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Allo scorso febbraio la scaleup proptech Casavo aveva incassato sottoscrizioni per un totale 19,5 milioni di euro per gli strumenti partecipativi del capitale convertibili in nuove azioni emessi lo scorso luglio 2023 per un massimo di 30 milioni di euro da offrire in opzione a ciascun socio in proporzione alla rispettiva quota di partecipazione al capitale sociale (si vedano altro articolo di BeBeez e qui il testo della delibera con il regolamento degli SFP, disponibile agli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data). Emerge dal verbale di assemblea straordinaria della società che si è tenuta lo scorso 23 febbraio (si veda qui la tabella Allegato A con tutti i titolari degli SFP, disponibile agli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data).
Casavo aveva chiuso il 2022 con 215 milioni di euro di ricavi netti consolidati, un ebitda negativo di 28,8 milioni e liquidità netta per 55 milioni, a fronte di un patrimonio netto di 65,6 milioni (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi regsitrati gratuitamente).
Ricordiamo che a fronte di quei numeri, nel febbraio 2023 la proptech aveva annunciato che avrebbe ridotto di circa il 30% il team che allora contava in totale circa 500 persone, per ridurre i costi e accelerare il percorso verso il breakeven di bilancio, lo aveva fatto dicendo che in quel modo avrebbe potuto evitare il ricorso a nuovi aumenti di capitale e a nuove cartolarizzazioni (si veda altro articolo di BeBeez).
Soltanto nel luglio 2022 Casavo aveva raccolto un round da 400 milioni di euro(si veda altro articolo di BeBeez), che comprendeva un investimento di 100 milioni di euro di equity, guidato da Exor, già nel capitale di Casavo dal 2021, a cui si erano affiancati nuovi investitori, tra i quali Unicredit (che ha rivelato l’investimento soltanto a dicembre 2022, si veda altro articolo di BeBeez), Neva sgr (Gruppo Intesa Sanpaolo), Endeavor Catalyst, Hambro Perks, Fuse Ventures Partners e vari angel investor come Sébastien de Lafond (fondatore di MeilleursAgents); ma al round avevano partecipato anche i principali investitori già nel capitale della scaleup e cioé Greenoaks, Project A Ventures, 360 Capital, P101 sgr, Picus Capital e Bonsai Partners. Quanto alla quota di venture debt, da 300 milioni di euro, era stata raccolta anche questa volta per la maggior parte attraverso una cartolarizzazione, con Intesa Sanpaolo, Viola Credit e altri importanti istituti di credito che hanno sottoscritto le note asset-backed partly-paid e che si uniscono quindi a Goldman Sachs e a D.E. Shaw & Co, sottoscrittori delle note delle due precedenti cartolarizzazioni.
A sottoscrivere la maggior parte degli strumenti partecipativi emessi sinora è stata Unicredit (5 milioni di euro), seguita da Exor (per 3,9 milioni), Project A Opportunities III (per 2,5 milioni) e poi Neva sgr e RSI SCS Sicav RAIF (con 2 milioni ciascuno).
Gli SFP saranno convertiti automaticamente in azioni nel caso in cui si verifichino un cosiddetto “evento rilevante”, cioé un nuovo round di investimento in equity da parte di nuovi investitori per un importo di almeno 20 milioni di euro al netto dell’apporto degli SFP, o un “evento di liquidità”, cioé quotazione in borsa oppure vendita del gruppo a un investitore oppure ancora vendita di asset. Al momento della conversione ai possessori degli SFP farà capo il 10,9% del capitale.
A oggi il primo azionista di Casavo è Exor con il 19,3% (di cui 12,09% direttamente e 7,21% attraverso Exor Seed), seguono Greenoaks Capital con l’11,78% e poi Picus Capital con il 10,87%, mentre Project A Ventures possiede il 9,29%.
I capitali raccolti saranno destinati ad alimentare il piano di trasformazione e rilancio della scaleup. Ricordiamo che il fondatore e ceo Giorgio Tinacci, in occasione dell’annuncio dei tagli al personale, aveva spiegato che il modello di business va cambiato. Per questo, aveva scritto in una lettera ai dipendenti pubblicata nel suo blog sul sito internet della società, “in primo luogo, ridimensioneremo la nostra attività di iBuying, mantenendola solo come ‘cuneo redditizio’. Rimarrà al centro della nostra offerta di prodotti come proposta differenziante per attirare i venditori, ma data la volatilità del mercato, lo sforzo strategico per espanderla sarà minore. In secondo luogo, concentreremo i nostri sforzi e le nostre risorse sui mercati principali. Sospenderemo la generazione di business in alcuni mercati selezionati che non sono ancora redditizi o su scala ridotta, mentre investiremo maggiormente in quelli con un’elevata notorietà del marchio e un’esperienza di mercato. In terzo luogo, passeremo da una struttura di ‘crescita’ a una struttura di ‘redditività’”.