TIM e il suo amministratore delegato Pietro Labriola non ci stanno e, dopo la lettera di Merlyn Partners di Alessandro Barnaba agli azionisti (si veda qui il testo) e l’intervista a Repubblica di Umberto Paolucci, past corporate vice president di Microsoft Corporation e oggi presidente indicato dal fondo per l’assemblea TIM del prossimo 23 aprile, passano al contrattacco. Secondo TIM sono state infatti date “informazioni fuorvianti o intrinsecamente errate, che possono influenzare il corso azionario” del gruppo di telecomunicazioni, non rettificate come richiesto, e dando pertanto mandato ai propri avvocati (si veda qui il comunicato stampa). A Piazza Affari il titolo ha rimbalzato ieri, guadagnando quasi il 3% a 0,23 euro.
Quattro, in particolare, sono i punti contestati dall’attuale consiglio di amministrazione, che si trova in contrapposizione con la lista TValue per l’imminente rinnovo degli organi collegiali (si vedano qui tutte le liste). Il primo riguarda i valori della transazione prevista nella cessione di NetCo, ovvero della rete fissa scorporata, al fondo statunitense KKR (si veda altro articolo di BeBeez), che secondo TIM “sono corretti, così come confermato da primarie istituzioni bancarie e di consulenza strategica indipendenti”. Il secondo argomento sollevato si riferisce alla sostenibilità finanziaria e industriale della società dopo la vendita di asset della rete fissa, chiaramente espressa dai dati resi noti il 6 marzo scorso (si veda altro articolo di BeBeez) con una leva attesa al 2026 a 1,6-1,7 volte (si veda qui l’addendum al piano industriale), senza considerare i potenziali upside fino a 4 miliardi di euro, derivanti dagli earnout per NetCo e dalla possibile cessione di Sparkle (si veda altro articolo di BeBeez).
Il gruppo ricorda poi che “il contratto sottoscritto con Optics BidCo, società controllata da KKR (si veda altro articolo di BeBeez), è vincolante e non risultano al momento ritardi rispetto alla sua programmata esecuzione entro l’estate”. Infine, TIM ha già posto in essere tutte le iniziative finanziarie, da ultimo con la sottoscrizione di un contratto di finanziamento ponte da 1,5 miliardi di euro con una scadenza fino a 18 mesi annunciato venerdì scorso (si veda qui il comunicato stampa di allora), e di pianificazione per fronteggiare qualunque scenario.
TIM aveva in realtà già scritto domenica scorsa a Merlyn Partners, e per conoscenza alla Consob, chiedendo prima dell’apertura del mercato la rettifica delle informazioni “price sensitive non veritiere o, quantomeno, fuorvianti” arrivate dal fondo attraverso la lettera ai soci e l’intervista a Repubblica. La mancanza di questa rettifica, come riportato da Radiocor, è alla base del comunicato di ieri mattina di TIM, secondo cui tra l’altro “l’affermazione che non sussisterebbe un piano alternativo, di emergenza, rispetto a quello della vendita della rete, come sostenuto da Merlyn, è falsa ed evidentemente priva di alcun conforto e base informativa; essa è contraddetta sia dalle iniziative finanziarie già intraprese da Tim, sia dall’esistenza di documenti e piani non solo pronti, ma anche già discussi in consiglio di amministrazione e, in taluni casi, già comunicati al mercato”. Appare, inoltre, “destituita di fondamento l’affermazione in ordine al ricorso a un aumento di capitale”. Infine, sostiene il gruppo di telecomunicazioni, “sul tema dell’operazione NetCo si fa riferimento a un piano di emergenza nell’ipotesi in cui: il deal non si possa migliorare, così sottintendendo che si intenderebbe non rispettare (o comunque modificare) i contratti sottoscritti da Tim con la controparte alle attuali condizioni; ovvero ci sia un ritardo nell’autorizzazione Antitrust, accostando la questione alla vicenda ITA-Lufthansa, così suggestionando i lettori sull’esistenza di asseriti problemi nell’autorizzazione Antitrust (che nel caso sta procedendo secondo le tempistiche concordate), peraltro riferendosi a un’operazione di concentrazione che ha natura completamente differente rispetto a NetCo, dove non solo non c’è una concentrazione, ma si realizza invece la deverticalizzazione di un incumbent”.
