Parmacotto, la storica azienda parmense produttrice di una linea completa di salumi, cotti, stagionati, avicoli e insaccati, potrebbe sbarcare a Piazza Affari quotando il 45% del capitale. Lo ha scritto MF-Milano Finanza in un articolo pubblicato ieri in cui sono riportate alcune dichiarazioni di Andrea Schivazappa, l’amministratore delegato che ha guidato l’azienda in un momento molto difficile, riuscendo a uscire a fine 2020 dal concordato, con due anni di anticipo rispetto alla tabella di marcia (si veda altro articolo di BeBeez).
La quotazione è ipotizzata per il 2026, per dare il tempo al bilancio di confermare la ripresa dal difficile 2022 e di incamerare i risultati dell’espansione internazionale e l’obiettivo è raccogliere finanza per crescere in mercati in forte espansione, come gli Stati Uniti, aumentando contestualmente il valore del brand.
Non è la prima volta che l’azienda parmense ventila quest’ipotesi, tanto che era stato lo stesso Schivazappa a parlarne, a giugno di quest’anno, nel corso di un’intervista rilasciata ad Affari & Finanza de La Repubblica, in cui diceva, appunto, che “per il futuro non abbiamo piani dettagliati ma l’opzione di quotarci in Borsa è in valutazione ed è la soluzione più probabile”.
Nell’occasione il manager aveva anche fornito una stima relativa ai risultati del gruppo, il cui piano “è di raggiungere i 200 milioni di euro di ricavi entro il 2025”, dopo essere passati “da un fatturato consolidato di 100 milioni nel 2020, a 127 nel 2022, a una previsione di 150 milioni per quest’anno“.
Le cifre sono state confermate anche con le dichiarazioni rilasciate a Mf, con cui il manager ha fatto il punto della situazione anche del mercato in generale, dopo un 2022, definito un anno pesante per l’industria italiana ed europea, a cui non ha fatto eccezione il comparto dei produttori alimentari.
“Solitamente abbiamo una marginalità nell’ordine del 10%, ma nel 2022 e quest’anno ci aggiriamo intorno al 5-6%”, ha spiegato Schivazappa, evidenziando comunque dei risultati in ripresa, con segnali in controtendenza rispetto al mercato: “ll nostro settore ad agosto era in recessione di circa il 4% a livello di volumi, mentre noi cresciamo del 2,5% in Italia e chiuderemo il 2023 con un fatturato consolidato di circa 150 milioni. Per il 2024 la prospettiva è di arrivare ad un ebitda pari al 10% del fatturato, che si dovrebbe attestare sui 175 milioni”.
Nel 2021, anno dell’ultimo bilancio disponibile, la società aveva generato 100 milioni di euro di ricavi, con 7,5 milioni di ebitda e 34,4 milioni di debiti netti, a fronte di patrimonio netto pari a 32,3 milioni (si veda qui il report di Leanus dopo essersi registrati gratuitamente).
Per quanto riguarda la quotazione, l’operazione “potrebbe valere circa 200 milioni di euro, stando ai multipli di mercato, e rappresenterebbe un unicum nel panorama italiano del food, in cui i grandi nomi non si sono mai aperti al mercato dei capitali. Sul mercato potrebbe finire (come già accennato) circa il 45%, in parte in vendita, con il presidente Giovanni Zaccanti disposto ad alienare una piccola quota, e con una parte cospicua in aumento di capitale, che porterà denaro fresco per continuare l’espansione in Usa, dove Parmacotto è da poco sbarcato, con nuovi impianti (greenfield) da costruire”.
Zaccanti, è cofondatore delle società produttrice di macchine e capsule da caffé Saeco e Caffitaly, aveva acquisito la maggioranza di Parmacotto spa a marzo 2018, con la famiglia Vitali che aveva partecipato in quota di minoranza all’operazione (si veda altro articolo di BeBeez).
Oggi il presidente detiene la maggioranza della spa, mediante una catena societaria. Il 100% di Parmacotto spa, infatti, fa capo a Asz srl, il cui capitale fa capo al 98,9% ad A.Zeta srl, le cui quote sono detenute da Elisa e Gioia Zaccanti, ciascuna con il 37,5%, e da Giovanni, col 25%.
La società, che un mese fa ha reso nota l’acquisizione della New England Charcuterie di Boston, un salumificio da 1.300 metri quadrati e dieci milioni di fatturato che produce salumi di alta qualità (si veda Il Sole 24 Ore), punta decisamente verso gli Stati Uniti. “Nel mercato americano cresciamo del 10-15% l’anno”, ha continuato Schivazappa, e “abbiamo l’obiettivo di raggiungere nei prossimi tre anni un fatturato di 50-60 milioni di ricavi su un complessivo di gruppo di 200-220 milioni. Il che per la società sarebbe un gran bel risultato, tenendo conto delle difficoltà che ha incontrato negli ultimi anni, fino a quanto è iniziata la ripresa e ha iniziato a vedere la luce con l’uscita dal concordato.
Ricordiamo che la proprietà di Parmacotto era passata a fine 2016 a un gruppo di fornitori a seguito dell’omologa da parte del Tribunale di Parma di un piano concordatario in base al quale i crediti commerciali erano stati convertiti a capitale contestualmente alla vendita di alcuni asset. La famiglia Rosi era così uscita definitivamente dal capitale, mentre era rimasto azionista il socio pubblico Simest. Nel dettaglio, rispetto a un monte totale di debito di oltre 100 milioni di euro, ai creditori era stato richiesto di rinunciare a 46,2 milioni di euro. Parmacotto aveva proposto di trasformare i crediti dei fornitori strategici in strumenti di partecipazione finanziaria, di pagare per intero i premi dovuti alla grande distribuzione organizzata e di tagliare fra il 75 e l’83% i debiti verso gli altri creditori (si veda altro articolo di BeBeez). Dopodiché, appunto, nel marzo 2018 c’era stato l’ulteriore passaggio di proprietà a Zaccanti e alla famiglia Vitali.