Ha chiuso la settimana di borsa con un ribalzo del 4,5% a 70 corone venerdì 26 gennaio il titolo di Intrum, il colosso svedese specializzato nell’investimento e gestione di crediti deteriorati, quotato a Stoccolma, dopo che una settimana di cali innescati dall’annuncio, lo scorso lunedì 22 gennaio, della vendita a Cerberus Capital Management di un portafoglio di circa 10 mila posizioni NPL, principalmente unsecured, da ben 382 miliardi corone (33 miliardi di euro) per un prezzo di 11,5 miliardi di corone (circa 986 milioni di euro), pari al 98% del valore a bilancio (pari a un miliardo di euro) (si vedano qui il comunicato stampa e qui la presentazione agli analisti). Nel dettaglio, le società che oggi possiedono i crediti oggetto della cessione saranno acquisite da una newco di diritto olandese, di cui Cerberus deterrà una quota del 65% e Intrum del 35%.
La transazione riguarda asset in 13 delle 20 giurisdizioni in cui è operativa Intrum in Europa, ma non è stato comunicato esattamente quali. Non è chiaro, quindi, se nel portafoglio siano inclusi o meno crediti italiani. Ricordiamo che Intrum opera in Italia attraverso Intrum Italy, joint venture al 51% con Intesa Sanpaolo (49%), nata nel 2018 dall’integrazione delle attività di recupero crediti e dei team di asset class specialist di Intesa Sanpaolo, con circa 600 dipendenti della direzione recupero crediti della banca e dei team operativi di leasing & Reoco, che sono confluiti nella joint venture, a valle dell’accordo in base al quale Intesa Sanpaolo ha anche ceduto un portafoglio di NPL da 10,8 miliardi di euro (si veda altro articolo di BeBeez). Nel giugno 2019 Intrum Italy ha anche integrato le attività di CAF, servicer romano che era stato acquisito da Intrum nel 2017 (si veda altro articolo di BeBeez). Intrum a sua volta è nato nel giugno del 2017 dall’unione della norvegese Lindorff (controllata da Nordic Capital) e della svedese Intrum Justitia (si veda altro articolo di BeBeez). A fine giugno 2023 Intrum Italy aveva un portafoglio di asset in gestione di 38,6 miliardi di euro lordi (fonte PwC).
In ogni caso l’operazione annunciata nei giorni scorsi da Intrum riguarda circa il 30% del valore del portafoglio complessivo netto a bilancio di Intrum a fine settembre 2023, che era di 39 miliardi di corone, poi sceso a 37 miliardi a fine dicembre (si vedano qui il comunicato stampa sui risultati di bilancio 2023 e qui la presentazione agli analisti).
Al closing a Intrum arriveranno 8,2 miliardi di corone, al netto del valore della quota di Intrum nella newco, che serviranno per rimborsare il debito in scadenza nel 2024 e 2025 senza doverlo rifinanziare. Detto questo, come si legge nel report di FitchRatings pubblicato mercoledì 24 gennaio, con il quale l’agenzia ha confermato il rating BB- con outlook Stable, la vendita del portafoglio avrà nel breve termine un impatto negativo in termini di leva finanziaria:(debito netto/ebitda), che alla fine del terzo trimestre era di 4,4 volte e che “invece sarebbe stata di 4,6 volte alla stessa data, se la vendita fosse già avvenuta. Ciò deriverà da una riduzione del 20% dell’ebitda di cassa dopo l’operazione e allungherà il tempo per raggiungere l’obiettivo di leva finanziaria netta di Intrum, pari o inferiore a 3,5 volte, da fine 2025 al 2026. La prevista vendita del portafoglio ridurrà anche la stima degli incassi residui di Intrum e quindi la sua capacità di attingere ai finanziamenti bancari di circa il 40%”. Considerazioni, queste, che appunto hanno portato il titolo al ribasso a metà settimana scorsa.
A trainare il ribalzo delle quotazioni di Intrum venerdì 26 gennaio sono poi stati i risultati di bilancio 2023, presentati il giorno prima, che hanno evidenziato una buona resilienza, nonostante le difficoltà che il settore ha dovuto affrontare nel corso dell’anno In particolare, la performance di recupero crediti relativa al portafoglio di investimenti è stata superiore alle aspettative, pari al 103% delle previsioni attive per il trimestre e al 102% delle previsioni attive per l’intero anno. Il ROI rettificato è stato del 14% (15 milioni di corone) per il trimestre e del 14% (14 milioni) per l’anno.
Il presidente e amministratore delegato, Andrés Rubio, ha commentato: “Quando il costo della vita aumenta e la fiducia dei consumatori diminuisce, la capacità di recupero dei nostri portafogli ne risente chiaramente. Ciononostante, abbiamo incassato il 102% (108) delle previsioni attive durante l’anno e il 103% (111) nel trimestre, a riprova della resistenza del nostro portafoglio e delle nostre capacità industriali di incasso”. E ha aggiunto: “Nel corso del 2023 abbiamo raggiunto il massimo storico di nuovi contratti e un valore contrattuale annuale (ACV) di 1.405 milioni di corone svedesi (901 milioni nel 2022, ndr) con margini significativamente più elevati. I ricavi da servicing esterno sono aumentati del 17% nel trimestre e del 10% nell’intero anno, grazie soprattutto alle acquisizioni. Tuttavia, l’impatto dei costi elevati è visibile con margini di profitto in calo di quattro e cinque punti percentuali rispettivamente per il trimestre e l’anno”. Quanto agli Investimenti, ha continuato: “Abbiamo moderato tatticamente il ritmo degli investimenti nel corso del 2023, in linea con la nostra strategia, per estrarre liquidità e trasformarci in un modello di business a basso consumo di capitale. Nel corso dell’anno abbiamo investito 5.508 milioni di corone svedesi (7.538) con un rendimento atteso del 16% (13). Gli investimenti del quarto trimestre sono stati pari a 532 milioni di corone svedesi (1.277) con un rendimento atteso del 19% (16). Per l’intero anno abbiamo ricavato flussi di cassa netti per 5,4 miliardi di corone svedesi, contro una media di 2,7 miliardi di corone svedesi negli ultimi tre anni”. La leva finanziaria è rimasta così a 4,4 volte.