprire o riscoprire luoghi storici.
La prima pietra del palazzo fu posta nel 1726, là dove c’era una costruzione pregressa di epoca medioevale riconducibile ad una tipica casa-torre. Il palazzo
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si sviluppa intorno alla corte, cuore
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dell’incipit del lavoro dello scultore romano che nella Capitale ha lo studio di fronte all’ex Pastificio Cerere, da anni luogo di residenze artistiche, esposizioni, studi e attività culturali. L’esposizione Àitason, parola etrusca che indica la vite maritata, tipico allevamento toscano di appoggiare le piante di viti agli alberi da frutto, al centro dell’installazione che introduce al percorso espositivo. I tralci di vite sono stati recuperati da piante morte e quindi nel rispetto ambientale, anzi rigenerati dall’arte. Sono piante provenienti dalla campagna senese e dalla Provenza dov’è nata l’idea del progetto. I tralci secondo un disegno realizzato in loco sono stati fissati con delle viti e dalla corte salgono arrampicandosi ed entrando all’interno del palazzo.
Al piano nobile, con affacci magnifici, si poggiano in un vaso realizzato dalle Fornaci Manetti dell’Impruneta, località vicino a Firenze famosa per il cotto. Il grande orcio dialoga con uno etrusco, che inizialmente avrebbe dovuto
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accogliere l’opera, poi escluso per la fragilità del reperto, della collezione della Famiglia Chigi. Seguendo il cammino dei rami entriamo in quella che un tempo era la sala da ballo dove al centro della stanza un tavolo con viti dorate, grazie ad un’armatura formata da chiudi battuti che l’artista al termine dell’esposizione ha scelto di donare al Museo di Santa Maria della Scala. Aggirandosi per le stanze dove troviamo vasi dell’autore e alcuni piatti realizzati specificatamente per la famiglia, è interessante l’atmosfera che si respira essendo la dimora ancora utilizzata dai Marchesi che vengono di tanto in tanto, tanto che le fotografie dei membri della famiglia in abiti contemporanei si accostano a ritratti d’epoca. Così incontriamo nella Camera Rossa una decorazione con Sibilla Libica, motivo diffuso a Siena, in ottimo stato di conservazione, firmata da Marco Beneficial, pittore romano, e datata 1738.
Nella stanza attigua un orcio in terracotta smaltata di Pietro Ruffo,
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realizzato in occasione della prima mostra al Palazzo, dedicato ai cambiamenti climatici con alcuni simboli delle contrade e al gruppo Friday for future molto presente in città e prima acquisizione della Fondazione Palazzo Chigi Zandodari.
Il percorso continua nella sala della musica vi troviamo una spinetta e l’antesignano del juke box quindi nella sala della Cappella, non rilevante artisticamente alla quale si accede da una piccola porta, con il busto di Alessandro VII Chigi di Gian Lorenzo Bernini, una piccola anticamera e la stanza matrimoniale.
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Tra le opere del Palazzo da segnalare due ritratti attribuiti a Rosalba Carriera, la grande ritrattista del Settecento, più probabilmente della sua scuola.
Le pareti sono rivestite con i caratteristici Corami, pannelli in cuoio lavorati e dipinti in modo vario, alcuni a rilievo. Da notare tra i particolari le maniglie gioiello di Agostino Fantastici, che ha lavorato nel Palazzo, nato a Montalcino nel 1782.
a cura di Ilaria Guidantoni