Potrebbe essere il gruppo Rimond affiancato dal Fondo per la Salvaguardia delle Imprese, gestito da Invitalia, il cavaliere bianco di CMC (Cooperativa Muratori e Cementisti) di Ravenna, il gruppo di costruzioni in concordato di continuità aziendale dal 2020, che già dall’estate 2022 è tornato in grave crisi, tanto da non riuscire ad adempiere, alle scadenze programmate, alle obbligazioni previste dal piano concordatario omologato a fine maggio 2020 (si veda qui altro articolo di BeBeez) e si trova quindi nella necessità di ricapitalizzare per garantire sia la continuità dei cantieri sia il rientro del debito. Per questo motivo, quindi, la società è da un anno e mezzo alla ricerca di un investitore. Nella primavera 2022 erano in corso trattative con due diversi soggetti, così come spiegato in una nota diffusa a fine giugno dello scorso anno e dai resoconti delle tre riunioni condotte presso l’allora Ministero dello Sviluppo Economico, ci cui l’ultima a metà settembre 2022 (si veda qui il verbale).
Le indiscrezioni, riportate dal Corriere della Sera e dal Resto del Carlino, parlano dunque di un possibile intervento di Rimond, gruppo internazionale di architettura e ingegneria fondato e guidato da Giuseppe Antonio Chiarandà, con sede a Milano e nove uffici nel mondo e autore di opere come la Al Wasl Plaza, cupola simbolo di Expo Dubai 2020, la cupola più grande al mondo, e 5 padiglioni nazionali. insieme a Cimolai.
L’idea sarebbe quella ci costituire una newco alla quale CMC di Ravenna apporterebbe asset e commesse (tra queste ci sono 130 milioni di lavori per la metrotramvia di Milano), per un valore si dice di 1,015 miliardi di euro, mentre Rimond immetterebbe liquidità per 10-15 milioni e Invitalia altri 30 milioni.
Detto questo, Rimond Engineering, Procurement and Construcgion Management srl, che fa capo per il 60% a Giuseppe Antonio Chiarandà, per il 20% al figlio Fabrizio, per il 15% a Edoardo Berti Riboli e per il 5% a Omer Mert CEK, ha chiuso il bilancio 2022 con poco meno di 3 milioni di euro di ricavi netti, un ebitda di 36 mila euro, liquidità netta per 1,6 milioni e un patrimonio netto di poco più di 8,1 milioni (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). La società controlla al 98% Rimond Innovative Constructions and Developments srl, che a sua volta ha chiuso il 2022 con 3,5 milioni di euro di ricavi netti, un ebitda di 451 mila euro, liquiditò netta per 5,1 milioni e un patrimonio netto di 4,5 milioni (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). E non è chiaro quindi come potrebbe immettere 10-15 milioni di euro di cash nell’operazione.
“Non sono a conoscenza dei dettagli dell’operazione, come territorio abbiamo da sempre chiesto a gran voce un’azione da parte del governo”, ha commentato il sindaco di Ravenna, Michele de Pascale, confermando comunque che un nuovo progetto esiste.
Nel verbale di incontro al MISE del luglio 2022, invece, si faceva il nome di Fincantieri come uno dei due soggetti potenzialmente coinvolti in un’operazione di salvataggio di CMC, mentre nel verbale di agosto 2022 si faceva riferimento a una soluzione alternativa, cioé un “eventuale finanziamento tramite cessione di claims (previa autorizzazione del Tribunale fallimentare, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione della società concordataria)”. In sostanza l’idea sarebbe quella ci cedere contenziosi relativi a riserve di appalto su lavori pubblici (Public Procurement Claims o PPCs). Investire nelle riserve d’appalto di una società di costruzioni significa in sostanza scommettere sulla vincita di una causa legale tra committente e società di costruzioni circa l’aumento del costo di una commessa, dovuto a circostanze non imputabili alla società di costruzioni (per esempio il ritrovamento di reperti archeologici o il ritrovamento di una vecchia bomba inesplosa). In questi casi le cause legali sono spesso lunghe e l’esito è molto incerto e se le cifre di cui si parla sono importanti, allora l’azienda di costruzioni ha tutto l’interesse a cedere quel potenziale credito a sconto e incassare la liquidità. Gli investitori che comprano quei potenziali crediti e seguono le cause, le accompagnano quindi nel loro corso e con il passare del tempo si riduce quindi il livello di incertezza relativo al loro esito finale, il che significa che il valore di quei potenziali crediti aumenta (per un esempio di operazioni di questo tipo, si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo che, come detto, il tribunale di Ravenna aveva omologato il concordato in continuità di CMC a fine maggio 2020 (si veda altro articolo di BeBeez). L’assemblea degli obbligazionisti aveva approvato il piano concordatario nel marzo di quell’anno (si veda altro articolo di BeBeez) e in aprile i creditori di CMC avevano a loro volta dato il via libera alla proposta concordataria presentata dalla cooperativa, con il 78,15% dei voti a favore (si veda altro articolo di BeBeez). CMC aveva presentato a dicembre 2018 la domanda di ammissione al concordato in bianco (si veda altro articolo di BeBeez).