Ricordiamo che Merlyn Partners, società di diritto lussemburghese controllata dal fondo londinese Merlyn Advisors, che possiede lo 0,53% del capitale di TIM, si era opposto lo scorso ottobre allo scorporo della rete di TIM, quando peraltro aveva dichiarato di possedere circa il 3% del capitale (si veda altro articolo di BeBeez), salvo ritrattare parzialmente in occasione della presentazione della lista TValue, considerando la cessione a KKR una “priorità immediata” e caldeggiando l’integrazione con gli asset di Open Fiber, operatore di fibra controllato al 60% da CDP Equity (e, quindi, in ultima istanza dal MEF) e al 40% dal gruppo australiano Macquarie. Merlyn come detto ha presentato la lista TValue con Paolucci alla presidenza e come amministratore delegato Stefano Siragusa, ex manager di TIM che a fine 2021 era stato nominato vice direttore generale quando Labriola aveva preso il timone del gruppo, allora con il ruolo di direttore generale (si veda altro articolo di BeBeez). In precedenza Siragusa era stato Chief Revenue, Information and Media Officer del gruppo, e prima ancora, presidente di Sparkle, di Inwit e di Hitachi Rail STS. Siragusa aveva poi lasciato il gruppo TIM nel dicembre 2022, dopo l’annuncio nell’agosto dello stesso anno (si veda qui il comunicato stampa di allora).
Secondo Merlyn, il piano presentato dal board guidato da Labriola, “non solo non è chiaro e non sostenibile dal punto di vista finanziario, ma presenta anche rischi concreti che potrebbero portare l’azienda in uno stato di forte tensione finanziaria, con la possibilità di dover ricorrere a un aumento di capitale in caso di ritardi prolungati nel finalizzare la vendita della rete. Questa situazione e l’assoluta mancanza di un piano di emergenza non possono più essere ignorate”.
Per il fondo guidato da Barnaba “NetCo rappresenta l’asset più prezioso di TIM. Nel caso in cui la sua vendita dovesse essere l’unica soluzione per il deleveraging dell’azienda, è necessario eseguirla nel modo più appropriato. È fondamentale riconoscere il rischio reale di ritardi temporanei o indefiniti nel processo di vendita, come esemplificato dalla situazione con ITA e Lufthansa o dal fatto che la Commissione Ue prenderà tempo, perché è alla fine del suo mandato visto che ci sono le elezioni europee il prossimo 8 giugno. Non considerare tale rischio, rappresenta una significativa svista strategica da parte dell’attuale consiglio di amministrazione e del management”.
La visione di TValue, hanno spiegato Barnaba e Paolucci, “è quella di trasformare TIM in TechCo, un’azienda tech & infra ad alta crescita dedicata ai clienti delle imprese e della Pubblica amministrazione, che può diventare un leader europeo nell’intelligenza artificiale e nella relativa rivoluzione informatica, nel cloud, nell’ICT, nella cybersecurity e nell’IOT. Questa trasformazione sarà finanziata e accelerata attraverso l’immediata dismissione delle attività non-core come TIM Brasil già nel 2024 e delle attività prive di vantaggi competitivi, come TIM Consumer, entro la metà del 2025. Questo piano risponde alle esigenze strategiche del Paese e allo stesso tempo permette di creare valore per gli azionisti, aumentando la generazione di free cashflow per risolvere il problema del debito di TIM, riducendo la leva finanziaria ed evitando qualsiasi rischio di aumento di capitale, andando così a salvaguardare la forza lavoro”.
Secondo Paolucci, ex presidente EMEA di Microsoft, il gruppo di telecomunicazioni “deve crescere coinvolgendo tutti gli azionisti”, partendo da CDP e dal socio francese di riferimento Vivendi (si veda qui l’azionariato), e “l’ingresso del MEF nella rete è un elemento positivo (si veda altro articolo di BeBeez), ma i numeri presentati al mercato dimostrano che l’operazione deve essere migliorata. Non siamo solo noi ad affermarlo. Il mercato ha respinto il piano del management: il titolo ha perso il 24% nel giorno della presentazione. Un fatto raro nella storia delle società quotate. L’operazione deve essere inclusiva, riaprendo il dialogo con tutti i soci”.