La società era gravata allora da un debito totale di 2 miliardi di euro, di cui 575 milioni di euro legati a due bond quotati alla Borsa del Lussemburgo. Un bond da 325 milioni di euro a scadenza 15 febbraio 2023 e cedola 6%, che era stato emesso nel novembre 2017 per rimborsare in anticipo il bond da 300 milioni a cedola 7,5% in scadenza nel 2021; e del bond da 250 milioni a scadenza 1° agosto 2022 e cedola 6,875%. Le negoziazioni dei due bond erano poi state sospese nel dicembre 2018. I due bond erano stati sottoscritti tra gli altri anche da Credit Agricole, Algebris, Ubs, Mediolanum, Vontobel, Julius Baer e Alliance Bernstein. Vi aveva investito anche Muzinich, che ha poi chiuso la sua posizione nel settembre 2018 e non ha più investito nella società. La restante parte dell’esposizione invece riguardava una revolving credit facility di Unicredit e BNL BNPParibas tra 160 e 165 milioni, che serviva da backup ai due bond e ulteriori 100-150 milioni di euro di crediti verso le banche. Nell’ottobre 2019 si erano diffuse voci circa il fatto che Unicredit stesse cercando di cedere a un altro investitore i suoi 100 milioni di UTP nei confronti di CMC (si veda altro articolo di BeBeez). nell’ambito del concordato, gli obbligazionisti hanno rinunciato all’80% dei loro crediti e hanno convertito il restante 20% in strumenti finanziari partecipativi (si veda qui il comunicato stampa di allora). Gli SFP, emessi per 340 milioni di euro, sono convertibili in nuovi bond a scadenza 2020 (si veda qui il comunicato stampa di allora).
L’azienda aveva depositato al Tribunale di Ravenna l’8 aprile 2019 il piano e la proposta di concordato (si veda altro articolo di BeBeez). Il piano presentato dalla società prevedeva la continuità aziendale della cooperativa e la soddisfazione integrale dei creditori in pre-deduzione, di quelli privilegiati e dei fornitori strategici, ma anche la soddisfazione parziale e non monetaria degli altri creditori chirografari, con l’attribuzione di strumenti finanziati partecipativi. La società era stata ammessa al concordato preventivo nel giugno 2019 (si veda altro articolo di BeBeez).
CMC è stata fondata a Ravenna nel 1901 da 35 muratori che costituirono la “Società anonima cooperativa fra gli operai, muratori e manuali del Comune di Ravenna”. Nel 1909 la società si fuse con quella dei Cementisti: da allora “Muratori” e “Cementisti” contrassegnano il marchio CMC. L’azienda oggi produce all’estero oltre il 60% del suo fatturato, è attiva in 21 Paesi di cinque continenti (Europa, Nord America, Sud America, Africa e Asia) e ha completato progetti in oltre 40 Paesi. In Italia possiede il 13% di Eurolink, il consorzio che dovrebbe progettare e costruire il ponte sullo Stretto di Messina, una quota che vale poco più di 10 milioni. Quanto all’estero, titolare per esempio dei lavori per il tunnel sotterraneo per l’impianto di potabilizzazione di Lomas de Zamora, in Argentina, e del progetto dell’autostrada algerina da Bordji Bou Arreridj alla frontiera con la Tunisia. Il gruppo conta 3.800 dipendenti e 15 mila aziende dell’indotto.